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Mercoledì, 17 Aprile 2024
Cronaca Baggio / Via delle Forze Armate

Farmacista avvelenato, Bona: "Era un usuraio e mi minacciò"

L'imputato Gianfranco Bona, durante il processo, ha parlato di "rate mensili di interessi da 14mila euro"

"Mi aveva prestato soldi con tassi usurari, io non riuscivo a restituirli e lui mi ha minacciato dicendomi 'ti veniamo a prendere a casa'". Così Gianfranco Bona, imprenditore accusato di aver ucciso il farmacista Luigi Fontana nell'aprile dello scorso anno avvelenandolo con un crodino al cianuro, ha spiegato perché, a suo dire, avrebbe "perso la testa" e ammazzato l'uomo (video).

L'imputato è stato interrogato nel processo milanese con rito abbreviato che si svolge con udienze pubbliche, come chiesto dallo stesso imputato.
Fontana, 64 anni, sposato con due figlie, titolare di una farmacia in via delle Forze Armate a Milano, era morto il 15 aprile 2012 dopo essere stato ricoverato a causa dell'avvelenamento da parte di Bona - 50 anni, titolare di una piccola azienda di trasporti e suo amico - alcuni giorni prima, il 2 aprile.

Bona, difeso dall'avvocato Andrea Benzi, è a processo davanti al gup di Milano, Luigi Gargiulo, anche con l'accusa di aver tentato di uccidere Francesco Bruno, magazziniere che lavorava per il farmacista. Quest'ultimo si è costituito parte civile nel processo, così come i familiari della vittima, assistiti, tra gli altri, dall'avvocato Nadia Alecci.

Le parti civili contestano 'in toto' la ricostruzione del movente dell'omicidio resa in aula da Bona - che ha voluto il processo 'a porte aperte' - il quale, in sostanza, accusa il farmacista e il suo magazziniere, perché gli avrebbero prestato soldi a usura e l'avrebbero minacciato.

"Quella mattina - ha spiegato l'imprenditore - aveva un appuntamento con Fontana in farmacia perché gli avrei dovuto dare 135 mila euro, mentre 200mila glieli avevo già consegnati nei giorni precedenti". Secondo l'imputato, "Bruno era il finanziatore dei soldi ad usura che mi avevano prestato e Fontana faceva da tramite".

L'imputato ha parlato di "rate mensili di interessi da 14mila euro". L'imprenditore, stando al suo racconto, avrebbe detto al farmacista che "non riuscivo a dargli quei soldi e lui mi rispose 'sono cazzi tuoi, ti devi arrangiare, altrimenti ti veniamo a prendere a casa e vediamo'". Bona ha sostenuto, quindi, di essersi sentito "mincacciato" e ha "proposto di bere un aperitivo", come facevano di solito. E' andato nel bar vicino, ha ordinato un caffé per sé, un caffé per Bruno ("ho insistito, perché lui aveva detto che non voleva nulla") e un crodino con ghiaccio per il farmacista.

Poi "con il vassoio in mano sono andato verso il furgone", dove teneva una boccetta di cianuro ("l'avevo chiesta al dottor Fontana a gennaio e gli avevo detto che mi serviva per uccidere le nutrie, in realtà avevo intenzione di uccidermi per i debiti"). Ha messo il veleno nel caffé e nel crodino e l'ha portati in farmacia: "il Dottore si é sentito subito male, mentre Bruno quando ha assaggiato il caffé ha sentito che c'era qualcosa che non andava". L'imputato ha anche raccontato che il farmacista aveva venduto "farmaci rubati da Bruno, 300mila euro di valore, 70mila euro di farmaci glieli ho venduti io e gli ho poi girato i soldi". Il processo proseguirà il prossimo 27 giugno, quando la parola passerà al pm Carlo Nocerino per la requisitoria.

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