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Cronaca

Nessun tassista responsabile di stalking verso l'ex manager di Uber

Il gup di Milano stabilisce il non luogo a procedere per stalking ma rinvia a giudizio nove tassisti per diffamazione

Nessun tassista commise il reato di stalking nei confronti di Benedetta Arese Lucini, all'epoca country manager di Uber Italia. Il gup di Milano Tommaso Perna ha emesso la sentenza di non luogo a procedere per i quattordici imputati ritenendo che le azioni dei tassisti non avessero valenza persecutoria o molesta. Rinviati a giudizio invece nove dei quattordici per l'accusa di diffamazione.

I fatti risalgono al 2014 e 2015. In quel periodo i tassisti milanesi erano inferociti contro Uber, la multinazionale che, attraverso un'app, rende possibile e rapido prenotare un autista Ncc facendo, di fatto, diretta concorrenza al taxi. Le regole del servizio Ncc sono però piuttosto stringenti (ad esempio, bisogna sempre partire dalla propria autorimessa) e non sempre venivano rispettate dagli autisti. Le cronache dell'epoca sono piene di fatti clamorosi e proteste molto dure.

Nel 2020 la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per stalking e diffamazione per quattordici tassisti. Ora l'esito parzialmente favorevole a questi ulltimi. Nelle imputazioni della procura si faceva riferimento ad aggressioni fisiche e verbali nei confronti dell'ex manager di Uber, ma anche a vari striscioni comparsi nelle strade di Milano. Tra cui quello appeso nel quartiere di Brera, dove viveva Arese Lucini, con la scritta «Benedetta Arese Lucini puttana riceve in corso ... e per Maran è gratis», riferendosi all'assessore Pierfrancesco Maran, all'epoca con delega alla mobilità, ritenuto dai tassisti troppo morbido nei confronti di Uber.

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