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Cronaca Abbiategrasso

I pusher e la legge del sangue: botte ai tossici che non pagano, coltellate ai rivali

In manette sette persone. Così, tra sangue e violenza, gestivano lo spaccio ad Abbiategrasso

Affari e botte. Droga e sangue. Violenza per chi cercava di opporsi al loro predominio. Violenza per chi cercava di fare il furbo, rimandando - troppo, secondo loro - il pagamento di quella dose "concessa" a credito e poi "riscattata" con altra violenza. Altro sangue.

Sei uomini - quattro cittadini egiziani e due italiani - sono stati arrestati all'alba di giovedì con le accuse, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, rapina aggravata, estorsione e lesioni personali aggravate perché ritenuti parte di una banda che nell'ultimo paio di anni aveva imposto il proprio dominio su Abbiategrasso, gestendo lo spaccio nella cittadina del Sud Milano. 

I nomi dei sei - cinque ora in carcere e uno ai domiciliari - sono finiti in un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Pavia dopo una lunga inchiesta dei carabinieri della compagnia di Abbiategrasso, guidati dal tenente Leonardo Miucci. Il lavoro dei militari era iniziato la notte del 2 agosto 2020, quando due gruppi si erano sfidati in via Podgora a calci, pugni e coltellate. Sull'asfalto erano rimaste tre persone, tutte ferite da fendenti alla testa, al collo e all'addome. 

Gli investigatori avevano immmediatamente ipotizzato che dietro quella ferocia ci fosse una faida per il controllo delle piazze di spaccio in paese, dove arrivano anche clienti dall'hinterland di Milano e dalla provincia di Pavia. L'intuizione si è poi rivelata giusta e i carabinieri, tessera dopo tessera, sono riusciti a ricostruire il puzzle arrivando ai componenti della banda. A guidare il gruppo due fratelli, uno dei quali - secondo l'inchiesta - aveva il compito di gestire tutte le attività e di assoldare i "cavallini" che si occupavano poi della vendita al dettaglio. Lo spaccio avveniva secondo le modalità classiche. Il primo contatto via telefono - con i clienti che pian piano diventavano fidelizzati - e poi la consegna in strada o, in alcuni casi, a domicilio con una sorta di servizio delivery.

E, come mostrato la notte del 2 agosto, se c'era da far ricorso alla violenza la banda non si faceva problemi. Tanto contro i rivali, quanto contro i clienti. Durante le indagini, infatti, i carabinieri hanno accertato che almeno due tossicodipendenti erano stati rapinati perché colpevoli di non aver pagato una dose che i pusher avevano ceduto loro con la promessa di ricevere i soldi poco dopo. Così, uno ero stato preso a calci e schiaffi e poi scippato del denaro, mentre un altro era stato derubato del telefono e di una bicicletta. Peggio ancora era andata a un cliente che era stato costretto a seguire gli spacciatori in un casolare abbandonato e lì, minacciato di morte, aveva dovuto telefonare a sua mamma per farsi portare i 50 euro da consegnare ai pusher. Gli stessi pusher ora finiti in manette.

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