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Cronaca

Gli affari della 'ndrangheta 2.0: meno estorsioni, più cooperative di subappalto

Il blitz è scattato all'alba di martedì 16 novembre. In totale sono state arrestate oltre 100 persone, di cui 54 in Lombardia

Maxi operazione contro la 'ndrangheta in varie parti d'Italia, tra cui la Lombardia. Più di cento le misure cautelari, 54 delle quali nella nostra regione, emesse dalle procure distrettuali antimafia di Reggio Calabria, Milano e Firenze ed eseguite nella notte tra lunedì 15 e martedì 16 novembre a conclusione di indagini che si sono prolungate per parecchio tempo e che hanno interessato in particolare la cosca Molè di Gioia Tauro e le loro attività, ramificate nel Nord Italia e anche in Svizzera.

Video: le intercettazioni

L'operazione, denominata 'Cavalli di Razza', ha fatto emergere in particolare un cambio di prospettiva dell'attività di stampo mafioso della cosca che, dalle estorsioni, è passata ad operazioni finanziarie raffinate, pur mantenendo nella 'modernità' i 'valori' di sempre. Se prima infatti si arricchivano con le estorsioni agli imprenditori, ad un certo punto gli 'ndranghetisti hanno deciso di passare a qualcosa di più sofisticato: sfruttare il know how delle loro vittime e guadagnare con fatture false, evasioni fiscali e dell'Iva, crediti fasulli e così via. Pronti a ritornare alle estorsioni se il castello di cooperative messe in piedi crollava per qualche inchiesta. Pronti a emigrare in Svizzera sfruttando le maglie più larghe della legislazione elvetica che, ad esempio, non prevede un istituto simile al 416 bis (il reato di associazione mafiosa).

L'inchiesta ha permesso di ricostruire circa quindici anni di storia della 'ndrangheta tra Como, Varese e il cantone di San Gallo in Svizzera. Centrale nella narrazione dei fatti un'importante riunione svoltasi a Gioia Tauro nel 2010, in occasione della quale la cosca decise di cambiare strategia, mettendo le estorsioni in secondo piano e privilegiando il controllo e la gestione degli appalti al servizio di pulizia, al facchinaggio e ai trasporti. Dal 2018 sono gradualmente riprese le estorsioni, perché le indagini delle forze dell'ordine e delle procure avevano in gran parte disarticolato il sistema messo in piedi in precedenza.

Come hanno sottolineato i magistrati in conferenza stampa, spesso i meccanismi economici venivano scoperti a partire dal fallimento di alcune imprese coinvolte. E' il caso del noto ristorante Unico, situato in un punto panoramico di una torre nel quartiere milanese del Portello, dichiarato fallito perché non pagava le imposte. Ad un certo punto ci si è accorti che la 'ndrangheta aveva investito nel suo capitale societario.

Il dipendente che si licenzia perché stanco delle minacce

Vittima del sistema di cooperative 'monopolizzanti' è stata invece, per esempio, la notissima Spumador di Cermenate (Como), estranea ai fatti. Si trattava di un sistema (fatto di minacce e violenze) attraverso cui la 'ndrangheta riusciva a 'controllare' tutti coloro che intendevano lavorare per i servizi esterni dell'azienda, in questo caso soprattutto il trasporto delle bevande. Emblematica la storia di un dipendente dell'azienda che si è licenziato perché non ne poteva più di subire minacce. Ma, nelle pieghe delle carte, ci si imbatte anche nella storia di un ex imprenditore costretto a dormire in auto.

Il 'vecchio' affare della droga non era ovviamente scomparso. Non è emerso in particolare nel filone lombardo dell'inchiesta ma in quello fiorentino e, in parte, svizzero. Dove, appunto, soprattutto nel Cantone San Gallo, alcuni affiliati si erano trasferiti 'poveri' o quasi e, negli anni, importando droga dall'Italia si sono arricchiti fino a vantare Suv di grossa cilindrata nei propri garage, sfruttando la legislazione elvetica più morbida, a dir loro, di quella italiana sul contrasto alle mafie. Durante l'operazione è stata sequestrata circa una tonnellata di droga, importata dal Sudamerica all'Italia e, di qui, alla Svizzera.

Una parte di responsabilità va anche agli imprenditori e agli amministratori locali (come l'ex sindaco di Lomazzo, Marino Carugati) che, da vittime, si sono trasformati via via in complici della 'ndrangheta, fornendo alla criminalità organizzata le 'competenze' contabili e burocratiche per mettere in piedi il sistema delle cooperative e dei consorzi attraverso cui, con drenaggi di denaro, mancati pagamenti di Iva e altre imposte, crediti falsi, i boss di Gioia Tauro accumulavano milioni e milioni di euro. 

Tra minacce e autorevolezza

"Con questa inchiesta - ha affermato Alessandra Dolci, a capo della direzione distrettuale antimafia milanese - dimostriamo che la 'ndrangheta ha un mix di arcaicità e modernità, di minaccia e di autorevolezza". Restano i 'valori' mafiosi di sempre, come quando un giovane non viene affiliato, nonostante avesse le 'carte in regola', perché il padre, in carcere, si era 'comportato male'; oppure come quando risuonano nelle intercettazioni le minacce, velate o non velate, sui metodi di 'convincimento': "Veniamo in casa come la raccomandata", diceva un affiliato. E un altro, incaricato di un recupero crediti, al debitore che gli aveva chiesto un tesserino: "Il tesserino sono io e tu devi pagare".

Ma gli 'ndranghetisti erano pronti a cambiare volto, a vestire i panni degli uomini d'affari, ad utilizzare gli strumenti finanziari per arricchirsi in modo illecito, a danno degli imprenditori onesti perché, non versando i pagamenti dovuti come quelli sull'Iva, erano in grado di praticare prezzi più bassi.

"La criminalità organizzata - ha commentato il procuratore Riccardo Targetti, in conferenza stampa con il pm Pasquale Addesso, l'aggiunta Alessandra Dolci e la pm Sara Ombra - non è concentrata in certe regioni. Qui ha più difficoltà di prendere il governo anche politico del territorio, ma rischia di arrivarci se non si alza il livello di allerta. Chi vi si avvicina, magari pensando di riceverne dei vantaggi, deve sapere che rischia di giocare col fuoco".

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