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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il processo

Poliziotto morto durante un inseguimento: 30enne condannato ma introvabile

L'agente scelto Francesco Pischedda ha perso la vita mentre dava la caccia ad tre banditi su un veicolo rubato

Lunedì 6 marzo il giudice Giulia Barazzetta ha emesso la sentenza di primo grado nei confronti di Veaceslav Florea, 30enne moldavo che nella notte tra il 2 e il 3 febbraio contribuì a mettere tragicamente fine alla vita dell'agente scelto Francesco Pischedda: quattro anni di condanna, cumulo tra le condanne per i reati di ricettazione - dato che viaggiava insieme a due complici sul furgone rubato a Gorgonzola (Milano) e sfrecciato lungo la Strada Statale 36 - e di resistenza a pubblico ufficiale. Dell'uomo si sono perse le tracce dal 9 dicembre 2019, quando - come recentemente appreso - venne scarcerato in Austria. Irreperibili lo sono anche i connazionali Vadim Vulpe, 32 anni, e Igor Dima, 34 anni, per i quali il processo dev'essere ancora aperto, come racconta LeccoToday.

Pischedda: un caso ancora aperto

La morte di Francesco Pischedda, allora 28enne, è una ferita inevitabilmente ancora aperta sulla pelle del corpo di polizia. Il poliziotto, all’epoca in servizio presso la Sottosezione della polizia stradale di Bellano, morì nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 2017 dopo essere precipitato dal cavalcavia Curcio della Strada Statale 36 a Colico nel tentativo di arrestare un uomo che viaggiava, con altri due connazionali, a bordo di un furgone rubato.

Sei mesi dopo vennero identificati i complici di Veaceslav Florea, l'allora 25enne moldavo che contribuì a causare la morte dell'agente. La polizia giudiziaria riuscì a risalire di altri due cittadini di nazionalità modava: Igor Digma, allora 29enne, e Vadim Vulpe, ai tempi 27enne; entrambi risultarono e risultano ancora irreperibili sul territorio nazionale italiano, ma vennero deferiti per i reati di morte come conseguenza di altro delitto, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale.

Veaceslav venne invece trasferito in un centro di detenzione dell'Austria per ulteriori reati commessi oltre il confine italiano; su di lui, infatti, pendeva infatti un mandato di cattura internazionale per furti e rapine varie. Rimasto gravemente ferito dopo il salto dal cavalcavia, venne piantonato durante la lunga permanenza all'ospedale "Manzoni" di Lecco, dove rimase in coma per un mese.

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