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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Il baby bullo di WhatsApp che sarà 'obbligato' a 'curarsi'

Cyber bullo ammonito: dovrà seguire un percorso presso il centro italiano per la promozione della mediazione per comprendere il "disvalore sociale e penale delle sue azioni"

Insulti a sfondo sessuale. Sfottò a tema razziale. Messaggi e foto estremamente offensivi. Sempre attraverso WhatsApp e sempre con la stessa firma: quella di un ragazzino 15enne che aveva messo nel mirino una sua amichetta ancora più piccola, di tredici anni. Adesso però dagli schermi dei cellulari quella storia è finita sulle scrivanie degli agenti della divisione Anticrimine della Questura di Milano, che nei giorni scorsi hanno formalmente ammonito il cyber bullo. 

Ad accendere le luci sul caso è stata la mamma della 13enne, che si è presentata in Questura chiedendo aiuto: non voleva denunciare il bullo - per cercare di non rovinargli la vita -, ma voleva che i poliziotti la aiutassero in qualche modo a farlo smettere. Così, gli agenti hanno deciso di ricorrere alla misura dell'ammonimento e di attivare il "protocollo Zeus", con l'ingiunzione trattamentale che spingerà il 15enne a frequentare il centro italiano per la promozione della mediazione, Cipm, dove - con l'aiuto degli esperti - potrà comprendere "il disvalore sociale e penale delle sue azioni".

Azioni che, purtroppo per la vittima, sono andate avanti per oltre un anno. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori dell'Anticrimine, guidati dalla dirigente Alessandra Simone, dallo scorso febbraio infatti il 15enne aveva cominciato a creare gruppi WhatsApp soltanto per tormentare l'amichetta. Nelle chat - aperte anche con l'aiuto di un 13enne, che è stato segnalato alla procura ma non ammonito perché troppo piccolo - la giovane veniva presa di mira con foto a sfondo sessuale, "ma cosa ci fai qui?", "sei tu?", o con inviti a suicidarsi, come "ucciditi sotto la metro rosso". Ma non solo. Perché il 15enne, cittadino italiano ma di origini sudamericane, non risparmiava neanche insulti razziali alla compagna, che ha origini nordafricane ma è anche lei italiana. Un vero e proprio "bombardamento di offese", come l'hanno definito gli stessi investigatori, che non terminava neanche quando la giovane usciva dai gruppi, che venivano puntualmente ricreati da zero. 

Quando, ormai esausta, la vittima ha chiesto aiuto alla mamma, entrambe si sono presentate in Questura e hanno raccontato tutto ai poliziotti dell'ufficio stalking. Da lì è poi scattato il protocollo e l'ammonimento, il secondo dal 2018. 

Il 15enne, raggiunto dagli agenti, inizialmente è apparso superficiale e disinteressato, ma poi - anche grazie all'intervento di sua mamma, visibilmente dispiaciuta - ha accettato di iniziare il percorso al Cipm, una sorta di cura che gli servirà per comprendere gli effetti delle sue azioni. E che, evidentemente, funziona. Perché, come raccontato dagli agenti, il primo cyber bullo ammonito un paio di anni fa dopo gli incontri con gli specialisti ha deciso di diventare formatore per la prevenzione del cyber bullismo, in una sorta di passaggio dall'altro lato della "barricata". 

"È importante giocare sulla prevenzione", ha sottolineato Alessandra Simone, invitando tutte le ragazze e i ragazzi vittime dei bulli a chiedere aiuto perché l'ammonimento può scattare solo in presenza di una "denuncia". “La prevenzione è la via più giusta, non la repressione, perché i minori - ha chiosato - vanno recuperati, non puniti.”
 

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