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Cronaca

Ragazzi sospesi nel vuoto a centinaia di metri da terra: la folle 'sfida' sui grattacieli di Milano

"Scalate" abusive agli edifici più alti della città e immagini postate sui social: la nuova "moda"

Uno di loro, soltanto un paio di mesi di fa, scriveva sui social "io dovrò morire quando per me sarà tempo di morire, quindi lasciatemi vivere la mia vita come voglio" sotto la foto di lui impegnato in una verticale su un tetto con dietro la torre Solaria e l'Unicredit tower. Un altro, anche lui giovanissimo, si chiedeva cosa fosse "la vita senza rischio" mostrando una sua immagine mentre è in equilibrio - precario - su un'impalcatura e quasi duecento metri da terra. Sì, perché loro "il rischio" lo amano, lo cercano, lo desiderano. 

La "sfida" dei giovani ai grattacieli

Loro sono i ragazzi che negli ultimi mesi hanno iniziato a sfidare i grattacieli di Milano, cercando di raggiungere vette sempre più alte dalle quali guardare la città. Le regole del "gioco" sono semplici: basta entrare in un edificio o in un cantiere, trovare il modo di arrivare fino al tetto o alla terrazza e poi scattare una foto o un video da pubblicare in rete, con gli hashtag - eloquenti - "roof", "rooftop", "roofculture". Le mete preferite sono facile da individuare: i palazzi più alti attorno al Duomo, le nuove costruzioni di CityLife e i tetti di Porta Nuova.

Video | La scalata allo Storto: in equilibrio a 175 metri da terra

E in questa sorta di parkour estremo c'è chi resta sospeso su un filo nel vuoto. A giugno scorso, due ragazzi - sono stati loro stessi a riprendere la loro impresa - hanno deciso di sfidare lo Storto e i suoi 175 metri. E per festeggiare la conquista del tetto uno di loro ha deciso di farsi immortalare su una sorta di impalcatura con la città sotto i suoi piedi, con la foto che poi - naturalmente - è finita sui social. 

Perché Facebook e Twitter sono le piazze virtuali dove i giovani "scalatori" condividono e celebrano le loro "imprese" e pazienza se quelle stesse imprese siano illegali e decisamente rischiose.

"Purtroppo sempre più spesso i giovani affidano le loro imprese estreme ai social in cerca di conferme - l'amara constatazione di Fabiola Minoletti, vicepresidente del coordinamento dei comitati milanesi -. E questo scatena pericolose emulazioni".
 

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