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Cronaca

Sei giorni sopra una gru Il calvario dei 4 operai della Innse

Vivono da sei giorni sopra un carro ponte. Il caldo e zanzare è il disagio maggiore nelle lunghe notti passate lassù. Le famiglie chiedono di poter entrare per vedere come stanno ma ciò gli viene negato dalle forze dell'ordine. Ecco il calvario dei 4 operai della Innse

Dopo tante attese è arrivato il lieto fine, per i 4 operai che da giorni stazionavano giorno e notte su un carro ponte della Innse. A mezzanotte arriva la notizia dalla Prefettura. Accordo raggiunto, la Innse viene acquistata da una cordata guidata dalla Camozzi di Brescia.

La Innse non verrà smantellata, tutti i posti di lavoro sono salvi, cassa integrazione e ammortizzatori sociali, tutte le richieste dei sindacati sono state accolte. La produzione ripartirà a settembre. Ora c'è tempo di festeggiare, con i 4 operai finalmente giù dalla gru e tra le braccia di parenti e amici.

Aggiornato alle ore 7.30 del 12 agosto


"Stiamo finalizzando gli ultimi dettagli e stiamo facendo una sintesi", a parlare è ancora l'avvocato Claudio Tatozzi.

Il legale ha spiegato che "c'é stato un riavvicinamento delle posizioni", aggiungendo che "ci sono vari tavoli aperti sui quali non ci si può sedere contemporaneamente e quindi questo richiede tempo".

Una conclusione della trattativa potrebbe arrivare nel tardo pomeriggio.

Intanto rimane alta la tensione davanti alla Innse dove sono ancora sulla gru i 4 operai e il rappresentante sindacale. Ad aggiungere benzina sul fuoco c'è stata la rissa tra alcuni extracomunitari scoppiata in una casa occupata a pochi metri dallo stabilimento industriale.

Aggiornato alle ore 15.00 del 11 agosto

"La trattativa sta andando avanti, é una vicenda complessa, ma posso dire che c'é l'impegno di tutti gli interlocutori e la volontà di giungere a un accordo", parla  l'avvocato Claudio Tatozzi, che rappresenta il gruppo Camozzi e altri soggetti nella trattativa per una possibile acquisizione della Innse di Milano.

Gli incontri tra le parti in prefettura sono stati aggiornati a oggi. I tre punti su cui il gruppo Camozzi sembra decisa a portare avanti il confronto cono: i macchinari, l'area e i dependenti.

Sull'area, di cui la Camozzi vorrebbe la piena disponibilità, emergono alcune indiscrezioni: l'area attorno alla fabbrica è di proprietà del gruppo immobiliare Aedes e rientra in un piano di riqualificazione urbana approvato in passato e per il quale sono già state disposte indicazioni sulle volumetrie.

Il terreno sarebbe destinato a terziario-produttivo e prevederebbe anche la riqualificazione con verde pubblico e parchi. Il gruppo Aedes a fronte della richiesta del compratore, avrebbe chiesto all'amministrazione comunale una compensazione rispetto al piano urbanistico e alle volumetrie già stabilite.

Aggiornato alle ore 10.30 del 11 agosto

E' una trattativa serrata quella in corso da questa mattina presso la Prefettura di Milano.  Una discussione che si sta muovendo su tre punti: i macchinari, l'area, i dipendenti.

Sui macchinari la società interessata all'acquisto, la bresciana Camozzi, li vorrebbe rilevare tutti. e questo costituisce forse il princiapale ostacolo alla buona riuscita dell'accordo nel momento in cui 7 dei macchinari della Innse sono già stati venduti.

La Camozzi poi vorrebbe la disponibilità intera dell'area dello stabilimento e qui entra in gioco la volontà della società Aedes, di affittare o vendere il terreno.

Ultimo punto riguarda l'occupazione, l'acquirente vuole discutere ammortizzatori sociali per il graduale riavvio dell'Innse milanese con l'obiettivo di reimpiegare, alla fine, tutti i lavoratori presenti.

Nel pomeriggio è previsto l'intervento dei sindacati in Prefettura.

Aggiornato alle ore 15 e 30 del 10 agosto

Sarebbe il gruppo Camozzi di Brescia il possibile acquirente della Innse di Milano. I rappresentanti della Camozzi, gruppo che opera, tra le altre cose, nel settore della pneumatica, delle macchine utensili, del tessile e dell'energia, starebbero trattando in queste ore.

Aggiornato alle ore 13 e 30

E' cominciato verso alle 9.30 l'incontro in Prefettura a Milano per cercare una soluzione industriale per la fabbrica. All'incontro in Prefettura sta partecipando sia l'imprenditore Silvano Genta, proprietario della Innse, e il possibile acquirente che è comparso nella trattativa per rilevare l'azienda sabato scorso.

Intanto rimane sempre più al limite del sopportabile la situazione dei 4 operai che assieme ad un rappresentante delle Fiom si trovano da sei giorni su un carro ponte dentro l'azienda.

Questa notte ci si è messo pure il maltempo, un temporale ha distrutto i gazebo davanti allo stabilimento ma sono stati ricostruiti in mattinata dai lavoratori che sostengono la protesta.

Intanto stanno arrivando davanti alla fabbrica alcuni operai di altri stabilimenti del milanese, come quelli della ditta Lares di Paderno Dugnano che hanno espresso solidarietà con la lotta dei lavoratori della Innse.

Aggiornato alle ore 12.00 del 10 agosto


E' una passerella larga mezzo metro e lunga circa otto metri e mezzo e una cabina adibita a contenere una sola persone. Questo l'habitat da sei lunghi giorni dei 4 operai della Innse saliti per protestare contro l'occupazione e lo smantellamento della fabbrica dove lavorano. Con loro anche un funzionario Fiom.

E' un ambiente, polveroso e caldo che viene preso d'assalto da sciami di zanzare alla sera. Tutti i giorni, racconta Gino, un collega dei quattro operai, in presidio all'esterno dello stabilimento, "le loro mogli rivolgono ai funzionari delle forze dell'ordine la richiesta di poter entrare nel capannone per vedere come stanno e parlare con loro lassù, cosa che non viene concessa".

"Il caldo di questi giorni è il loro problema principale", dice Roberto Madonini, delegato sindacale in contatto telefonico costante con loro, "le porte del capannone non si possono aprire e così non entra aria".

Si spogliano della tuta e del casco che indossavano quando sono saliti ma devono rivestirsi la sera quando arrivano sciami di zanzare. Il bagno è lo stesso carro ponte e non si possono lavare se non con le bottigliette d'acqua che forze dell'ordine e vigili del fuoco gli fanno avere assieme al cibo.

 Questo perchè: "Il primo giorno forse - racconta Madonini - uno di loro è sceso, da quel che sappiamo. Per andare in bagno, come si dice. Ma poi tutti insieme hanno deciso che non sarebbero più tornati giù, perché probabilmente non li avrebbero fatti risalire".

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