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Cronaca

Il patto criminale per riempire i boschi di Milano di eroina e cocaina

Spaccio di cocaina ed eroina nei boschi della città: 17 persone in manette. Così due gruppi si erano accordati per fare affari

Il gruppo degli albanesi si occupava di far arrivare i carichi. Il gruppo dei marocchini faceva il resto, facendo "nevicare" eroina e cocaina su tutti i boschi di Milano e dell'hinterland. La polizia ha arrestato martedì mattina 17 persone accusate di far parte di un'associazione a delinquere specializzata nello spaccio.

L'indagine della squadra mobile, guidata da Marco Calì, è iniziata a febbraio 2021 ed è riuscita a svelare - si legge in una nota di via Fatebenefratelli - l'unione tra due bande con una "struttura verticistica". Gli agenti, coordinati dalla procura che ha poi richiesto e ottenuto l'ordinanza di custodia cautelare, hanno accertato che nel clan degli albanesi c'era chi si occupava di intrattenere i contatti con fornitori e clienti - trovando in Turchia e Albania i ganci per mettere le mani sull'eroina - chi teneva la cassa pagando mensilmente i membri del gruppo e chi curava la logistica, trovando i veicoli necessari per "muovere" la droga, controllando periodicamente che quegli stessi veicoli fossero puliti e non finiti nel mirino delle forze dell'ordine. E inoltre la banda poteva contare anche sugli addetti al taglio, che cucinavano l'eroina in un laboratorio abusivo di viale Umbria, e sui corrieri. 

La parte finale spettava invece ai marocchini, che acquistavano cocaina ed eroina dai complici per poi spacciare nelle aree boschive milanesi, compreso il bosco della droga di Rogoredo. Durante l'inchiesta - che ha fatto finire 15 persone in carcere, mentre altre due sono state colpite con l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria - gli investigatori hanno messo le mani su 25 chili di eroina, 33 di hashish, 134 grammi di cocaina e ben 200mila euro in contanti. 

Non solo droga, però. Perché due degli albanesi sono anche accusati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. I due, stando alla ricostruzione di investigatori e inquirenti, erano "proprietari" di numerose postazioni a Lambrate e sulla Sp40 a Carpiano che venivano affittate a donne che pagavano un canone mensile tra i 500 e i mille euro. 

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