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Cronaca

Dj Fabo, la sentenza su Cappato: atti inviati alla Corte Costituzionale

La corte d'assise di Milano ha deciso l'invio degli atti alla Consulta. A processo c'era Marco Cappato, accusato di aiuto al suicidio

E' arrivata la sentenza del processo a Marco Cappato sul caso della morte per suicidio assistito del 40enne Fabiano Antoniani, dj Fabo, accompagnato in Svizzera in una clinica e deceduto il 27 febbraio 2017. La corte d'assise di Milano ha deciso di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale affinché valuti la legittimità costituzionale del reato di "aiuto al suicidio".

I pm chiedevano l'assoluzione o, in subordine, proprio il rinvio alla Consulta, così come la difesa di Cappato che aveva preannunciato che questo esito sarebbe stato "un'occasione senza precedenti per superare un reato introdotto nell'epoca fascista e (per le persone capaci di intendere, affette da patologie irreversibili con sofferenze) ottenere legalmente l'assistenza per morire senza soffrire anche in Italia". 

La lettura dell'ordinanza ha impiegato un'ora di tempo. Tra i passaggi significativi quello secondo cui all'individuo va riconosciuta "la libertà di decidere come e quando morire" in forza di principi costituzionali. Cappato non ha, per i giudici, "rafforzato" il proposito di Fabo di togliersi la vita e in questo senso è stato assolto, mentre la norma che punisce l'agevolazione al suicidio pur senza influenzare la volontà va analizzata dalla Corte Costituzionale. 

"Aiutare Fabo a morire - ha affermato Cappato dopo la lettura della sentenza - era un mio dovere, Corte costituzionale stabilirà se questo era anche un suo diritto oltre che un mio diritto". La fidanzata di Fabo si è dichiarata "molto felice". 

Video inedito: le sofferenze di Fabo

Il 13 giugno 2014, a seguito di un incidente stradale, Fabiano Antoniani, in arte dj Fabo, era diventato non vedente e tetraplegico. Dopo avere diffuso diversi appelli per poter scegliere volontariamente di morire in Italia, il 27 febbraio 2017 si è fatto accompagnare dal leader radicale Marco Cappato, dell'Associazione Luca Coscioni, in una clinica della Svizzera, Paese dove ciò che Fabo desiderava si può fare. Al ritorno in Italia, Cappato si è autodenunciato in una caserma dei carabinieri ed è finito sotto processo.

Video: Cappato, "rifarei tutto"

Inizialmente la pm Tiziana Siciliano ha chiesto per lui l'archiviazione, ma il gip ha ordinato il rinvio a giudizio e così è iniziato il processo, durante il quale sono stati sentiti la fidanzata e la madre di Fabo (che hanno confermato la volontà del loro congiunto) la cui sentenza è arrivata il 14 febbraio 2018.

"Marco Cappato ha aiutato un uomo libero a esercitare un suo diritto inalienabile, ossia quello di decidere come vivere la propria vita fino alla fine. Il ricorso alla Corte Costituzionale rappresenta una straordinaria opportunità per superare una legge che impedisce a persone capaci di intendere, affette da patologie irreversibili, di ottenere legalmente l’assistenza per morire senza soffrire". Lo dichiara Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani, commentando la sentenza.

"L’eutanasia legale - prosegue Magi - è un tema che va affrontato senza paura e senza pregiudizi già dalla prossima legislatura. Ancora una volta, davanti a una politica timida sui diritti, sono i tribunali, dovendo affrontare casi reali, a spingere per riformare le leggi. E’ stato così per il biotestamento con il caso Englaro, per la stepchild adoption che ormai viene riconosciuta regolarmente dai tribunali a cui le coppie gay fanno ricorso, la procreazione assistita con sentenze che sono intervenute sulle assurdità della legge 40 e la cannabis, la cui legalizzazione ad uso terapeutico, prima di approdare in parlamento per fermarsi in Senato, ha visto diverse sentenze in tribunali".

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