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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Addio al signor Mivar: portò la tv nella casa degli italiani

Il patron della Mivar si è spento nella giornata di lunedì 20 settembre all'età di 98 anni

È morto all'età di 98 anni nella giornata di lunedì 20 settembre Carlo Vichi, patron della storica azienda di televisioni Mivar, l'ultima società italiana a produrre televisori nel nostro Paese (lo stabilimento si trova ad Abbiategrasso).

Figura discussa quella del signor Mivar. Nel 2019, in occasione delle manifestazioni per il centenario della fondazione dei Fasci italiani di combattimento, Vichi ha fatto restaurare a sue spese il Monumento dei Caduti Fascisti eretto nel 1925 al Monumentale di Milano. Sciur Mivar non ha mai nascosto le sue simpatie per Mussolini e Hitler; sincero anche l'astio per i sindacati: "In fabbrica si dice sissignore, come nell’Esercito, nessuno può venire a comandare in casa mia". Ateo e anticlericale, il suo funerale (laico) si svolgerà nello stabilimento sull'alzaia del Naviglio di Bereguardo: il suo desiderio era quello di avere una bella festa - senza la presenza delle autorità (diceva di non votare dagli anni Cinquanta) - all'interno della sua fabbrica, la sua creatura.

Mivar, l'azienda che portò la tv nelle case delle italiani

La vita di "Sciur Mivar" è una vera storia milanese: nato lontano dalla Madonnina si è formato e ha costruito la sua fortuna con le proprie mani nella metropoli lombarda. Vichi, infatti, è nato nel 1923 a Montieri (Grosseto) a Milano è arrivato nel 1930 seguendo il babbo che lavorava come metronotte. Le case popolari e gli studi serali prima, poi il diploma da elettrotecnico e i primi lavori. Nel 1945 fonda la Var (acronimo di Vichi apparecchi radio), azienda che costruisce e ripara radio a valvole. Una ditta che se fosse nata in California avrebbe mosso i suoi primi passi in un garage ma a Milano trova spazio nel popolare quartiere di Calvairate, tra cortili e laboratori artigiani.

Gli anni ruggenti del Dopoguerra, la rinascita italiana e la voglia di musica fanno decollare la Var che in poco tempo si specializza nella costruzione diretta dei componenti per assemblare le radio. Negli anni Cinquanta arriva la prima svolta: grazie ai finanziamenti concessi da una ristretta cerchia di amici e parenti Vichi espande e amplia le strutture produttive.

Nel 1968, l'anno caldo delle proteste studentesche, nasce la Mivar (acronimo di Milano Vichi Apparecchi Radiofonici) e la sede viene spostata ad Abbiategrasso. Passano i lustri, le radio perdono mercato e la Mivar si adatta: inizia a produrre televisioni. Sono anni d'oro: gli italiani desiderano le tv, Vichi le costruisce e le vende. La ricetta è vincente: prezzi concorrenziali, efficiente rete di assistenza e riduzioni al minimo delle spese. Apparecchi popolari destinati a un pubblico che non vuole spendere troppo. Nel 1988 su 100 televisori venduti 12 sono Mivar. Numeri faraonici quelli di quegli anni in cui le linee produttive sfornavano circa 300mila tv a colori e 60mila in bianco e nero. Numeri imponenti che hanno portato la costruzione del nuovo stabilimento sull'alzaia del Naviglio Grande, una fabbrica progettata e realizzata dallo stesso Vichi. Una scommessa (inizialmente) vincente dato che nel 1999 la Mivar raggiunge l'apice: 950mila apparecchi costruiti e una quota di mercato pari al 35%, davanti a diverse multinazionali dell'elettronica.

La crisi dello schermo piatto

La crisi per la Mivar inizia all'inizio degli anni Duemila con l'ingresso sul mercato delle televisioni a schermo piatto. La società, però non riesce a ripetere la ricetta degli anni '90 (capitolazione dei produttori giapponesi e coreani): Mivar non riesce a tenere il passo della concorrenza rappresentata da società turche e cinesi che producono e vendono prodotti tecnologicamente migliori a prezzi stracciati. Nel 2001 si addensano le prime nubi e 400 dipendenti vengono messi in cassa integrazione.

Nel 2004 l'azienda cerca di recuperare terreno: progetta e mette in produzione (assemblando pannelli prodotti da altre società) una linea di tv a schermo Lcd. Nonostante la Spa produca 700mila apparecchi le difficoltà crescono e ricorre nuovamente alla cassa integrazione a zero ore, stavolta per tutti i dipendenti. Nel 2008 finisce la produzione delle tv a tubo catodico ma la crisi si fa sempre più acuta. Il fatturato cala, i dipendenti anche.

Una crisi nera che ha distrutto ogni pezzo dell'azienda. Negli anni Vichi ha detto di aver speso circa 100milioni di fondi propri per ripianare le perdite e consentire alla sua azienda di garantire ai bilanci un formale pareggio.

Nel 2014 l'appello agli imprenditori del Sol Levante per avviare un nuovo ciclo della sua azienda: "Signori imprenditori asiatici, siete gli unici costruttori della componentistica elettronica. Venite a rendervi conto dei vantaggi che potreste avere assemblando in Italia tre milioni all'anno dei vostri televisori, la Mivar vi concederebbe l'uso gratuito di un complesso industriale unico al mondo in provincia di Milano, come pure il supporto necessario a una vostra presenza in Italia. Il governo stesso darà il benvenuto a una industria costruttrice di televisori. Signor presidente della Samsung, mandi un suo incaricato a verificare personalmente come stanno le cose, non le costerà nulla". Appello rimasto inascoltato. Oggi la Mivar ha perso colui che l'ha costruita e amata: il suo padrone.

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