Incidente ad Agliano Terme, travolto in bici da un'auto: morto il pm milanese Marcello Musso
Musso, astigiano d'origine, è morto sul colpo. Il dramma è avvenuto alle 16 ad Agliano Terme
È stato travolto da un'auto. E per lui non c'è stato nulla da fare. Marcello Musso, procuratore del tribunale di Milano, è morto venerdì pomeriggio in un tragico incidente avvenuto sulla strada che collega Agliano e Costigliole d'Asti.
Ancora pochi i dettagli filtrati sul dramma. Dalle informazioni in possesso di MilanoToday, Musso, sessantasette anni, era in sella alla sua bici quando - verso le 16 - sarebbe stato centrato in pieno da un'auto, una Fiat Stilo il cui conducente si è immediatamente fermato. Pare che il pm abbia svoltato a un incrocio e che in quel punto sia avvenuto l'impatto, proprio a due passi dalla casa della mamma del magistrato, che era lì in vacanza. Ancora da chiarire l'esatta dinamica e le responsabilità.
Per soccorrere il 67enne è arrivata anche una èquipe medica a bordo di un elicottero del 118, ma per il magistrato non c'è stato nulla da fare. All'automobilista è stato immediatamente fatto l'alcoltest, come prevede la legge: secondo quanto appreso da MilanoToday, è risultato essere negativo.
Chi era Marcello Musso
Astigiano d'origine e "contadino nell'animo", come amava definirsi lui stesso, Musso aveva iniziato a lavorare in Sicilia, combattendo i corleonesi: una battaglia che poi aveva proseguito anche al Nord, a Milano, da dove era riuscito a far condannare all'ergastolo Totò Riina, il capo dei capi.
Sua anche l'inchiesta "Pavone", sul traffico di droga tra Quarto Oggiaro, la Brianza e Mariano Comense, anche quelle terre di malavita organizzata, terre di chili di cocaina mossi in giro per il mondo e di legami, stretti e saldi, con la 'ndrangheta.
E c'è la firma di Musso anche sul processo contro Martina Levato e Alexander Boettcher, la coppia dell'acido poi condannata definitivamente: lei a diciannove anni e sei mesi e lui a ventuno anni perché ritenuto l'ideatore. Proprio quelle condanne avevano spinto il magistrato a chiedere che il figlio di Martina e Alexander venisse dato in adozione, con Musso che aveva portato un regalo al piccolo in clinica e davanti ai giornalisti si era lasciato andare a un commento dolce, quasi da nonno, dicendo: "Il bimbo è bellissimo".
Le minacce e il caso scorta
Durante quel processo, il magistrato della direzione distrettuale antimafia era finito anche nel mirino di qualcuno, che lo aveva pedinato. Il 3 aprile, tornando da una delle sue solite lunghe giornate al palazzo di giustizia meneghino, Musso aveva trovato nella sua cassetta della posta due lettere anonime, scritte in un italiano stentato, che attaccavano il suo lavoro per il processo sulla coppia diabolica e - presumibilmente - per l'operazione Pavone.
"Ti piace vedere gente portata in manette", si leggeva, con una sorta di citazione di uno degli arresti per la 'ndrangheta al Nord. E ancora: "Ti immischi anche nel bambino - probabile riferimento al figlio della Levato -, rippeti che sei orgoglioso discrazie degli altri ma attento. Acido ce n'è anche per te".
Inizialmente, nonostante le minacce neanche tanto velate, a Musso era stata negata la scorta, poi arrivata in un secondo momento.
L'ultima grande inchiesta firmata da Musso è arrivata a compimento a fine luglio, quando lui, la guardia di finanza e i carabinieri hanno scoperto un enorme giro di cocaina dal Perù alla Lombardia, con la droga fatta arrivare in Italia intrisa nelle copertine dei romanzi e poi lavorata in un'officina abusiva a Trezzano sul Naviglio, anche grazie a un'ambulanza del 118.