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Cronaca Città Studi / Via Giuseppe Ponzio

Cadavere mutilato dei testicoli in obitorio, Comune condannato

Il comune di Milano è stato condannato a risarcire 70mila euro alla famiglia di un uomo, il cui cadavere nel 2006 venne mutilato dei testicoli da ignoti all'interno del'obitorio di via Ponzio

Il comune di Milano è stato condannato a risarcire 70mila euro alla famiglia di un uomo, il cui cadavere nel 2006 venne mutilato da ignoti all'interno del'obitorio di via Ponzio.

Un episodio agghiacciante: al cadavere di un uomo, morto per cause naturali, vennero asportati i genitali da una persona che non fu mai individuata. Per quel fatto terribile, a distanza di quasi 7 anni, il giudice della decima sezione civile del capoluogo lombardo, Damiano Spera, ha condannato l'amministrazione comunale milanese, che aveva l'obbligo di custodire la salma con ''diligenza'' nell'obitorio, a risarcire i familiari dell'uomo con 70 mila euro.

Il giudice, infatti, nelle motivazioni della sentenza fa riferimento alla ''particolare intensità della sofferenza psichica subita'' dal padre e dal fratello dell'uomo ''al momento della scoperta'' di quello che era successo, sofferenza che si porteranno con loro ''per tutta la vita''. Il fatto illecito, inoltre, secondo il giudice, ''è stato posto in essere in conseguenza della condotta colposa del Comune'' di Milano, ''da ravvisarsi nella carente sorveglianza dei locali, sia per l'assoluta facilità di ingresso che per il mancato funzionamento degli appositi dispositivi di sorveglianza'' nell'obitorio.

L'uomo, di 47 anni, era stato trovato morto in casa per cause naturali il 30 ottobre 2006 e il corpo era stato poi portato nell'obitorio di via Ponzio, dove era rimasto in una cella frigorifera per un giorno e mezzo. Al momento del trasferimento nell'istituto di medicina legale per l'autopsia, i medici si erano accorti della mutilazione dei genitali avvenuta nell'obitorio.

L'indagine per individuare l'autore di quel gesto non ha avuto esiti ed è stata archiviata. L'amministrazione comunale è stata, quindi, condannata per ''danni non patrimoniali'', perché, secondo il giudice, è stato leso ''l'interesse sotteso alla tutela delle spoglie umane'', individuato nella ''pietà per i defunti''. I familiari, chiarisce in sentenza il magistrato, hanno ''subìto la violazione del proprio diritto inviolabile'' alla ''estrinsecazione del proprio sentimento di rispetto e di pietas verso la salma del congiunto, al di là di ogni professione religiosa e convincimento etico o filosofico''.

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