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Come sta il piccolo

Il neonato lasciato davanti all'ospedale sarà dato in affidamento

Toccanti le parole che la madre ha affidato a una lettera:  "Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile"

È in buone condizioni di salute il piccolo neonato lasciato davanti a un ospedale milanese nel giorno di Pasqua. "È partito come da prassi l'iter che nel giro di qualche settimana dovrebbe portare all'affidamento del bimbo da parte del Tribunale dei minori a una famiglia idonea". Quando un bimbo viene trovato nella "culla per la vita", versione moderna di quella che un tempo era la "ruota degli esposti", la Neonatologia lo prende in carico - spiegano dall'ospedale - e in tempo reale viene contattato il Tribunale dei minori che affida temporaneamente la patria potestà del piccolo al reparto, che così può rispondere dell'accudimento riservato al bebè. Appena il neonato è dimissibile, il tribunale viene avvistato e scatta l'affidamento alla famiglia individuata nel frattempo. Successivamente, si potrà valutare l'eventuale adottabilità del bambino. Questo prevede la procedura, ma dal Policlinico non perdono la speranza che la mamma possa tornare sui suoi passi: "Se vorrà ripensarci, in qualunque momento siamo pronti ad accoglierla".

Il ritrovamento del piccolo Enea

Il bambino è stato abbandonato nella "culla per la vita del Policlinico di Milano" alle 11.40 circa. Enea, questo il nome del neonato, pesa circa 2,6 kg ed è di etnia caucasica. Il piccolo è ora accudito dagli specialisti della Neonatologia alla Clinica Mangiagalli del Policlinico, dove sta seguendo i controlli di routine. Insieme a Enea è stata trovata nella culla anche una lettera firmata dalla madre, dove racconta che il bimbo "è super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok", insieme a parole di grande affetto.

"È una cosa che pochi sanno - commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano - ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le 'culle per la vita': la nostra si trova all'ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. È una decisione drammatica, ma la culla consente di affidare il piccolo a una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l'assoluto anonimato per i genitori".

La culla per la vita del Policlinico di Milano è attiva da 16 anni e quello di Enea è il terzo caso registrato. I primi due sono avvenuti nel 2012 e nel 2016: due bimbi maschi che sono stati chiamati rispettivamente Mario e Giovanni. La culla è un ambiente protetto e riscaldato ed è strutturata in modo da avvisare immediatamente il personale sanitario: una volta che il bimbo viene accolto al suo interno, un allarme discreto avvisa medici e infermieri della Neonatologia che possono prendersi cura del piccolo entro pochissimi minuti. 

"Occasioni simili sottolineano come il sistema della 'culla per la vita' sia fondamentale - conclude Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico di Milano - perché ci permette di accogliere il bimbo e di aiutare la mamma nella sua drammatica scelta, in tutta sicurezza. Vivo però questo evento anche come una sconfitta a livello sociale, perché in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà. Madre che, qualora ci ripensasse, siamo pronti ad accogliere e ad assistere".

Le parole d'amore nella lettera della madre

"Ciao mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile": la madre usa queste dolci parole, a quanto si apprende, nella missiva trovata accanto al bimbo. Una mamma che per il figlio ha parole di grande affetto, spiegano dall'ospedale. A quanto si apprende, parla di coccole, dice di volergli molto bene, ma di non potersi occupare di lui. Racconta che il bimbo "è super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok".

"Adesso è diventato un nostro bambino, nostro figlio"

"Quando l'allarme è scattato, l'équipe della Terapia intensiva neonatale della clinica Mangiagalli di Milano di guardia domenica è accorsa: con due dottoresse e le infermiere siamo andati giù, abbiamo preso il bimbo, lo abbiamo visitato e stava bene. Lo abbiamo portato su in reparto. Era avvolto in una copertina verde. Adesso è diventato un nostro bambino, nostro figlio. La mia speranza, però, è ancora che la sua mamma ci ripensi. Io vorrei che le arrivasse questo mio messaggio". A parlare all'Adnkronos Salute è Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Milano. Enea, capelli scuri, ben curato, caucasico, è nato da circa una settimana. Il nome è quello che ha scritto la mamma nella lettera lasciata accanto a lui. Poche frasi, scritte in italiano. In Mangiagalli è ora coccolato dal personale.

"Per quanto possibile cerchiamo di vicariare l'attenzione materna", dice Mosca. Il fatto che sia stato lasciato nel giorno di Pasqua, "rende la cosa ancora più toccante". Mosca non ha perso la speranza di un ripensamento: "Vorrei che questa mamma mi ascoltasse, può ancora riprendersi il suo bambino, voglio che sappia che noi possiamo aiutarla a farglielo crescere e che nulla è perduto. Io desidero parlare a questa mamma e dire che siamo pronti a starle accanto, di mettersi in contatto con me e con l'ospedale", è l'appello.

Mosca ripensa ai tre bebè lasciati in 16 anni nella culla per la vita della Mangiagalli. "Tutti maschi. Ma la cosa che hanno in comune è anche un'altra: in queste storie c'è la disperazione di una mamma, che è attenta per il proprio bimbo e cerca di preservarlo. Questi bebè sono stati tutti lasciati in ottime di condizioni. Per il piccolo Enea la mamma ha scritto nella breve lettera delle parole dolci e questo deve farci riflettere, interrogare. Perché se non riusciamo a intercettare il disagio di mamma che si trova in condizione di abbandonare un bimbo, certo per sua scelta, ma ci deve far riflettere. Forse non siamo ancora tanto bravi a cogliere i segnali allarme. La culla per la vita ha funzionato e su questo siamo soddisfatti da un punto di vista tecnico. Ma questa deve essere l'occasione per pensare. E vivere l'accaduto anche un po' come una sconfitta da una parte".

Il direttore della Neonatologia tiene a ricordare le opzioni che hanno a disposizione le mamme in difficoltà: "È utile che si sappia che la mamma può partorire in ospedale in anonimato e andare via, senza dover mettere il suo bimbo nella culla per la vita, o peggio, pensare ad abbandoni più tragici. Non sono alti i numeri di questi casi, cioè di donne che utilizzano la normativa vigente che permette di abbandonare il neonato in ospedale dopo un parto avvenuto in modo sicuro, in ospedale assistite e non in situazioni precarie. In Mangiagalli succede per qualche bambino ogni anno. Tra l'altro qui c'è anche il Centro di aiuto alla vita che è in grado di aiutare prima, durante e dopo il parto le mamme in difficoltà che vogliono tenere il proprio bambino. È importante che una mamma in difficoltà sappia che non è sola, cerchiamo di dare appigli e aiuti".

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