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Terrorismo

Quello che diceva la 19enne leonessa dell'Isis a Milano

Per lei, arrestata nel 2021, il pool antiterrorismo della Procura di Milano, guidato da Alberto Nobili, ha chiesto il processo con rito immediato

Il pool antiterrorismo della Procura di Milano, guidato da Alberto Nobili, ha chiesto il processo con rito immediato per Bleona Tafallari, 19enne nata in Kosovo, ma domiciliata a Milano, ribattezzata la "leonessa dell'Isis" e arrestata lo scorso 17 novembre nel capoluogo lombardo per terrorismo internazionale a seguito di un'indagine coordinata dal pm Leonardo Lesti e condotta dalla Digos. Stando all'ordinanza del gip Carlo Ottone De Marchi, confermata anche dal Riesame che ha respinto un'istanza di scarcerazione, la ragazza avrebbe abbracciato il radicalismo di matrice jihadista e fatto attività di arruolamento e proselitismo, anche tra minorenni, senza nascondere l'ambizione di andare a combattere nelle zone di guerra contro il "nemico occidentale".

L'arresto della terrorista 19enne in via Padova: video

Sarebbe stata una devota sostenitrice da almeno tre anni dell'Isis e avrebbe fatto parte, assieme al marito (che stava in Germania), di una sua costola, ossia il gruppo chiamato i 'Leoni dei Balcani'. Inoltre, nel gennaio dello scorso anno si era sposata con un "mujaheddin" di 21 anni kosovaro e imparentato con l'attentatore di Vienna Kujtim Fejzula. Dentro il telefono della 19enne, sono stati trovati oltre 7.000 tra audio, video e immagini, alcune dell'agenzia di comunicazione dello Stato Islamico 'Al Hayat Media Center', e più di 2.000 chat che non lasciavano dubbi, secondo l'accusa, sulla sua appartenenza all'Isis.

Nell'interrogatorio davanti al gip e poi coi pm la giovane si è sempre difesa spiegando di non aver mai fatto propaganda, di non aver mai preso in considerazione di "diventare martire, né di andare a combattere". Dopo il previsto ok del gip al rito immediato (si salta l'udienza preliminare), la difesa potrà chiedere, se vorrà, il rito abbreviato, a porte chiuse e con lo sconto di un terzo sulla pena.

Chi è la Leonessa dell'Isis

La ragazza, radicalizzata da quando aveva 16 anni, è considerata una fervente sostenitrice dello Stato Islamico e farebbe parte dei cosiddetti Leoni dei Balcani, una costola dell’Isis attiva in Kosovo, Albania e Macedonia del Nord (nelle sue chat, peraltro, la 19enne si firmava 'leonessa dei Balcani', usando sempre l'emoji di questo animale). Tra alcune persone arrestate in Kosovo per aver pianificato un attentato durante le elezioni, ci sono due suoi contatti stretti. L'area balcanica, ha evidenziato Diego Parente, direttore centrale della polizia di prevenzione,  durante la conferenza stampa seguita all'arresto, "per l'Isis costituisce un ponte verso l’Europa”.

 A settembre Tafallari si era trasferita dal Kosovo a Milano, dove era arrivata con la sorella (poi subito ripartita) per il rinnovo della carta d'identità e per il vaccino anti covid, andando a casa del fratello. Nel frattempo era rimasta costantemente in contatto con il marito e con la diaspora kosovara di matrice jihadista. Nell'arco di questi mesi era uscita di casa solo due volte, sempre indossando niqab, una scelta maturata nella convinzione di "non doversi contaminare con infedeli”, come spiegato dalla questura.

L'attività investigativa, che si è sviluppata in breve tempo sotto forma di indagine lampo, è stata diretta dal capo della sezione distrettuale antiterrorismo della Procura di Milano Alberto Nobili e dal sostituito procuratore Leonardo Lesti e condotta dagli uomini della Digos di Milano e della direzione centrale della polizia di prevenzione con la collaborazione dell'Ectc di Europol. L'inchiesta è nata sulla scia di approfondimenti su una cellula salafita che ha la sua base logistica nei Balcani e cellule operative in Germania e Austria; in particolare dalla segnalazione di un cittadino tedesco da attenzionare, si è arrivati al matrimonio combinato tra Tafallari e il marito, celebrato in Kosovo, a gennaio 2020, da un influente imam (poi arrestato proprio all'esito di questa indagine).

La radicalizzazione e il matrimonio combinato

“Un passo alla volta - ha spiegato Nobili in conferenza stampa mercoledì 17 novembre - Tafallari si è radicalizzata sempre di più, facendo propaganda e proselitismo e arrivando a dare consigli alle amiche su matrimoni con mujahidin, con i quali morire martiri della jihad”. “Io sposerò un mujahidin e non vedo l’ora di morire con lui inondata del sangue degli occidentali”, si sente in una telefonata intercettata tra la 19enne e una 16enne. A un certo punto la ragazza ha fatto intendere di essere disponibile al martirio. "Era pronta per l’ultimo passaggio - ha affermato Nobili - era pronta per il martirio, che per una donna non è affatto scontato. Quando ci si dichiara disponibili al martirio, si diventa 'ordigni umani'”. A quel punto che la polizia è intervenuta. “Il terrorismo non è morto, cova sotto la brace - le parole di Nobili -. Ma noi ci siamo, seguiamo anche le piccole tracce di una ragazzina di 19 anni”.

