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Il Cantiere scrive a Pisapia: "Il diritto all'abitare deve essere riconosciuto"

I membri del centro sociale milanese hanno scritto una missiva al primo cittadino di Milano affinché si impegni maggiormente sul fronte dell'edilizia popolare

Gli attivisti del centro sociale Cantiere di Milano hanno preso carta e penna per scrivere una lettera a Giuliano Pisapia, primo cittadino di Milano. I membri del Cantiere chiedono alla giunta arancione di impegnarsi maggiormente sul fronte dell'edilizia pubblica.

Secondo i militanti del centro sociale la situazione milanese è preoccupante: "Dati attendibili sulla città di Milano parlano di: 23mila famiglie in lista d'attesa per una casa popolare, 13mila senza dimora, 134mila persone che vivono in stato di povertà assoluta — scrivono i membri del cantiere nella missiva inviata a Pisapia —. Nel 2012 sono state presentate 4.924 richieste di sfratti esecutivi e gli sfrattati che si sono rivolti al Comune per una assegnazione in deroga sono cresciuti del 45% nel primo trimestre del 2013 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente".

In questi mesi si sono nati diversi comitati per il diritto alla casa, non solo: sono aumentati in maniera esponenziale i picchetti anti sgombero. Il motivo di tutto ciò, secondo gli attivisti, è da ricercarsi nella: "Forbice tra le promesse della politica e una realtà di degrado urbano e di povertà crescente ha indotto molte persone a ricercare soluzioni dal basso al bisogno abitativo".

Il cantiere non usa mezze parole: "Lorsignori della giunta devono scegliere, ora: riconoscere il diritto all'abitare oppure le ragioni della speculazione edilizia e finanziaria; bloccare gli sgomberi o risolvere con il manganello le questioni sociali; mobilitarsi per una moratoria sugli sfratti o prendere le parti delle grandi proprietà immobiliari".

Secondo gli attivisti contrastare l'emergenza abitativa è possibile e necessario: "lo richiedono le severe privazioni di migliaia di disoccupati, di precari, di famiglie monoreditto senza alcun reddito. Il momento — concludono — è ora, come si suol dire "le chiacchere stanno a zero".

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