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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Stagno d'Alcontres a processo: 72 braccianti come schiavi nella sua StraBerry

La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per caporalato su oltre 70 lavoratori

Schiavi, letteralmente, a una manciata di chilometri dal centro di Milano dove nessuno immaginerebbe mai che il caporalato potesse prendere piede. E invece Guglielmo Stagno d'Alcontres, nella sua StraBerry, secondo l'accusa, è riuscito a mettere su un sistema che ricorda molto quanto accade con molta più frequenza altra latitudini. 

La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per caporalato su oltre 70 lavoratori per Stagno d'Alcontres, 33enne di origini messinesi, ex bocconiano e fondatore dell'azienda 'start up' che si "vendeva" come innovativa per il marketing e le serre fotovoltaiche nei suoi terreni di Cascina Pirola a Cassina De' Pecchi, nel Milanese. Il business era la coltivazione di fragole, mirtilli, lamponi e more che venivano venduti in centro a Milano su Apecar.

La richiesta di processo, firmata dal pm Grazia Colacicco, riguarda anche altre tre persone, tra cui la madre del giovane imprenditore, e in più, per la responsabilità amministrativa degli enti, anche la Società agricola Cascina Pirola srl.

La startup da 7 milioni e mezzo di euro era stata posta di nuovo sotto sequestro a inizio agosto. Per il giudice al momento vi è "una sostanziale impossibilità di funzionamento dell’azienda" per via dell'assenza "di una vera e propria governance" capace di gestirla. La decisione del magistrato è arrivata dopo il rinvio a giudizio degli imputati nel processo. Il controllo giudiziario era stato rimosso dal gup che aveva la richiesta del pm.

Per il giudice, in questo momento la mancanza di una gestione corretta ha provocato "il manifestarsi di tensioni in seno" ai lavoratori e "la sostanziale inattività da parte di chi doveva svolgere le mansioni di datore di lavoro". Il secondo sequestro, che è stato eseguito dalla guardia di finanza.

Il caporalato a Milano

"Siamo un’impresa giovane ed innovativa che rappresenta la più grande realtà in Lombardia che coltiva frutti di bosco". E ancora: "Operiamo nell’assoluto rispetto dell’ambiente utilizzando l’energia solare prodotta dai pannelli fotovoltaici posti sopra le serre". Un lavoro certosino, rispettoso della natura, tanto che "sia nel 2013 che nel 2014" era arrivato da Coldiretti "il riconoscimento Oscar Green, come azienda agricola innovativa ed attenta alla sostenibilità ambientale".

Questo finche nel agosto del 2020 i finanzieri non hanno scoperto quello che loro stessi in una nota definiscono un "sistematico sfruttamento illecito della manodopera agricola". Tra il ritratto fatto dai proprietari della StraBerry e quello tinteggiato da investigatori e inquirenti c'è un mondo di differenza. I fondatori parlano di "campi a soli 15 chilometri dal Duomo", di premi come "produttore di qualità ambientale del Parco Agricolo Sud Milano", di visite guidate, di apecar che vanno in giro per la città a consegnare i prodotti e di "impegno a favore dell’ambiente, del territorio e del paesaggio". 

I braccianti al lavoro nei campi

I finanzieri, invece, raccontano di braccianti costretti a lavorare nei campi per più di 9 ore al giorno e per una paga di 4 euro all'ora in "degradanti condizioni d’impiego nei campi" e sempre "soggetti alla continua vigilanza dei responsabili" che li costringevano "a sforzi fisici oltremodo gravosi, tesi a velocizzare la raccolta dei frutti e in spregio alle norme anti covid 19 sul distanziamento sociale".

Stando alle indagini gli "schiavi", tutti stranieri, venivano pagati 4 euro all'ora per lavorare nei campi, non avevano servizi igienici a disposizione, erano sottoposti a metodi di sorveglianza e insultati, se parlavano, ricaricavano il telefono o bevevano acqua, con espressioni come "ne... di mer... animale, africano di me...".  Quegli stessi "schiavi" spesso venivano assunti per due giorni di prova senza retribuzione e poi allontanati senza nessun motivo in una sorta di turn over a costo 0 per la società.

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