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Cronaca Trenno / Via Novara

Inter-Napoli, c'è stato un appuntamento tra ultras per la battaglia di via Novara?

L'ipotesi prende corpo. Il precedente di Verona e la "moda" europea delle frange più violente delle tifoserie

E' stato davvero un agguato interista quello perpetrato la sera di Santo Stefano in via Novara, a Milano, all'angolo con via Fratelli Zoia? O si è trattato, invece, di un appuntamento, un regolamento di conti concordato in precedenza tra ultras dell'Inter e del Napoli? Le serrate indagini in corso, iniziate la stessa notte, per il momento non rispondono a questo interrogativo, che però prima o poi occorrerà affrontare se si vuol sapere davvero come sono andate le cose e come prevenire, in futuro, simili episodi.

Perché è facile dire che "pochi esagitati non rappresentano l'intera curva" (vero), ma intanto rischiano di mettere in pericolo la fruizione di una partita di calcio da parte di decine di migliaia di persone, allontanando dagli stadi le famiglie e i bambini. Si tratta quindi di qualcosa che va affrontato dalla giusta angolazione e prospettiva, non da quella sbagliata, se lo si vuol combattere sul serio.

Nell'immediatezza, il questore di Milano Marcello Cardona non ha avuto dubbi: "Agguato ignobile e squadristico", ha affermato davanti ai giornalisti. Di certo preparato: non si radunano cento persone se non c'è un'organizzazione a monte, e per di più sembra assodato che le armi degli interisti fossero state preventivamente nascoste al Parco del Fanciullo e distribuite poco prima degli scontri.

Appuntamento tra ultras?

Il punto però non semba tanto esser questo, quanto l'origine, la radice dell'agguato. Francesco Ceniti, sulla Gazzetta, esprime a chiare lettere quello che molti hanno pensato in queste settimane, e cioè che in qualche modo le due curve si fossero date appuntamento. La procura e gli investigatori della Digos sono concentrati nell'individuare il numero maggiore possibile di partecipanti allo scontro (potrebbero essere stati quasi 200 tra interisti e napoletani), una risposta comunque doverosa visto che, oltretutto, c'è scappato il morto. 

Per tutti gli indagati l'accusa formale è di omicidio volontario: così potranno partecipare con legali di parte all'autopsia di Daniele Belardinelli, l'ultrà varesino investito da (sembra) due auto e morto poco dopo all'ospedale San Carlo. Quando i contorni (anche degli investimenti) saranno più chiari, sarà anche possibile, forse, stabilire se si sia trattato realmente di omicidio volontario o, piuttosto, di omicidio stradale. Per ora non è nemmeno chiaro se gli investitori fossero due o uno solo. Di certo due auto sono state (con diversi giorni di lavoro sui filmati) individuate a Napoli, sequestrate e indagati gli occupanti.

Uomo a terra, l'alt al combattimento

L'alt ai combattimenti è arrivato proprio dai tifosi del Napoli, che si sono accorti di Belardinelli immobile a terra e lo hanno segnalato agli avversari. "Basta, basta!", sembra abbiano urlato all'unisono da entrambe le parti, mentre i tifosi dell'Inter soccorrevano il loro compagno e lo trasportavano al San Carlo in auto. Ma prima? Prima, appunto, è probabile che ci si trovasse davanti a un appuntamento tra due tifoserie che, di sicuro, non si amano per nulla. 

Marco Piovella, capo dei Boys San e membro del direttivo della curva Nord, ovviamente non ha spiaccicato parola, tranne che per riferire dell'investimento di Belardinelli e dei soccorsi. Codice da ultras rispettato alla perfezione. Un altro degli arrestati, Luca Da Ros, ha invece parlato facendo soprannomi di capi ultras, tra cui "il Rosso", cioè lo stesso Piovella, e ciò ha permesso ai magistrati di mettere sotto indagine diverse persone. Ma nulla che potesse sbrogliare la matassa dell'organizzazione. Di cui Da Ros ha spiegato i dettagli "finali", dal ritrovo al pub al trasferimento in via Novara alla consegna delle armi, senza aggiungere alcunché sul prequel. Di cui, comunque, è probabile che nulla sapesse, dato che non ha alcun ruolo operativo in curva.

Il precedente: Verona-Roma

Fa propendere per l'ipotesi dell'appuntamento anche la considerazione che uno dei mini van dei napoletani fosse pieno di armi. A che cosa sarebbero servite, se non allo scontro urbano con l'opposta fazione? La realtà è che questi appuntamenti tra ultras sono ormai "di moda" in Europa (sembra importati dalla Russia), e i Daspo non possono impedirli. Tant'è vero che Piovella era colpito da Daspo, ma ciò non gli ha impedito di trovarsi in via Novara. Anzi, è quasi pù "comodo" darsi battaglia lontano (relativamente) dagli stadi: non si coinvolgono gli altri tifosi e si dà meno nell'occhio con le forze dell'ordine.

Francesco Ceniti, sulla Gazzetta, ricorda un importante precedente italiano: il 4 febbraio 2018, a Verona, prima del match tra Hellas e Roma al Bentegodi, le due tifoserie si erano pesantemente scontrate. Nell'immediatezza erano stati fermati 21 romanisti, mentre i veronesi, resisi irreperibil, sono stati poi denunciati a giugno. Si è poi saputo che lo scontro era stato concordato tra le frange più violente delle due tifoserie, a tal punto che la domenica successiva nella curva dell'Hellas Verona è apparso uno striscione di solidarietà ai 21 romanisti fermati. Segno che la moda delle battaglie urbane è ormai entrata anche in Italia. E tutto fa pensare che gli scontri di via Novara tra ultras dell'Inter e del Napoli siano da ascrivere proprio a questo contesto.

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