Arrivata in Italia nel 2009, Tafallari ha frequentato scuole elementari e medie nel nostro Paese. Poi è arrivato il matrimonio combinato con il mujahidin 21enne, miliziano tedesco di origine kosovare, che ha sposato dopo averlo conosciuto online. La radicalizzazione è avvenuta quando aveva 16 anni e si trovava a Isernia. Il processo si è svolto in autonomia e online: in rete è arrivata a entrare in contatto persino con un terrorista pronto a colpire in Kosovo.

"Nel suo smartphone foto di attentati e decapitazioni"

La giovane è ritenuta responsabile di "una continua e incessante attività di propaganda delle ideologie delle organizzazioni terroristiche", che avrebbe svolto, anche grazie alle sue spiccate capacità di persuasione, attraverso diversi social, primo tra tutti Telegram, adoperandosi come messaggera tra uomini (per lo più controllati e quindi non in grado di comunicare liberamente tra loro) e nel fornire aiuto a donne in difficoltà, ma anche nel dargli consigli su come vestirsi, comportarsi e su chi sposare, ovvero “uomini con barba e capelli lunghi”. Nel cellulare la seguace dell'Is aveva diverse immagini della 'guerra agli infedeli', numerosi documenti sul movimento terroristico, tra cui anche uno, in lingua italiana, dall'eloquente titolo '44 modi per sostenere il jihad', oltre a, fanno sapere dalla questura, "istruzioni per il confezionamento di ordigni artigianali".

La giovane seguace dell'Isis, specifica l'ordinanza "deteneva e condivideva all'interno del proprio telefono cellulare posto sotto sequestro migliaia di file immagine e video, alcuni dei quali creati dalla agenzia di comunicazioni dello Stato islamico ‘AI Hayat Media Center’, riportanti oggetti simbolo della medesima organizzazione terroristica quali la bandiera nera con la scritta della testimonianza di fede, scene di combattimenti in teatri militari di guerra, esecuzioni sommarie di infedeli mediante decapitazioni e incendi, scene di attacchi terroristici da parte di mujahidin appartenenti allo Stato islamico nelle città europee dei quali vengono esaltate le gesta". Emblematica anche una foto della giovane con un guanto dell'Isis che fa il gesto del 'tawid' (con l'indice puntato al cielo ad attestare la fede nell'unicità di dio). “Indossare un guanto Isis non è il vezzo di una ragazzina ma è simbolo del suo impegno per lo Stato islamico”, ha sottolineato Nobili.

La 19enne, domiciliata in via Padova a Milano, avrebbe inoltre svolto "una funzione di proselitismo alla causa dell'Islam radicale nei confronti di ragazze kosovare, anche minorenni", ed in particolare, "in una chat Telegram del 24 febbraio 2021 prometteva a una interlocutrice sedicenne che si faceva chiamare 'fatina' e con cui reciprocamente si appellava come 'Leonessa' che le avrebbe trovato come sposo un 'Leone', vale a dire un appartenente ai Leoni dei Balcani, con il quale morire da martire dopo un matrimonio 'bagnato dal sangue dei miscredenti'", come si legge sempre nell'ordinanza.

Dalle indagini è emerso come Tafallari avesse una profonda conoscenza delle dinamiche interne allo Stato Islamico e fosse parte di una rete di supporto alle donne musulmane - il suo obiettivo era convincerle a sposarsi con mujahidin; in una chat con una reclusa del campo di Raqqa, ad esempio, le offriva un concreto aiuto. Tra i suoi contatti, poi, anche quelli di persone in prigione in Albania e di residenti in Germania, amici dell'attentatore di Vienna. La giovane donna, in alcuni immagini e video, aggiunge il Gip, insieme a un’altra ragazza radicalizzata era presente in "un video nel quale le due giovani, in un collage fotografico, vengono ritratte mentre indossano il niqab e in sottofondo una voce canta un 'anasheed' (un canto islamico, ndr) nel quale i ‘guardiani della religione vengono invitati a combattere le forze regolari siriane di Bashar Al Assad". Emerge anche che Tafallari avrebbe realizzato "personalmente alcuni ‘anasheed’ in uno dei quali, invocando lo sceicco Al-Baghdadi, si vota al martirio".

Nel telefono della 19enne, inoltre, è stata trovata anche l'inquietante immagine di un neonato di due mesi con una pistola poggiata sull'addome e un cappello con shahada (la testimonianza di fede con cui i musulmani dichiarano di credere in un solo e unico dio e nel suo profeta Maometto): il bambino era già considerato destinato al martirio. “Ha più valore quel cappello di tutto quello che c’è vicino”, si sente dire in una chiamata, intercettata, tra la giovane e la madre del piccolo. Parlando della decapitazione - ad opera di un terrorista islamico - del docente Samuel Paty, inoltre, la giovane aveva commentato: "Lezione per tutti gli altri insegnanti. Se l’è meritato! Che Allah ci protegga dai miscredenti".

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