Dal carcere era uscito poche ore dopo l’arresto. Ma, nonostante la libertà quasi immediata, a Milanello non aveva messo più piede, come impostogli dalla lettera di licenziamento fattagli arrivare dalla società di via Aldo Rossi. La stessa società che ora, suo malgrado, corre il rischio di dovergli chiedere scusa e di dover riaprirgli le porte. 

E’ stato assolto, in primo grado, Mustapha Pedhoun, il cinquantaduenne magazziniere di Milanello arrestato lo scorso dicembre con l’accusa di furto di attrezzatura sportiva. A incastrare l’uomo, almeno così sembrava, erano state le immagini delle telecamere di sorveglianza sistemate nel centro sportivo dalla Digos, il cui intervento era stato chiesto proprio dalla direzione del personale e dal dipartimento di sicurezza del Milan. 

Le immagini, queste le notizie che erano trapelate subito dopo l’arresto, avvenuto in flagranza di reato, sembravano dimostrare appieno la colpevolezza del cinquantaduenne, tra l’altro ex cognato di Adriano Galliani. 

Il giudice, però, ed è una vera rarità, ha deciso di assolvere il magazziniere nonostante le manette scattate in flagranza. 

Lo stesso magazziniere e un suo collega, comunque, rischiano ancora un secondo rinvio a giudizio per gli indumenti - magliette e pantaloncini - e le attrezzature sportive trovate nelle loro case durante la perquisizioni della polizia. 

Ad ora, però, il cinquantaduenne potrebbe chiedere al Milan - una società sempre più in balia degli eventi - il reintegro. Decisiva, almeno così pare, è stata la deposizione dell’ex centrocampista del Milan, Urby Emanuelson, che al processo aveva spiegato di aver regalato “all’amico Mustapha” il paio di scarpe da calcio trovate nell’auto del magazziniere. 

Nessun furto, quindi. Ma solo un regalo. Almeno secondo i giudici e secondo Emanuelson.