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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Pgt, sindacati: poca attenzione all'emergenza abitativa

I sindacati chiedono al Comune di ripensare il Pgt, che oggi trascura la domanda di case da parte delle fasce deboli della popolazione. Il piano, inoltre, metterà in sofferenza i trasporti e la rete fognaria e provocherà uno sbilanciamento sull'edilizia residenziale

Cisl e Cgil, insieme alle loro rappresentanze degli inquilini, questa mattina hanno presentato le osservazioni sul Piano di Governo del Territorio depositate mercoledì scorso in Comune. La valutazione che i due principali sindacati fanno del Pgt è negativa. Come spiega Leo Spinelli (Sicet-Cisl): “Siamo partiti dalla realtà oggettiva: la domanda di casa a Milano è molto forte, e proviene sempre più da mononuclei, separati, stranieri alle prese coi ricongiungimenti, e di contro viviamo una emergenza sfratti che ormai è strutturale”.

Si parla infatti di circa 10mila famiglie attualmente sotto sfratto da privati, di cui più dell’80% per morosità. Paradossalmente questo “protegge” gli sfrattati, perché non c’è abbastanza forza pubblica per eseguirli tutti. Continua Spinelli: “32mila famiglie, e ormai 2mila ogni sei mesi, hanno presentato domanda per alloggi popolari. Il Comune procede a 600 assegnazioni all’anno a canone sociale. A fronte di questo, abbiamo stimato in circa 25mila gli alloggi privati vuoti, per i quali evidentemente non c’è un mercato. Con le nostre osservazioni tentiamo di imbrigliare il Comune a percentuali che tengano conto di questo, e diciamo: delle nuove abitazioni, il 30% siano di libero mercato e il 70% popolare o convenzionato”.

Danilo Galvagni, segretario generale Cisl Milano, illustra i tre principi di fondo dell’azione congiunta dei sindacati: “Primo, il Pgt prevede un aumento di circa 500 mila abitanti che metterà in sofferenza i trasporti, la rete fognaria, la rete elettrica e la falda acquifera, già quasi in crisi come vediamo ogni volta che piove. Secondo, c’è un eccessivo sbilanciamento sull’edilizia residenziale, non si parla o quasi del recupero di aree industriali. Terzo, critichiamo il meccanismo di perequazione che permette agli immobiliaristi di rinunciare a costruire in certe aree ottenendo in cambio volumetrie su altre aree”.

Gli fa eco Onorio Rosati, segretario generale Cgil Milano: “le nostre sensibilità sono di due tipi. Innanzitutto occorrono politiche abitative indirizzate alle classi deboli, che oggi non possono permettersi una casa a Milano. La legge imporrebbe a città ad alta tensione abitativa di prevedere, nei propri Pgt, spazi dedicati all’housing popolare, ma questo nel Pgt di Masseroli non c’è. La seconda sensibilità è rivolta alla questione produttiva. E’ già in atto una delocalizzazione delle fabbriche: noi vorremmo che questo processo si fermasse, ci preoccupa lo svuotamento degli insediamenti produttivi”.

Conclude Stefano Chiappelli del Sunia-Cgil: “In città ci sono 40mila studenti fuorisede, 150mila giovani che vivono ancora in famiglia perché non si possono permettere una casa. Il Pgt non dà risposte a queste esigenze ma permetterà di costruire case per i ricchi, tagliando fuori anche coloro che sono troppo ricchi per una casa popolare ma troppo poveri per permettersi abitazioni di lusso. Noi sosteniamo che la città abbia bisogno di case in affitto a prezzi agevolati. Altrimenti il rischio vero è che la città muoia, che le persone comincino ad andare a vivere fuori regione. Abbiamo stimato che Milano avrebbe bisogno, fin da subito, di 100mila alloggi sociali”.

LE OSSERVAZIONI IN DETTAGLIO.
Sono 51 le osservazioni che i sindacati hanno depositato in Comune. Di queste, gran parte (da n. 12 a n. 50) si riferiscono alla salvaguardia dei quartieri storici di edilizia pubblica, alcuni dei quali, stando a Masseroli, potrebbero essere abbattuti e ricostruiti in quanto la manutenzione è spesso troppo onerosa. L’assessore ne aveva parlato soprattutto per Giambellino, Lorenteggio e San Siro. I sindacati chiedono che vengano inseriti nei “Nuclei di antica formazione con valore storico-architettonico” e tolti dagli Ambiti di Rinnovamento Urbano.

Su questo punto, Stefano Chiappelli (Sunia-Cgil) spiega a MilanoToday: “Non vogliamo che la gente viva in situazioni malsane, per questo abbiamo applaudito la legge sui Contratti di Quartiere che, per alcune zone popolari, sta funzionando anche con provvedimenti pesanti che prevedono il momentaneo spostamento di alcuni nuclei familiari. In generale siamo disponibili a qualunque strumento urbanistico purché, come i suddetti Contratti di Quartiere, preveda la partecipazione degli abitanti e degli inquilini nelle decisioni. Siamo contrari all’abbattimento, che non considera il valore sociale e storico di queste aree e soprattutto avrebbe bisogno di molte nuove case in cui alloggiare gli abitanti, case che non esistono e non sono previste”.

Vediamo ora brevemente le altre osservazioni. Innanzitutto si chiede di ridimensionare la previsione di aumento degli abitanti, da 500mila entro il 2030 a 100mila in dieci anni col tetto del 30% di libero mercato. Poi, considerando l’aumento degli stranieri e della povertà e vulnerabilità sociale, si chiede che si definiscano a priori le quote di stranieri in ogni Ambito di Trasformazione Urbana, cioè in ogni quartiere di cui si prevede una trasformazione.

Si ribadisce poi la richiesta che il 30% di nuove case sia di edilizia libera, il 30% di edilizia convenzionata (di cui la metà destinata all’affitto con canone stabilito dal consiglio comunale) e il 40% di edilizia pubblica.
Cisl e Cgil chiedono anche che il Pgt preveda meglio il fabbisogno abitativo delle giovani coppie, degli stranieri, dei single, dei divorziati, degli studenti fuorisede e in generale di tutti coloro che hanno un reddito alto per le case popolari ma basso per accedere ai mutui.
Infine i sindacati chiedono che alcuni edifici già costruiti, destinati al terziario ma non utilizzati o dismessi, siano recuperati per destinarli a edilizia sociale.

COSA DICE LA LEGGE.
La Legge regionale 12/2005, aggiornata con Legge regionale 04/2008, all’art. 9 c.1 statuisce: “L’individuazione delle aree per l’edilizia residenziale pubblica, quale servizio di interesse pubblico o generale, è obbligatoria per i Comuni indicati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione”.

La Legge 167/1962, “Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree per l’edilizia economica e popolare”, all’art. 1 c. 1 statuisce: “I Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti o che siano capoluoghi di Provincia sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare, nonché alle opere e servizi complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico”.

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