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Cronaca

Dal "negro" da pestare al caos: i ragazzi (della Milano bene) che volevano far tornare il duce

Smantellata l'organizzazione eversiva Avanguardia rivoluzionaria: "Le nostre idee sono estreme anche per i camerati". Chi sono i 20enni finiti nei guai

Mercoledì 16 giugno, giorno in cui l'Italia aveva battuto la Svizzera 3-0 agli Europei, doveva essere la sera del loro "esordio". Un "esordio" mascherato, in incognito, ancora non palese, ma che doveva significare il primo passo verso il caos che avrebbe portato all'inizio della loro rivoluzione. Per scendere in campo avevano preparato tutto: manganelli, una lama, passamontagna e due figurine speciali, una con il volto di Adolf Hitler, un'altra con quello di Benito Mussolini. Perché in fondo era così che il loro sogno si sarebbe realizzato: con il ritorno del duce, con il popolo stesso - nelle loro congetture mentali - costretto a chiedere l'avvento, anzi il ritorno, di un dittatore per mettere fine al disordine. 

Desideri di dittatura, voglie di suprematismo bianco, nate e cresciute nella testa di quattro milanesi poco più che ventenni, tutti ragazzi di buona famiglia, tutti con anni passati nelle migliori scuole di Milano. Tutti, giovedì mattina, colpiti da un'ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Manuela Tagano su richiesta del capo della sezione distrettuale antiterrorismo della procura di Milano, Alberto Nobili, e del pm Enrico Pavone. 

I ragazzi della Milano bene che sognavano Hitler

Nei guai - sono tutti sottoposti all'obbligo di dimora con obbligo di presentazione alla polizia - sono finiti due ragazzi di 20 anni e due amici di 21, che devono rispondere delle accuse di associazione a delinquere, articolo 416, e "propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa", articolo 604. I quattro, secondo le indagini della Digos meneghina, guidata dal dirigente Guido D'Onofrio, avrebbero infatti messo in piedi un'organizzazione eversiva ispirata ai gruppi suprematisti americani con l'obiettivo, per nulla nascosto, di instaurare un nuovo ordine mondiale di matrice nazifascista. 

A capo del gruppo, ribattezzato "Avanguardia rivoluzionaria", c'era il 20enne Giulio, ex "ragazzotto" di CasaPound, studente universitario di scienze politiche a Trieste, che aveva scelto il nome di battaglia di "Comandante G.". Il suo secondo era Luca, 21 anni, attivo in passato in "Blocco studentesco" e noto come "Maggiore Volpi". Sul terzo gradino c'era Aleksij, anche lui 20 anni, a cui spettava il compito - come ricostruito dalle carte dell'inchiesta - di "reclutare altri militi" potendo vantare "ruoli esecutivi ed operativi nell'organizzazione". E per stare in quell'organizzazione il 20enne aveva scelto un nome tetro, sinistro: Breivik, un omaggio al terrorista norvegese - suprematista bianco - che nel 2011 aveva ucciso 77 persone in Norvegia. Il quarto degli identificati - ma i "militi" sarebbero molti di più - è il 21enne Tommaso, coinquilino del capo a Trieste, dove studiano insieme, e ribattezzato "Milite Zucht". 

L'indagine partita dai cellulari

I fari della Digos sui quattro si sono accesi seguendo un'indagine della procura di Roma, dalla quale era emerso un contatto tra un sospettato e proprio il "Comandante G.". Partendo da lì, gli investigatori hanno rimesso insieme le tessere del puzzle, arrivando a quei ragazzi che - parlando tra loro - ammettevano che "spesso le nostre idee sono estreme anche per i camerati, ma ciò vuol dire che sono quelle veramente rivoluzionarie". 

E la loro rivoluzione, per dirla con le parole di Alberto Nobili, "doveva mirare al sovvertimento", al caos perché "il loro desiderio finale era la nascita di un nuovo Hitler o un nuovo Mussolini" anche se - si raccontavano tra di loro - "ci vorranno tre o quattro anni di terrore e violenza finché la gente invocherà un nuovo duce". 

Lo "sporco negro" da pestare (ma non uccidere)

E il caos erano pronti a provocarlo loro stessi. Stando a quanto accertato dalle indagini, infatti, i quattro avevano individuato un ragazzo di colore, musulmano e frequentatore dei centri sociali, uno "sporco negro" - così lo chiamavano - da massacrare di botte ma senza colpirlo in testa per non correre il rischio di ucciderlo. 

Quell'azione doveva essere, così l'ha definito il pm, "una sorta di biglietto da visita occulto" della nascita di "Avanguardia rivoluzionaria" ed era stata decisa durante un incontro a Parco Sempione, nel quale il capo aveva parlato della necessità di passare alla "realpolitik", all'azione.

La sera scelta per il pestaggio di quello che "è un musulmano di merda che non dovrebbe neanche stare nella nostra nazione" qualcosa però era andato storto. Scesi in strada con armi e "santini" di Hitler e Mussolini, i quattro si erano resi conto che c'era troppa gente a causa della partita dell'Italia e così avevano deciso di temporeggiare. Ma proprio in quegli istanti, fingendo un normale controllo di polizia, una Volante li aveva fermati in via della Moscova e identificati tutti, sequestrando tutto ciò che il "Comandante G." e i suoi nascondevano in due zainetti preparati per l'occasione.

Così gli investigatori sono riusciti a mettere le mani anche su una sorta di statuto del gruppo, sul giuramento al quale dovevano sottoporsi i "militi" e su tutta una sere di consigli per evitare di essere intercettati, oltre che sulle caratteristiche necessarie per i nuovi "affiliati", dal rifiuto delle droghe al fisico in forma fino alle abilità nella lotta corpo a corpo. 

La pistola da modificare e il viaggio in Svizzera

Perché la "lotta" nelle idee dei quattro non era affatto esclusa ed erano pronti ad "abbracciarla" se fosse servita alla realizzazione dei loro piani. Tanto che, dopo aver cercato di estorcere poco più di mille euro a un ragazzino per trovare fondi per i loro progetti, i quattro avevano anche acquistato una scacciacani con l'obiettivo di modificarla per trasformarla in una calibro 9, "strizzando" l'occhio al mondo della droga e delle armi per ricavare soldi da reinvestire. 

Ma non solo. Forse consapevoli di essere ancora inesperti - per quanto abili oratori e ragazzi di cultura -, i giovani di Avanguardia rivoluzionaria avevano deciso di guardare anche all'estero e a maggio uno di loro era partito per la Svizzera per incontrare i neonazisti di Junge Tat in una sorta di campo di addestramento che si era poi concluso con uno scontro con una quindicina di antifascisti elvetici. 

"I venticelli ideologici..."

Neanche quello, però, aveva spento la loro voglia di caos. Quel "venticello ideologico - la metafora usata dal capo dell'antiterrorismo - che si può trasformare in qualcosa di deflagrante" e che chissà in cosa si sarebbe trasformato se i quattro fossero riusciti a picchiare lo "sporco negro" in quello che doveva essere l'inizio del loro progetto, da rivendicare in un secondo momento. 

Seguendo l'accelerazionismo e l'identitarismo - secondo cui solo la violenza può rovesciare la società occidentale ormai corrotta - avrebbero poi aspettato che il caos facesse il suo corso. E nei loro sogni da neofascisti e neonazisti avevano anche già individuato quando tutto sarebbe crollato: nel 2026, anno in cui la crisi si sarebbe materializzata. Anno in cui, secondo loro, il popolo avrebbe chiesto un nuovo duce. 

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