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Incidenti stradali

Li, Cristina, Veronica, Silvia e la strage dei ciclisti: tutti uccisi allo stesso modo

In quattro mesi sei ciclisti morti a Milano. Le associazioni chiedono un intervento urgente alla giunta

Li Tianjiao l'8 maggio. Cristina Scozia il 20 aprile. Veronica Francesca D'Inca il 1 febbraio. Silvia Salvarani il 2 novembre dell'anno prima. Sono i nomi della strage silenziosa che sta andando in scena a Milano: quella dei ciclisti. Quattro morti in sei mesi. Quattro vite spezzate in poco più di 180 giorni: una vittima quasi ogni quaranta giorni. Una mattanza. 

L'ultimo atto ieri, lunedì. A pagare con la vita il 55enne cinese Li Tianjiao, investito e trascinato da un camion in via Comasina. "Ero al semaforo con la freccia, sono ripartito e non mi sono accorto di averlo di fianco - ha spiegato sotto shock il camionista -. Non l'ho visto e non me ne sono accorto. Mi sono fermato dopo perché pensavo di avere la gomma bucata. Non sto bene. Questo non doveva succedere". L'uomo, 55 anni, coetaneo della vittima, è risultato negativo all'alcoltest. Li, invece, è morto in ospedale. Un'altra vittima dell'angolo cieco. 

Incidente via Comasina (foto LaPresse)

Perché il copione è praticamente identico, sempre tragicamente uguale a se stesso. Così il 20enne aprile era morta Cristina Scozia, mamma di una bimba di sei anni. Era in bici, all'incrocio tra via Sforza e corso di Porta Vittoria, anche lei centrata in pieno da una betoniera che stava girando a destra mentre lei cercava di proseguire dritto. Prima di lei, il 1 febbraio, era toccato alla 38enne Veronica Francesca D'Incà, investita da un camion all'angolo tra Loreto e viale Brianza. Copione identico, destino identico. Come quello dell'insegnante di yoga Silvia Salvarani, trascinata da una betoniera - di nuovo - sui Bastioni di Porta Nuova. Anche lei era in bici. Anche lei era morta. 

Travolta e uccisa da una betoniera (foto LaPresse)

Nei giorni scorsi il comune di Milano ha approvato un Odg che punta a vietare l'ingresso ai camion di giorno in città se non sono dotati del sensore anti angolo cieco, ma per ora non è cambiato nulla nella pratica. "È successo un’altra volta: un ciclista morto mentre pedala a Milano. L’ennesima vita spezzata sulla strada a Milano. Ogni mese una persona muore uccisa da un camion. Basta. Quando un camion travolge un ciclista non possiamo più parlare di 'incidente'. La dinamica ormai si ripete continuamente: l’angolo cieco dei mezzi pesanti impedisce agli autisti di vedere cosa succede intorno a loro. Per risolvere questo grosso problema esiste da tempo una soluzione: da più di tre anni a Londra i sensori sono obbligatori su ogni mezzo articolato che gira in città. Questo ha ridotto drasticamente il numero dei ciclisti vittime di tragedie come quella avvenuta in Comasina, ieri in corso di porta Vittoria, l’altro ieri in piazzale Loreto", hanno attaccato in una nota le associazioni della rete civica Sai Che Puoi. "Tristezza e rabbia, sono i nostri sentimenti oggi perché la Giunta Sala non si muove con l’urgenza necessaria per impedire che ci siano nuove vittime e per costruire una vera 'città delle persone', prima che dei mezzi e delle merci", hanno proseguito.

Incidente in viale Brianza (foto S. Mesa Paniagua/MilanoToday)

"L’ordine del giorno per limitare la circolazione dei camion, approvato dal consiglio comunale di Milano settimana scorsa, va nella giusta direzione per proteggere pedoni e ciclisti, ma senza l’approvazione di una delibera di Giunta e una determina rimane solo una presa di posizione del tutto priva di efficacia, come quello su Città 30, approvato lo scorso gennaio, a cui per ora non è seguito alcun atto formale da parte della Giunta", hanno affermato ancora le associazioni. Che poi hanno sottolineato: "Da un anno, come cittadine e cittadini, associazioni e organizzazioni, chiediamo al sindaco Giuseppe Sala più sicurezza per le strade. L’ultima manifestazione è stata in piazza Scala, davanti a Palazzo Marino, la casa dei milanesi, il 17 aprile. Il sindaco e gli assessori sentono questa emergenza? I consiglieri comunali hanno mostrato di sentirla e l’hanno fatta loro approvando l’ordine del giorno all’unanimità, maggioranza e opposizione. Adesso tocca al sindaco e alla giunta dare seguito a questa importante presa di posizione del consiglio comunale attraverso l’adozione urgente di una delibera formale che contenga provvedimenti immediatamente efficaci". 

"Vogliamo credere e sperare che ora, dopo l’ennesima morte di una persona, qualcosa cambierà davvero - hanno concluso -. La Giunta deve predisporre e approvare urgentemente un piano d’emergenza per rendere tutte le strade di Milano più sicure entro il 1 luglio 2023 e affrontare in maniera globale e più incisiva il tema della nuova mobilità urbana in tutti in tutti i suoi aspetti, dal potenziamento della rete ciclabile, all’accessibilità dei mezzi pubblici, alle strade scolastiche senza auto". 

Sulla stessa lunghezza d'onda Legambiente: "Gli angoli ciechi ci vedono benissimo. È il quarto incidente mortale in meno di sei mesi a Milano, città cantierizzata ad elevata circolazione di mezzi pesanti, ma senza alcuna prescrizione di sicurezza, quando si considera la condivisione dello spazio pubblico con tutte le categorie di utenti. Ciclisti, pedoni, motociclisti: come si può pensare che siano al sicuro quando i conducenti dei veicoli pesanti non hanno ricevuto un’adeguata formazione e gli stessi veicoli non sono messi in sicurezza?", ha chiesto Federico Del Prete, responsabile mobilità e spazio pubblico dell'associazione. 

"L'incidente in via Comasina è la fotocopia di quello in Sormani, a sua volta di quello in Piazzale Loreto, prima ancora di quello in Bastioni di Porta Nuova: dagli inizi di novembre a oggi quattro persone sono morte per non essere state viste circolare sulla loro bicicletta". Secondo Legambinte "ol focus deve essere sulle persone, come accade all'estero. Il programma inglese Sud - Safe Urban Driving, ad esempio, prevede ore di teoria per i conducenti dei mezzi pesanti che entrano in città, oltre a una pratica che consiste nel percorrere in bicicletta con formatori specializzati i punti potenzialmente pericolosi, per rendersi conto dei rischi e adottare una condotta di guida consona a uno spazio pubblico condiviso da tutte le età e le abilità. Il tutto fa capo, sempre nel caso del Regno Unito, a una certificazione che gli operatori devono avere per poter lavorare in città". 

"Bene preoccuparsi dei dispositivi da installare sui mezzi, ma non è tutto – ha continuato Del Prete – Sono le persone a dover essere al centro dei provvedimenti, altrimenti si rischia di spersonalizzare rischi ed eventi. Anche i cittadini in bicicletta mostrano poca dimestichezza con il rischio e con le regole, ma sono loro a pagare di più. C'è una gerarchia nelle diverse responsabilità: dobbiamo puntare, come all'estero, a inserire questa gerarchia nella normativa. La situazione è molto grave - ha concluso - a Milano ci vuole una strategia integrata: subito le necessarie delibere per Città 30 e mezzi pesanti, poi la prima convocazione della Consulta per Mobilità Attiva e l'Accessibilità, nominata, ma ancora non operativa".

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