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Martedì, 16 Aprile 2024
Omicidi

A Milano 2mila donne all'anno vengono maltrattate o picchiate

Dal 2020 al 2021, a Milano, ci sono state 300 denunce in più. L'intervista alla pm Mannella

Maria Letizia Mannella è la sostituta procuratore che si è occupata di alcuni dei più importanti casi di femminicidio e violenza contro le donne avvenuti a Milano negli ultimi anni. Nel suo ufficio, ogni giorno, passano decine di fascicoli legati a denunce per maltrattamenti e stalking, casi che spesso coinvolgono anche figli minorenni vittime a loro volta della catena di odio generata dalla violenza di genere.

Dottoressa Mannella, quanto è diffuso il fenomeno della violenza di genere sul territorio di Milano?

"Se consideriamo gli ultimi 10 mesi i casi di maltrattamento sono stati numerosi. Dal primo gennaio 2021 a oggi (15 novembre, ndr) le denunce sono state 1.952 a fronte delle 1.622 dell’anno precedente. Si tratta solo di denunce nei confronti di persone note, che aggiunte a quelle a carico di ignoti diventano davvero tante. Altrettanto numerose sono quelle per stalking, con 1087 casi a carico di noti a fronte delle 779 dello scorso anno. Siamo quindi di fronte a un deciso aumento di episodi di violenza di genere a Milano e hinterland".

A fronte dei dati milanesi possiamo sfatare il falso mito secondo cui la violenza di genere è legata a fattori territoriali, economici e culturali?

"Non posso dire che qui i femminicidi avvengano più che in altre parti d’Italia, ma sicuramente posso dire che a Milano il fenomeno delle violenze in famiglia (parliamo quindi di donne e minori) è trasversale e attraversa qualunque strato sociale. Non è certamente un problema legato all’appartenenza a un determinato ceto sociale, ma riguarda semmai l’individualità della persona. Se la persona non sa gestire la propria rabbia inevitabilmente la manifesterà nei confronti della compagna, dei figli o dei genitori. Abbiamo avuto ad esempio molti casi di figli maggiorenni che vivono con i genitori e scaricano la propria rabbia violenta su di loro. In questi casi la soluzione è solo una: prendere atto di queste situazioni e rivolgersi ai centri specializzati per far intraprendere al maltrattante un percorso di riabilitazione. Lo dico per sottolineare che la persona violenta è una persona incapace di gestire la propria rabbia, non siamo di fronte all’incapacità psicologica di intendere o volere. Semplicemente, in questi casi, per il maltrattante è comodo scaricare i propri istinti violenti nei confronti dei soggetti che ritiene più deboli".

Nei casi di femminicidio si deve quindi parlare di atti premeditati e non, come invece spesso accade, di un raptus temporaneo?

"Certamente, non si può parlare di raptus perché sarebbe in qualche modo come giustificare il comportamento della persona violenta. Spesso si sentono espressioni come “Ha perso il controllo”, ma non è affatto così. Di solito il soggetto violento, colui che poi arriva al femminicidio, è una persona che più volte ha agito in maniera violenta ed è consapevole di aver instaurato un regime di terrore nei confronti dei propri familiari. È un suo modo abitudinario di comportamento, non un raptus temporaneo. In questo senso parlare di raptus è riduttivo e pericoloso perché può agevolare il riconoscimento di un’infermità mentale e quindi falsare un eventuale giudizio a carico del maltrattante. Non si può, per esempio, giustificare un uomo violento dicendo che è geloso e ha commesso una sciocchezza perché “ama troppo”. Piuttosto siamo di fronte a un problema di natura comportamentale da parte di persone che sfogano in questo modo la propria rabbia".

