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Omicidi Senago

Il fidanzato la lascia: lei lo fa ammazzare e murare in una villetta con l'aiuto della mafia

Scoperti killer e mandante dell'omicidio del 47enne trovato murato in una villa a Senago

Lo avrebbero attirato in Brianza, con l'inganno, facendogli credere di essere pronti a trattare con lui per affari di droga. Poi, lo avrebbero colpito, ammazzato e fatto sparire, letteralmente. Tutto soltanto perché aveva osato "offendere" la donna "sbagliata". Quella stessa donna che avrebbe chiesto aiuto ai criminali del suo paese, che hanno subito risposto presente. 

Sono stati fermati dai carabinieri di Monza e di Caltanissetta i presunti responsabili dell'omicidio di Lamaj Astrit, l'albanese di quarantasette anni il cui cadavere è stato scoperto lo scorso 15 gennaio all'interno di un pozzo artesiano dietro il muro di una villetta di pregio all'interno della "Villa degli occhi" di Senago

In manette, in esecuzione di un fermo d'urgenza, sono finiti una donna di sessantadue anni - una commerciante di gioielli di Genova ritenuta la mandante - e tre uomini, accusati di essere gli esecutori materiali. Insieme a loro, tutti accusati a vario titolo di omicidio premeditato e occultamento e distruzione di cadavere, nell'indagine sono finite altre quattro persone, che sono già in cella per altri motivi: tre di loro avrebbero partecipato all'esecuzione, mentre un altro avrebbe preso parte soltanto alle fasi successive, aiutando i complici a far sparire il corpo.  

Video | Il cadavere nascosto dietro al muro della villetta

La confessione del pentito siciliano

Le luci sul delitto si sono accese lo scorso 1 ottobre: quel giorno un uomo, un pentito arrestato nell'ambito di un'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, ha iniziato a confessare di aver partecipato a un omicidio avvenuto il 15 gennaio del 2013 a Muggiò. 

Il cadavere della vittima, ha spiegato lo stesso collaboratore di giustizia, era stato nascosto dietro il muro di una casa di Senago, in cui in quel periodo lui lavorava come manovale per una ditta che stava compiendo alcuni lavori di ristrutturazione.  

A quel punto, gli investigatori - coordinati dalla pm Luisa Zanetti della procura di Monza - hanno iniziato tutti gli accertamenti e a gennaio hanno recuperato il corpo e lo hanno identificato, scoprendo che si trattava di Lamaj Astrit, un albanese residente a Genova che al momento della morte aveva quarantuno anni e la cui scomparsa era stata denunciata dal fratello il 19 gennaio del 2013

Lo "sgarro" alla "donna sbagliata"

I militari, in pochissimo, sono riusciti a ricostruire il puzzle dell'orrore che ha portato all'uccisione dell'uomo, con alcuni precedenti per droga.

La sua "condanna a morte", stando alle indagini, l'aveva firmata l'anno prima, quando aveva deciso di troncare la relazione con una 62enne siciliana residente a Genova da trenta anni, dove gestiva un negozio "Compro oro". 

Quella scelta non era andata giù alla ex, che lo accusava anche di averle rubato alcuni gioielli e che già anni prima aveva fatto picchiare un altro uomo che l'aveva lasciata. Così, la donna, stando alle indagini, si era subito rivolta alle famiglie mafiose di Riesi - sua città di origine - per chiedere che quello "sgarro" venisse punito. 

Gli uomini del clan Cammarata, la famiglia che storicamente rappresenta Cosa Nostra nel piccolo paesino in provincia di Caltanissetta, si erano riuniti e - secondo quanto riferito dai militari di Caltanissetta - avrebbero deciso di accogliere la richiesta della compaesana. 

La trappola, l'omicidio e il cadavere distrutto

Il 15 gennaio 2013, dopo che alcuni riesini erano arrivati in Brianza, era scattato il "blitz". Lamaj era partito da Genova ed era andato in un box di Muggiò per una finta trattativa per l'acquisto di una partita di droga. Appena arrivato, sarebbe stato colpito alla testa, immobilizzato da sei persone - tutte con origini di Riesi - e strangolato con un filo di nylon. 

Il gruppo avrebbe quindi caricato il corpo in un'auto e lo avrebbe portato a "Villa degli Occhi", dove in quel momento c'erano dei lavori in corso, facendolo sparire nel pozzo dietro al muro. Ad aprire la strada agli altri sarebbe stato proprio il pentito, che all'epoca lavorava lì come operaio ed era in possesso delle chiavi della struttura. 

Quel cadavere è rimasto lì per sei lunghi anni, senza che nessuno si accorgesse di nulla e senza che killer e mandanti pagassero per quell'orrore. La loro fuga è finita mercoledì, quando i carabinieri hanno chiesto e ottenuto un provvedimento d'urgenza: uno dei killer è stato preso a Enna, mentre gli altri due sono stati fermati a Monza.

La mandante, invece, i militari l'hanno bloccata all'aeroporto Colombo di Genova: lei, da lì a poco, sarebbe partita per il Brasile.

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