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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

L'avvocatessa e gli affari con gli uomini di mafia, 'ndrangheta e sacra corona unita

Indagine della Dda e della polizia su una estorsione a un imprenditore lombardo. Protagonista un'avvocatessa milanese

Per riavere quei soldi che secondo lei le spettavano, aveva riunito il gotha della criminalità organizzata italiana. Lei, un'avvocatessa milanese, si era rivolta a uomini di mafia, 'ndrangheta e sacra corona unita per far sì che le minacce all'imprenditore nel suo mirino fossero credibili. Per far sì che colpissero nel segno. Quello che la legale non poteva sapere, però, è che la direzione distrettuale antimafia, insieme ai carabinieri del Ros e alla squadra mobile della polizia, stava indagando da tempo proprio su un clan calabrese, i Mancuso di Limbadi, sospettato di aver allungato le mani su buona parte della Lombardia. 

L'alleanza tra cosa nostra e 'ndrangheta con Milano nel mirino

Quelle indagini si sono chiuse nelle scorse ore con un avviso arrivato a 27 persone ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacente ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso. "Secondo la prospettazione accusatoria - ha messo nero su bianco in una nota il procuratore capo di Milano, Marcello Viola - è stata documentata l'esistenza, sul territorio di Milano, di un gruppo criminale di matrice 'ndranghetista, caratterizzato dallo stabile collegamento con la famiglia di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi, alla quale alcuni degli indagati sono legati da vincoli di stretta parentela, nonché dalla commissione di un numero indeterminato di reati". 

E tra quei reati ci sarebbe proprio il tentativo di estorsione ordinato dall'avvocatessa ai danni di un piccolo imprenditore. Le indagini, portate a termine dalla Mobile, hanno infatti permesso di accertare come la professionista fosse convinta di vantare un credito di oltre 40mila euro nei confronti della vittima. Così, lei stessa non avrebbe esitato - ricostruisce la procura - a "rivolgersi a tre soggetti, rispettivamente facenti parte e contigui a cosa nostra siciliana, 'ndrangheta calabrese e sacra corona unita, i quali, in più occasioni ed anche congiuntamente, ponevano in essere pesanti minacce, intimidazioni ed appostamenti nei confronti della vittima per obbligarla alla restituzione della somma", a cui avrebbe dovuto aggiungere il "compenso" per il loro intervento.

Il primo contatto dell'avvocatessa sarebbe stato con un uomo vicino alla famiglia Fontana, della mafia siciliana, che a sua volta si sarebbe poi rivolto a uno dei Mancuso - gli stessi al centro dell'indagine della Dda - e a un esponente della sacra corona unità, la malavita pugliese. Lui, nonostante si trovasse in carcere, sottolineano gli inquirenti, "riusciva a trasmettere, tramite uso di telefono cellulare e whatsapp, messaggi fortemente intimidatori", con tanto di fotografie di arma da guerra. I tre e la legale sono tutti finiti in un'ordinanza di custodia cautelare che prevede il carcere per tre di loro e la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per un altro. 
 

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