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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Il business gestito dal carcere e i soldi sepolti nel maneggio: 2 arresti per 'ndrangheta

Polizia di Stato e guardia di finanza hanno arrestato due uomini ed effettuato perquisizioni a Como, Varese e Reggio Calabria

Altre due persone arrestate e perquisizioni tra Como, Varese e Reggio Calabria. Questo, venerdì 13 maggio, il risultato delle indagini sulla presenza della 'ndrangheta in Lombardia, Milano compresa. Polizia di Stato e guardia di finanza, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della procura di Milano, hanno arrestato due uomini accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, favoreggiamento, frode fiscale, bancarotta, intestazione fittizia e possesso illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso.

Il business e il pestaggio gestiti dal carcere

Dei due arrestati dalla Squadra Mobile di Milano, guidata da Marco Calì, e dal Nucleo di polizia economico finanziaria di Como, il primo, Bartolomeo Iaconis, 64 anni e originario di Giffone (Reggio Calabria), si trova già in carcere poiché condannato in via definitiva per associazione mafiosa a causa del suo ruolo di 'capo società' della 'locale' (la struttura di coordinamento delle 'ndrine) di Fino Mornasco (Como). La sua posizione era stata smascherata nell'ambito dell'operazione battezzata 'La notte dei fiori di San Vito'; per lui, poi, era arrivata la condanna in secondo grado all’ergastolo come mandante dell'omicidio di Franco Mancuso , avvenuto a Como nel 2008. Il 64enne è accusato di aver gestito i suoi affari dal carcere impartendo ordini ai suoi uomini, tra cui quello di picchiare violentemente un uomo che gli doveva del denaro.

Il calabrese, inoltre, è accusato di essere amministratore di fatto, per il tramite di uomini di fiducia, di numerosi esercizi commerciali intestati fittiziamente a terzi e di aver praticato prestiti a usura. Dalle indagini, infine, è emerso anche come, per soddisfare le esigenze della sua organizzazione, tra cui quella di mantenere i detenuti, abbia raccolto illecitamente ingenti liquidità commettendo reati fiscali e commerciali.

I soldi sepolti nel maneggio

Il secondo uomo arrestato, un 44enne originario del Catanese ma residente nel Comasco, è accusato di aver fornito supporto logistico all’associazione mafiosa, partecipando agli scavi e mettendo a disposizione gli strumentiper eseguirli, al fine di recuperare 55mila euro nascosti all’interno di un maneggio nel Comasco. Quest’ultimo, riconducibile all’associazione, è stato sequestrato.

Ai due arresti si è arrivati grazie alla firma del Giudice per le indagini preliminari di Milano e alla richiesta della Dda della Procura, che hanno fatto seguito ai risultati della complessa indagine che già a novembre 2021 aveva portato all'arresto di 54 persone. Le accuse erano degli stessi reati nonché di estorsione, ricettazione, riciclaggio e corruzione. Gli investigatori avevano puntato il faro sulle attività di famiglie 'ndranghetiste a Milano, Como e Varese, oltre che sulle loro proiezioni in Svizzera.

L'inchiesta sulla 'ndrangheta in Lombardia

Gli investigatori hanno documentato anni di storia criminale del territorio lombardo, fotografando tre periodi storici, con altrettanti modalità di azione. Nel primo, compreso tra il 2007 e il 2010, gli 'ndranghetisti hanno commesso soprattutto estorsioni a danno di imprenditori locali; nel secondo, tra il 2010 e il 2019, alle estorsioni si sono aggiunti il controllo e la gestione economica di appalti molto remunerativi per il servizio di pulizia di grandi imprese, che venivano ottenuti grazie alla collusione di un imprenditore, titolare formale di cooperative operanti nel settore con le quali veniva ideato e attuato un articolato sistema di frode per evadere il fisco e al contempo finanziare l'associazione mafiosa; nel terzo, dal 2018 a oggi, visto che in seguito ad alcuni arresti era stato in parte smantellato il sistema fraudolento, sono riprese le estorsioni ai danni di piccoli e medi imprenditori, ma anche di semplici cittadini.

Oltre alle attività legate al tessuto economico e all'imprenditoria lombardi, non mancavano attività 'più tradizionali', come il traffico di droga che puntava ad espandersi in Svizzera. Il Cantone San Gallo, in particolare, era divenuto una vera e propria base logistica per alcuni degli indagati che vi si risiedevano stabilmente. Per scoperchiare questo smercio era stata creata una squadra investigativa comune tra autorità giudiziaria italiana e ministero pubblico della Confederazione per la Svizzera.
 
 

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