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Cronaca Trezzano sul Naviglio

Rubavano carburante direttamente dagli oleodotti, gli ultimi arresti

Una delle "basi" in una villa di Trezzano sul Naviglio

Rubavano carburante scavando nel terreno e perforando gli oleodotti per poi "collegarli", con apposite tubature lunghe anche svariati chilometri, con capannoni o altri immobili industriali da loro stessi affittati in precedenza, in modo da avere pronti i siti di stoccaggio. Verso la fine di maggio del 2017 i carabinieri di Pavia hanno sgominato la banda, attraverso l'operazione "Enigma", con l'arresto di cinque criminali, tra cui i due capi: un italiano e un lettone, quest'ultimo vera "mente" del gruppo.

Ora, il 4 settembre, gli ultimi due arresti per completare il cerchio: in manette sono finiti due cittadini lettoni, il 37enne V.D. (fermato presso il posto di frontiera di Imatra, tra la Finlandia e la Russia) e il 55enne I.G., localizzato e catturato nel suo Paese, a Terehova.

E' solo l'ultima fase di un'operazione che aveva già portato a svariati arresti nei mesi precedenti, tra cui - a fine maggio, come detto - i due capi dell'organizzazione. Le "basi" della banda erano situate in tre ville a Trezzano sul Naviglio (Milano), Fortunago (Pavia) e Casalpusterlengo (Lodi), protette da sistemi di sorveglianza. Gli idrocarburi rubati sono stati "prelevati" da oleodotti distribuiti nelle province di Pavia, Piacenza, Milano; Lodi, Novara e Alessandria mentre i siti di stoccaggio sono stati scoperti nelle province di Pavia, Piacenza e Alessandria.

Tra i membri della banda anche ex militari del Patto di Varsavia, ex dipendenti di società petrolifere dell'Est Europa e italiani addetti principalmente alla "logistica" affittando (con falsi nomi) i siti industriali da utilizzare come punto di stoccaggio dei carburanti. Le aziende colpite dai furti sono la Eni, la Sarpom e la Sigemi.

Le indagini sono state complesse: coordinate dal procuratore capo di Pavia Giorgio Reposo e dirette dai pm Mario Venditti e Andrea Zanoncelli, hanno visto l'utilizzo anche di droni con sistemi sonar per rilevare, dall'interno degli oleodotti, eventuali manomissioni. La banda utilizzava strumenti costosi e sofisticati per perforare le condutture, poi applicava valvole (progettate e realizzate "per l'occasione") e posava tubature per rubare il carburante e condurlo presso i siti di stoccaggio. 

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