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Cronaca

'Ndrangheta: arrestato in Francia Mario Miceli, genero del boss Barbaro di Buccinasco

Si nascondeva nella città di Arzon, dove aveva registrato un'azienda di pulizie a suo nome

Prevedendo la condanna definitiva - questa l'ipotesi dei carabinieri - aveva cercato di anticipare la giustizia scappando all'estero e abbandonando la sua abitazione a Casorate Primo, nel Milanese. Un accorgimento che non è bastato a Mario Miceli, uomo forte del clan Barbaro Papalia di Buccinasco soprattutto per via dell'imparentamento con la famiglia Barbaro: il 62enne, condannato per il 416 bis, associazione a delinquere di stampo mafioso, è stato arrestato dai carabinieri della Squadra Catturandi del Nucleo investigativo di Milano.

Il nascondiglio del latitante dei Barbaro Papalia

Si nascondeva nella cittadina di Arzon, nel nord della Francia, dove aveva registrato un'azienda di pulizie industriali e di condomini a suo nome. Proprio lì è stato raggiunto e arrestato martedì dagli uomini dell'Enfast, "Rete europea delle unità ricerche attive latitanti" dell'Interpol. Ora si trova in cella nel Paese Transalpino in attesa del rimpatrio in Italia, dove deve scontare una pena di cinque anni e sei mesi di carcere.

Il suo lavoro con il clan di Buccinasco

Il provvedimento definitivo contro il genero di Domenico Barbaro - noto boss del clan di Platì morto nel 2016 - era arrivato a fine gennaio 2019. Mario Miceli, che secondo quanto riferito dagli uomini guidati da Marco Prosperi che lo hanno scovato in Francia, per anni era stato una figura chiave nel territorio per la cosca Barbaro Papalia.

Il suo ruolo era operativo ma di rilievo perché si occupava della gestione del trasporti per conto del clan. 'Specializzato', per così dire, proprio nel trasporto e nel movimento terra. 'Lavori' ottenuti sempre e solo grazie all'elevato livello d'infiltrazione della 'ndrangheta in Lombardia: così, appalti e subappalti finivano spesso per essere affidati proprio alle ditte vicine al clan.

Le indagini della Catturandi e del Ros

La catturandi arriva a Miceli grazie a un lavoro congiunto con gli uomini del Ros. Dopo la condanna definitiva, la prima sentenza invece è di giugno 2010, i militari vanno a trovarlo nell'abitazione di Casorate Primo ma trovano che la casa è stata praticamente abbandonata. Ad allontanarsi dal Milanese non è solo Miceli ma anche la moglie e le figlie, che si rifugiano a Platì, in Calabria.

I tabulati telefonici, e l'attività investigativa tradizionale, lo collocano per un certo periodo nella sua Calabria. Poi a Nantes, città lontana solo 126 chilometri da Arzon, dove Miceli aveva aperto e pubblicizzato sul web la sua azienda. Ora che è stato arrestato si attende solo l'ultimo spostamento del latitante: l'estradizione verso l'Italia.

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