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La cannabis / Trezzano sul Naviglio

Producevano illegalmente cannabis light (e non) nel capannone incendiato

Le indagini partite dall'incendio a Trezzano sul Naviglio, causato dalla propagazione di gas utilizzati per produrre illegalmente cannabis light

L'esplosione e l'incendio erano stati piuttosto devastanti, il 20 settembre del 2019, in un capannone di Trezzano sul Naviglio utilizzato ufficialmente dalla ditta Tree of Light per raccogliere e successivamente commercializzare cannabis light. Le tre persone all'interno avevano avuto gravissime ustioni a causa della deflagrazione. I carabinieri di Corsico, nell'immediato sopralluogo, avevano riscontrato la presenza di migliaia di bombolette di gas butano. L'esplosione arrivava proprio da quelle bombolette. Attraverso indagini e intercettazioni telefoniche, gli investigatori hanno ricostruito la funzione del butano: abbassare artificialmente il contenuto di Thc nella cannabis. 

Succede infatti che, dagli agricoltori, arrivi cannabis con quantità superiori del principio attivo psicoattivo rispetto a quelle consentite dalla legge italiana, del 2016, e più ancora da quella svizzera, più restrittiva. Ma questa lavorazione della cannabis con il gas butano risulta illecita in ogni caso: non è consentita dalla legge nemmeno con speciali autorizzazioni.

Il risultato delle indagini, condotte insieme alla guardia di finanza, è di 36 indagati e 5 persone con obbligo di firma alla polizia giudiziaria. Per due di loro c'è anche l'obbligo di dimora, perché si tratta di pregiudicati. I due con la misura più grave sono il titolare della ditta (un trezzanese di 29 anni) e un suo stretto collaboratore, un milanese di 37 anni. Gli altri tre sono il fratello del primo, residente anche lui a Trezzano, di 23 anni, un residente nella provincia di Lecco, di 44 anni, e un bolognese di 43 anni.

L'attività proseguiva

Il giro d'affari complessivo della ditta era di svariati milioni di euro, mentre la quantità sequestrata durante le attività di indagine (950 chili) vale circa un milione. L'attività della ditta è ripresa dopo l'esplosione. Gli indagati hanno infatti ricominciato in un altro capannone, sempre a Trezzano, sequestrato in questi giorni con un macchinario che, probabilmente, serviva ancora a 'lavare' con il butano la cannabis. Nel periodo in cui non disponevano di una sede fisica, gli indagati facevano abbassare artificialmente la quantità di Thc in Svizzera. In due occasioni ci sono stati sequestri di merce che, dal Canton Ticino, rientrava in Italia: in un caso 10 chili di hashish light, nell'altro 150 chili di canapa light.

Anche spaccio al dettaglio

Le contestazioni sono state mosse su tre piani diversi. Il primo riguarda la lavorazione illecita per mezzo del gas butano. Il secondo piano concerne la commercializzazione della sostanza con un limite superiore di Thc rispetto a quello consentito. L'ultimo piano riguarda la cessione a soggetti che non ne facevano un uso previsto dalla legge, ma, per esempio, la cedevano a loro volta a soggetti che poi la spacciavano al dettaglio, a volte come se fosse marijuana 'normale'.

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