Parlando di comportamenti premeditati, a Milano sono in forte aumento i casi di abusi legati alla cosiddetta “droga dello stupro”

"Sì questo è un altro aspetto del fenomeno e purtroppo sono diversi anni che a Milano la droga dello stupro è molto presente. Qui siamo di fronte a colui che raggira la mancanza di consenso usando sostanze che annullano la capacità della vittima di autogestirsi. Io la chiamo una “rapina del consenso” perché, esattamente come nelle rapine vere e proprie, l’uomo rapina la donna della sua volontà. È una modalità terribile che negli ultimi 5 anni ha preso sempre più piede a causa del fatto che si tratta di sostanze liberamente in commercio. La droga dello stupro, nella maggiora parte dei casi, non è altro che una benzodiazepina disponibile in una qualunque farmacia, che se presa in piccole dosi serve per la cura dei pazienti, ma presa in quantità importanti diventa un sedativo potentissimo che rende la vittima totalmente incapace di gestirsi. Oltretutto l’uso di queste sostanze è pericolosissimo, perché se la vittima ha una disfunzione a qualche organo, o un’intolleranza ad alcune sostanze, rischia addirittura la morte. Purtroppo la moralità di chi commette violenza usando la droga dello stupro è talmente bassa che il soggetto non ha alcun problema a utilizzare la sostanza pur essendo consapevole dei rischi per la vittima. Uno degli aspetti più terribili in questi casi è che a volte la donna che ha ingerito le benzodiazepine resta cosciente di quanto le accade, ma non ha più il controllo del proprio corpo. Diventa come un automa, incapace di avere una qualsiasi reazione volontaria. Paradossalmente quando la vittima non ricorda la violenza l’impatto psicologico posteriore può essere persino più devastante, perché man mano che gli effetti della droga dello stupro passano si verificano come dei flashback in cui la donna ricorda di essere stata sopraffatta. Quello che mi sento di raccomandare a tutte le ragazze, soprattutto alle giovani donne che vanno in discoteche e locali con poca luce, di non perdere mai di vista il proprio bicchiere perché basta anche un solo momento di disattenzione e si cade in una di queste situazioni. Qualora invece una persona si risvegli senza ricordare cosa le sia successo la sera precedente è importante recarsi immediatamente nei centri antiviolenza per farsi visitare e verificare cosa sia accaduto".

A che punto siamo nel nostro Paese con la consapevolezza di questi problemi e perché si tende ancora spesso a giustificarli dicendo che la vittima ha avuto atteggiamenti provocatori e quindi se l’è meritato?

"Sicuramente questo tipo di considerazioni lascia il tempo che trova. Posso invece dire che in Italia l’adozione del cosiddetto “Codice rosso” (la legge 69/2019 che tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze, per atti persecutori e maltrattamenti, ndr) sta sensibilizzando moltissimo le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria riguardo al fenomeno della violenza di genere. La normativa prevede che la vittima sia ascoltata entro 3 giorni dalla denuncia, che poi viene immediatamente trasmessa all’autorità giudiziaria. Questo codice sta garantendo una sempre maggiore tutela verso chi subisce violenza e per questo lo ritengo una conquista di civiltà che ha consentito di dare la giusta importanza al dolore di queste persone. Lo dimostra li fatto che le denunce sono aumentate esponenzialmente. Anche la nuova riforma Cartabia ha portato importanti passi avanti, perché prevede l’arresto immediato per chi, come gli stalker per esempio, non rispetta le ordinanze di non avvicinamento alla vittima. Prima della riforma era prevista solamente una denuncia a piede libero che lasciava alla persona maltrattata (ma anche alle forze dell’ordine stesse) solamente un senso di impotenza. Sulla violenza di genere posso quindi dire che stiamo facendo dei progressi a livello normativo. Siamo di fronte a un processo sempre più concreto di presa di coscienza del problema, anche nei confronti dei minori coinvolti in questo tipo di situazioni. Questo aspetto è molto importante, perché spezzare la catena dell’odio generata dalla violenza di genere tutelando anche i bambini vuol dire tutelare il futuro stesso della nostra società".

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