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Cronaca

"Io, oncologo a Napoli, vengo a operarmi a Milano perché da noi la sanità non funziona"

La "confessione" di Antonio Marfella, uno dei primi medici a denunciare la terra dei fuochi

Lascerà il suo ospedale per entrare in un altro. Andrà via dalla sua città, per qualche giorno, e farà oltre settecento chilometri per essere sicuro di non correre rischi. Perché, dice, da "noi la sanità regionale funziona male". 

Antonio Marfella - sessanta anni, medico oncologo dell'ospedale Pascale di Napoli e tra i primi a parlare in Italia di "Terra dei fuochi" - ha un cancro alla prostata e, nonostante lui all'interno di un reparto oncologico ci lavori, ha deciso di emigrare a Milano per operarsi. 

"Non ho difficoltà - ha confessato a Roberto Russo del Corriere della Sera - a far sapere che, pur lavorando al Pascale, sono in lista di attesa per operarmi all’Ieo di Milano".

A rivelarlo è stato lui stesso, "per far rendere conto a tutti di come funziona male la sanità regionale. Occhio - la necessaria precisazione -, al Pascale ci sono colleghi bravissimi, eccellenti, ma che non vengono messi in condizioni di lavorare come pure saprebbero fare".

E la spiegazione, come spesso accade, è nei numeri, impietosi. "Per il mio cancro devo essere sottoposto a un intervento in robotica - ha spiegato il dottore -. Le linee guida internazionali del Memorial Sloan Kettering Center, negli Usa, prevedono che questo tipo di intervento vada eseguito da strutture che ne facciano almeno 250 l’anno. Nell’intero Mezzogiorno non esiste alcun ospedale, Pascale compreso, che superi i cento interventi alla prostata con il robot" perché "con meno allenamento sul robot aumentano le probabilità di errore che per il paziente, in questo caso, significa rischiare l’impotenza".

I robot, in realtà, ci sono anche ma - ha sottolineato Marfella - "magari ci sono le sale operatorie e mancano infermieri a sufficienza e quindi si rallenta tutto". E quindi un medico è costretto a lasciare Napoli e raggiungere Milano per operarsi. 

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