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Cronaca

Sequestro da quasi 2 mln e 16 arresti, a Milano la maxi operazione anti 'ḥawāla'

A scoprire il gruppo criminale che attraverso questo metodo perpetrava reati come riciclaggio e frode fiscale, con flussi da 100 milioni di euro, la guardia di finanza

Un sequestro preventivo di quasi 2 milioni di euro e 16 persone finite in manette. Questo il bilancio della maxi operazione della guardia di finanza, battezzata 'Cash Away', che ha smantellato un gruppo criminale, con base a Milano e nell'hinterland, dedito al riciclaggio e all’abusivismo finanziario con il metodo 'ḥawāla' (il sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull'onore di una vasta rete di mediatori, localizzati principalmente in Medio Oriente, Nord Africa, nel Corno d'Africa ed in Asia meridionale).

Al sodalizio, su delega della procura della Repubblica milanese, sono stati sequestrati preventivamente immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa 1,7 milioni di euro. In base a quanto emerso dalle indagini dei militari, il sodalizio, particolarmente strutturato, operava sia in Italia sia all'estero, venendo promosso e organizzato da due broker 'ḥawāla' di origini egiziane, per raccogliere e trasferire ingenti risorse finanziarie di origine illecita, riciclare denaro 'sporco', emettere e utilizzare fatture di operazioni inesistenti di società create ad hoc.

Il modus operandi del gruppo criminale

Le investigazioni, originariamente avviate dalle fiamme gialle per accertare infiltrazioni della criminalità di origine straniera nel tessuto economico lombardo, hanno consentito di ricostruire due distinte modalità utilizzate per la raccolta e trasferimento di denaro di provenienza illecita. Innanzitutto, è emerso che i due broker, mediante 'ḥawāla' classica, in violazione della normativa finanziaria vigente in Italia in assenza delle previste autorizzazioni, per conto dei clienti raccoglievano e trasferivano in Italia e all’estero – Egitto, Spagna, Malesia – ingenti somme di provenienza illecita. Ciò avveniva attraverso la compensazione di partite finanziarie e l’utilizzazione di 'codici', noti solo ai soggetti interessati, che i clienti dovevano comunicare ai broker per dare corso alle operazioni; a fronte di tali prestazioni, i broker percepivano una commissione variabile tra il 2 e il 5 per cento.

Per quanto riguarda la seconda modalità, invece, ricorrendo a una 'ḥawāla' complessa i broker consegnavano le somme di denaro, ricevute in contanti dai clienti, a imprenditori italiani compiacenti; questi ultimi provvedevano a disporre bonifici, per importi equivalenti, a società terze, italiane o estere, indicate dagli stessi clienti, sovente giustificando, sul piano contabile, le movimentazioni finanziarie in uscita annotando fatture risultate riferite ad operazioni inesistenti, essendo emersa l’inconsistenza dei sottostanti rapporti economici. Talvolta, gli imprenditori ripetevano, specularmente, le stesse operazioni di trasferimento verso società facenti capo a soggetti definiti 'terzi terminali', conferendo loro denaro contante,
a fronte della disposizione, da parte di questi ultimi, di bonifici, anche in tal caso formalmente giustificati, a catena, mediante l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti.

Le somme trasferite illecitamente venivano riciclate in varie parti del mondo attraverso rimesse finanziarie destinate a società estere, localizzate in Repubblica Ceca, Malesia, Francia, Danimarca e Belgio. La complessiva attività investigativa ha consentito di ricostruire circa 100 milioni di euro di flussi finanziari movimentati su 193 rapporti utilizzati dai membri dell’associazione criminale. Attraverso l’analisi dei dispositivi sequestrati dalla polizia giudiziaria, inoltre, è emerso come gli indagati avessero stipulato accordi di fatturazione fittizia per oltre 3 milioni di euro. Attualmente circa cento finanzieri sono impegnati nell’esecuzione di oltre 20 perquisizioni locali e domiciliari, con il supporto dei reparti di Lombardia, Veneto e Toscana.

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