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Cronaca

Furto alla Rinascente di Milano, i giudici appello: manca prova certa su Marco Carta

La sentenza di assoluzione decisa nel primo grado di giudizio “deve essere integralmente confermata

Manca la “prova certa della responsabilità” ricoperta dal cantante Marco Carta nel furto di magliette griffate del valore complessivo di 1.200 euro avvenuto il 31 maggio 2019 alla Rinascente, noto grande magazzino del centro Milano. Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello del capoluogo lombardo nelle motivazioni della sentenza che nell’ottobre scorso portò all’assoluzione del 35enne dall’accusa di furto aggravato, confermando il verdetto già deciso nel primo grado di giudizio.

Marco Carta venne arrestato subito dopo il furto insieme all’amica Fabiana Muscas, infermiera cagliaritana di 53 anni che si trovava con lui all’interno del grande magazzino milanese. La donna, che nascondeva la refurtiva nella sua borsa, si assunse subito l’intera responsabilità del furto, scagionando Carta che ha sempre respinto ogni accusa. Finito sotto processo, il cantante incassò un’assoluzione piena “per non aver commesso il fatto” nel processo di primo grado con un verdetto poi confermato anche in appello.

Una duplice sentenza di assoluzione dovuta soprattutto alla mancanza di elementi in grado di incastrare il cantante: “Per la condanna – evidenziano i giudici del secondo grado di giudizio in un passaggio delle motivazioni – è necessario che la colpevolezza risulti al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ma in questo caso, sulla base delle prove acquisite dalla procura, risulta “verosimile l’estraneità di Carta alla condotta di sottrazione ammessa dalla Muscas ed inquivocabilmente documentata dal volume della borsa all’uscita dal camerino”.

Tutto ciò anche se il cantante, durante l’interrogatorio, ha fornito agli inquirenti una versione dei fatti non puntuale e caratterizzata da “presunte imprecisioni e lacune”. Ma queste, sottolinea ancora la Corte d’Appello di Milano, “sono riconducibili alla sua dichiarata estraneità ai fatti”. La sua ricostruzione risulta comunque “compatibile con la dichiarata mancata conoscenza delle modalità e circostanze fattuali relative alle condotte di trafugamento delle maglie, distacco dei cartellini, forzatura dei dispositivi antitaccheggio poste in essere dalla Muscas”.

Ed è per questo, concludono i giudici d’appello, che la sentenza di assoluzione decisa nel primo grado di giudizio “deve essere integralmente confermata”.

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