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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La finestra sul cortile

I criminali che spiano le telecamere delle case e degli spogliatoi delle palestre

La polizia di Stato ha disarticolato due gruppi specializzati in questo tipo di reati

Polizia postale e procura di Milano, che hanno portato a termine l'operazione, l'hanno chiamata "Rear Window",  titolo originale del famoso film di Alfred Hitchcock "La finestra sul cortile". Come "Jeff" Jeffries, il protagonista del film, anche le due organizzazioni disarticolate dalle indagini spiavano le persone, ma in modo più sofisticato. Per farlo si inserivano nei sistemi informatici che governano le telecamere di videosorveglianza private. Abitazioni, uffici, spogliatoi di palestre, piscine, alberghi: in nessun luogo la privacy degli ignari cittadini è mai stata al sicuro. L'obiettivo finale era infatti quello di carpire immagini che ritraessero le ignare vittime durante la consumazione di rapporti sessuali o atti di autoerotismo. Non mancano, però, immagini pedopornografiche, anche se si tratta di un reato non ancora contestato agli indagati.

Le indagini sono iniziate nel 2019 e hanno interessato diverse città italiane. Undici le persone finite sotto la lente d'ingrandimento della polizia postale, dieci le perquisizioni effettuate negli ultimi giorni ai danni di altrettanti italiani. Uno di questi è 'uccel di bosco', probabilmente in Svizzera, mentre l'undicesima persona è un ucraino attualmente irreperibile. Le vittime sono qualche migliaio. La procura di Milano, impegnata con ben cinque magistrati, contesta al momento l'accesso abusivo a sistemi informatici (in alcuni casi con associazione a delinquere), ma rimane al lavoro per capire se vi possono essere altri reati (primo tra tutti, il possesso di materiale pedopornografico).

Come sono iniziate le indagini

L'avvio delle indagini, per quanto riguarda una 'tranche', è dovuto alla segnalazione della polizia postale neozelandese su un soggetto italiano che si presumeva scambiasse immagini pedopornografiche. Dall'analisi del suo telefono, gli investigatori hanno capito che esisteva un 'giro' di foto e filmati carpiti dalle telecamere private. L'altra 'tranche' si avvia invece dalla segnalazione di una persona, che aveva capito che i filmati della telecamere di una piscina da lui frequentata erano finiti da qualche parte sul web. Le perquisizioni hanno portato a sequestrare qualcosa come 50 terabyte di materiale.

Gli indagati avevano ruoli e compiti ben definiti. I più esperti in materia informatica scandagliavano la rete alla ricerca di impianti di videosorveglianza connessi ad internet e, una volta individuati, li 'attaccavano' per scoprire le password dei videoregistratori digitali e accedere ai relativi impianti. Raccolte le credenziali di accesso, era compito di altri appartenenti ai gruppi criminali verificare la tipologia degli impianti, gli ambienti inquadrati e la qualità delle riprese, allo scopo di individuare telecamere che riprendessero luoghi particolarmente 'intimi', come bagni e camere da letto.

I canali Telegram

Lo scopo finale delle due organizzazioni era quello di vendere online il materiale, oppure addirittura le credenziali d'accesso in modo che gli utenti facessero 'tutto da soli'. Per farlo, inizialmente hanno usato il social network VKontakte (soprannominato 'Facebook russo'), poi sono passati a Telegram. Avevano un canale da oltre 10 mila utenti per pubblicizzare i loro servizi fornendo piccoli 'assaggi' del materiale. Pagando 20 euro si accedeva ad un altro canale, nel quale venivano messi a disposizione filmati integrali: in questo caso gli utenti erano circa duemila. Con ulteriori 20 euro, qualche centinaio di persone aveva ottenuto le credenziali per entrare in autonomia nei sistemi di videosorveglianza violati.

Una delle due organizzazioni, quella a cui è stata contestata l'associazione per delinquere, reinvestiva i proventi acquistando strumentazioni tecnologiche sempre più sofisticate, mentre l'altra, in circa sei mesi di attività, aveva acquistato criptovalute per circa 50 mila euro. Per il momento non sono state riscontrate connessioni tra i due gruppi: gli investigatori continuano il lavoro su questo.

I consigli

Secondo il racconto dei magistrati che hanno lavorato sul caso, si tratta quasi sicuramente della punta di un iceberg: per due organizzazioni scoperte e sgominate, chissà quante lavorano sottotraccia, sfruttando la vulnerabilità dei sistemi di sorveglianza e la morbosità di troppe persone alla ricerca di immagini 'osé', anche pedopornografiche. Non si ripetono mai troppe volte i 'soliti' consigli, snocciolati anche dai magistrati dell'inchiesta ai giornalisti in sala stampa: cambiare immediatamente la password di default fornita con l'apparecchio, sceglierne una 'robusta' (con maiuscole, minuscole, caratteri speciali e cifre), ed evitare di usare le normali telecamere economiche come sistemi di 'baby monitoring' per i propri figli. Ma anche evitare che la telecamera inquadri luoghi sensibili di una casa, come il letto o la stanza da bagno.

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