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Cronaca

Brusche frenate in metrò, le soluzioni di Atm: migliorie ai Leonardo e via le boe di segnalamento su M2

L'audizione in Comune per spiegare i provvedimenti che l'azienda ha preso e prenderà per ovviare al problema delle frenate brusche

Se il 2019 potrà essere ricordato come l'anno delle brusche frenate in metropolitana, il 2020 probabilmente sarà l'anno della soluzione (quasi) definitiva di questo problema. Almeno a sentire Arrigo Giana, direttore generale di Atm, mercoledì a Palazzo Marino per partecipare a una seduta della commissione trasporti interamente dedicata ad un argomento che ha rischiato di incrinare la generale fiducia dei milanesi verso l'azienda del trasporto pubblico.

Mentre i passeggeri del metrò, da martedì, ascoltano ripetuti messaggi agli altoparlanti in cui s'invita a tenersi bene aggrappati durante la marcia, e la procura di Milano ha aperto una inchiesta in seguito ad una delle ultime improvvise frenate (quella del 6 dicembre a San Babila, con otto feriti a bordo e treno sequestrato), in questi mesi Atm ha lavorato per capire l'origine del problema. Che, come già spiegato più volte, è dato dall'eccesso di "falsi positivi" del sistema che segnala possibili rischi per la circolazione.

Più in soldoni: tutta la rete del metrò è costellata di "sentinelle" automatiche che inviano messaggi ai treni in circolazione quando individuano un possibile rischio. Di conseguenza il treno effettua una frenata automatica, indipendente dall'azione del macchinista. Ecco, queste segnalazioni sono troppe rispetto ai rischi reali. 

Nel mese di marzo del 2019, lo stesso Giana (convocando i giornalisti una domenica mattina nella sede Atm di viale Monte Rosa), in seguito ad un altro episodio piuttosto rilevante (un treno della M1 che aveva frenato bruscamente a Cadorna mandando al pronto soccorso nove passeggeri), spiegava che Atm era pronta a investire 100 milioni di euro per i sistemi di segnalamento della M2 e che in generale erano i treni più nuovi, caratterizzati da un più prestante sistema frenante, a fare verificare maggiormente le brusche frenate.

Sotto accusa i Leonardo

E sono proprio i nuovi Leonardo ad essere maggiormente sotto accusa, anche dopo qualche mese. Questi treni, oltre ai normali sistemi di frenatura a disco (attivata da un impianto pneumatico) e di freno motore (elettrodinamico), hanno anche dodici "pattini elettromagnetici", elementi in acciaio che all'occorrenza fanno attrito sulla rotaia. Per rendere più dolce la frenata in caso di segnalazione automatica di un possibile pericolo (quindi con "margini" elevati, anche di 500 metri), si utilizzeranno solo quattro dei dodici pattini. Questo riguarda, ovviamente, solo le frenate con ampio margine, non quelle azionate direttamente dal macchinista in caso di pericolo visibile e imminente (ad esempio una persona sui binari).

Per rendere operativo questo cambiamento occorreva però attendere il nulla osta del Ministero dei Trasporti, arrivato martedì 17 dicembre: così, da mercoledì mattina, il primo Leonardo "modificato" è in funzione sulla M1 e, entro il 31 gennaio 2020, saranno modificati tutti i 26 Leonardo sulla "rossa". Poi toccherà ai "gemelli" impiegati sulla "verde".

Rilevatori che "dialogano male" coi treni

Atm ha deciso di incominciare le modifiche dei Leonardo da quelli sulla M1 perché, sulla linea M2, ritiene di avere già risolto gran parte del problema delle brusche frenate. Come? Semplicemente eliminando le "boe" collocate in prossimità dei "deviatoi", cioè dei punti nei quali un treno può passare da un binario all'opposto. Queste "boe" non comunicavano correttamente con i rilevatori a bordo treno. Chiudendo i "deviatoi" non necessari ed eliminando le rispettive "boe", un terzo del totale, Atm pensa di avere drasticamente diminuito la probabilità che si verifichino segnalazioni di pericoli non reali e conseguenti frenate tanto brusche quanto inutili. In parallelo sono già stati sostituiti, a bordo dei treni di M2, circa 100 componenti che dialogavano "male" con i sistemi di segnalamento dei pericoli.

Un altro intervento effettuato, questa volta, su M1 è stato l'abbandono della sperimentazione delle porte di banchina, collocate a Sesto 1 Maggio in vista dell'implementazione su tutto il resto della linea. Si è verificato che queste porte di banchina, per motivi tecnici, interferivano proprio con il sistema di segnalamento dei possibili pericoli generando "falsi positivi". Infine, sono triplicate rispetto al 2017 (ora sono 5 mila all'anno) le ore dedicate alla formazione e all'aggiornamento del personale, tra macchinisti e centrale operativa.

Tutti gli interventi sono concordati e programmati con Hitachi e Alstom, fornitori dei treni e, per alcuni di essi, anche della manuntenzione. «Atm sta facendo un lavoro con le società per risolvere il problema, insieme agli accorgimenti che sono stati descritti. Per noi è un segno di grande attenzione alla sicurezza dei cittadini che deve continuare tutti i giorni», ha commentato l'assessore alla mobilità Marco Granelli al termine della commissione.

I consiglieri di centrodestra intervenuti (Fabrizio De Pasquale e Alessandro De Chirico di Forza Italia, Laura Molteni della Lega) hanno sottolineato che il problema delle brusche frenate si è più volte verificato anche sulla M3 e M5 ma, nella relazione di Atm, di questo non si è fatto cenno, hanno prospettato una eventuale "rotazione interna" del management e si sono chiesti le implicazioni contrattuali con Hitachi e Alstom, fornitori dei treni. Su questo punto, Giana ha specificato che si tratta di un aspetto su cui la magistratura sta indagando, pertanto non è possibile al momento parlarne per il segreto istruttorio. E sempre i tre consiglieri di centrodestra (ma anche il presidente della commissione, il dem Carlo Monguzzi) hanno rimarcato che, forse, al momento dell'acquisto dei treni Leonardo non si era prestata abbastanza attenzione a come si sarebbero "comportati" una volta inseriti nella rete metropolitana milanese.

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