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Cronaca

Prostituta accusata dell'omicidio di un cliente: riaperto il caso

La donna è in carcere

Il cliente aveva già narcotizzato altre donne, quindi una perizia dovrà accertare se in una bottiglia d'acqua trovata in auto ci siano o meno tracce di veleno narcotizzante. La difesa di Fize Lushi, una prostituta albanese di 22 anni che si trova in carcere da 9 mesi con l'accusa di aver ucciso un cliente dopo un rapporto sessuale, fa riaprire il caso.

I giudici della prima Corte d'Assise di Milano, infatti, hanno accolto l'istanza dei legali della donna, gli avvocati Giovanni Marinosci e Marziano Pontin, di eseguire nuovi accertamenti: la difesa sostiene che l'albanese sia stata addormentata dall'uomo, Salvatore Cercabene, che aveva 44 anni, e che non sia stata lei ad ucciderlo.

Il corpo di Cercabene, senza particolari segni di violenza, era stato rinvenuto seminudo, alle prime ore dell'alba, all'interno della sua auto il 21 giugno dello scorso nella periferia di Milano, in zona Bruzzano. I primi rilievi avevano permesso di chiarire che la morte era avvenuta durante la consumazione di un rapporto sessuale e il cappio trovato al collo aveva fatto dubitare ad un gioco erotico finito male.

Sull'auto erano poi stati rinvenuti abiti e indumenti intimi di una donna. L'identificazione della prostituta albanese era stata possibile grazie alle telecamere della zona che avevano ripreso una ragazza nuda camminare a passo spedito in direzione opposta rispetto a dove era stata rivenuta l'auto con il cadavere.

Individuata e accompagnata in caserma, la donna aveva confermato di avere avuto un rapporto sessuale con l'uomo ma aveva spiegato che Cercabene l'aveva colpita con dei pugni e poi si era addormentata e quando si era svegliata, era fuggita approfittando del fatto che il suo aggressore si fosse addormentato.

Il pm Alessandra Cecchelli si era opposto alla perizia spiegando che "anche ammesso che la donna sia stata narcotizzata, non si capisce poi da chi sarebbe stato ucciso l'uomo". Sulla stessa linea il legale di parte civile dei familiari di Cercabene, l'avvocato Fabio Schembri, che ha parlato di "20 colpi sferrati con un corpo contundente" contro l'uomo, che sarebbe morto poi per "asfissia meccanica", forse strangolato.

Ma l'uomo era già stato condannato in passato "a 6 anni per aver abusato di una prostituta dopo averla narcotizzata".​

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