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Cronaca Barona / Via Barona

Case popolari, 5 antagonisti accusati di estorsione e lesioni ma il comitato non ci sta

Ci sarebbe un sistema di case 'assegnate' dietro al pagamento di cifre da 700 a 1.500 euro, secondo l'accusa ma il Comitato Automono Abitanti Barona risponde: "È un attacco politico"

Case popolari 'assegnate' abusivamente dietro al pagamento di cifre che vanno da 700 a 1.500 euro. Un sistema consolidato nell'universo parallelo degli alloggi occupati a Milano. Un sistema che viene a galla ogni volta che c'è un indagine, anche marginale, che riguarda quel mondo. Il dato salta fuori ancora dopo il lavoro degli uomini della Digos che hanno eseguito mercoledì mattina un'ordinanza di applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Milano contro cinque esponenti del Caab, Comitato Autonomo Abitanti Barona.

I cinque antagonisti - gli italiani B. E. di 25 anni, B. G. di 38 anni, G. S. di 21 anni, N.S.C. di 24 anni e il romeno C.D.L. di 36 anni - sono ritenuti colpevoli di estorsione aggravata e lesioni nei confronti di una donna marocchina di 32 anni, che sarebbe stata aggredita mentre era incinta, e un suo connazionale 43enne, anche loro inizialmente appartenenti al Comitato. Non potranno più vivere a Milano. Si tratta di personaggi già noti per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Oltre a loro ci sono anche due indagati per gli stessi reati.

Uomo picchiato con un bastone

Stando a quanto ricostruito dai poliziotti di via Fatebenefratelli dopo la denuncia delle vittime, tra maggio e settembre 2018 i cinque antagonisti avrebbero massacrato con un bastone il 43enne. Il gruppo non aveva gradito la decisione dell'uomo di lasciare il comitato, riprendendosi i soldi versati e quanto gli apparteneva. La 32enne, anche lei membro del Caab, avrebbe cercato di difendere il marocchino ma anche a lei gli antagonisti avrebbero riservato lo stesso trattamento, nonostante fosse in stato di gravidanza. Non solo. Le minacce e le aggressioni contro la donna sarebbero durate diversi mesi fino a quando non è stata costretta a lasciare il comitato e la casa che occupava insieme alla sua famiglia, ottenuta grazie al pagamento di 1.400 euro. 

Il sistema: "Sostegno durante gli sgomberi"

'Il sistema Caab', secondo quanto emerso nelle indagini, sarebbe proprio quello di proporsi pubblicamente come una associazione politica di sostegno nei confronti dei soggetti deboli che hanno bisogno di una casa, per perseguire altri fini: "Offre una sistemazione alloggiativa - secondo quanto ricostruito dalla questura - ma in cambio di un'attività di resistenza agli sgomberi predisposti dalle forze di polizia". Sarebbe dunque questa l'attiva partecipazione politica che il Comitato richiede ai nuovi membri. 

La risposta del Comitato

All'operazione della polizia, il Comitato ha risposto con un comunicato su Facebook nel quale spiega che l'intera operazione sarebbe un "attacco politico".

Non solo. In un video diffuso in rete, uno dei membri del Comitato coinvolto personalmente nella storia racconta la sua versione dei fatti. Stando alla sua testimonianza la verità sarebbe stata totalmente travisata (qui il video intergrale). Sarà sicuramente un giudice a stabilire come siano andate realmente le cose.

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