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Cronaca Porta Venezia / Via Palestro

Una donna è stata indagata per la strage di via Palestro a Milano

Si tratta di una 58enne residente nella bergamasca, secondo le forze dell'ordine avrebbe guidato la Fiat Uno imbottita di esplosivo

Dopo quasi 30 anni potrebbe avere un volto e un nome la misteriosa 'biondina' delle stragi mafiose. La Procura di Firenze, nell'ambito delle nuove indagini sugli attentati terroristico-eversivi del 1992-93, ha indagato una donna sospettata di essere coinvolta, in particolare, nella strage del 27 luglio 1993 in via Palestro a Milano: un'autobomba danneggiò il Padiglione di Arte Contemporanea e provocò cinque morti. I militari della sezione Anticrimine dei Carabinieri del Ros di Firenze, su delega dei due procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco, sotto il coordinamento del procuratore capo Giuseppe Creazzo, mercoledì 2 marzo hanno eseguito un decreto di perquisizione, ispezione e sequestro in un'abitazione in provincia di Bergamo: l'indagata è una 58enne di Albano Sant'Alessandro. La donna è accusata di essere "coinvolta nell'esecuzione materiale, con funzioni di autista" della Fiat Uno, imbottita di esplosivo, utilizzata per colpire il Padiglione di Arte Contemporanea "quale alto e irripetibile simbolo del patrimonio nazionale", come si legge negli atti della perquisizione. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia ipotizzano che la 58enne avrebbe agito "in concorso con appartenenti a Cosa Nostra già condannati con sentenza passata in giudicato".

Secondo la Procura fiorentina, la donna potrebbe aver partecipato anche all'attentato di via dei Georgofili a Firenze notte fra il 26 e il 27 maggio 1993. Potrebbe aver fatto da "autista" per conto dei mafiosi, alcuni dei quali già condannati con sentenze definitive, del furgone Fiat Fiorino imbottito con circa 277 chilogrammi di tritolo che provocò l'uccisione di cinque persone: i coniugi Fabrizio Nencioni e Angela Fiume con le loro figlie Nadia Nencioni (9 anni), Caterina Nencioni (50 giorni di vita) e lo studente Dario Capolicchio (22 anni), nonché il ferimento di una quarantina di persone e ingenti danni alla Galleria degli Uffizi. La 58enne è moglie di un 65enne condannato dal Tribunale di Bergamo a 11 anni di reclusione perché considerato capo di una banda delle estorsioni, ora è in carcere per scontare una vecchia condanna. Le cronache bergamasche raccontano che la donna è sempre stata al fianco del marito, come sempre dal 1992 quando furono arrestati con altre 8 persone per un traffico di cocaina tra Bergamo e Mondragone, e nei primi mesi del 1993 tornò libera. La 58enne in seguito avrebbe lavorato tra un negozio di frutta e verdura e uno di abbigliamento.

Secondo l'accusa, a Milano l'indagata avrebbe condotto e parcheggiato la Fiat Uno imbottita di tritolo davanti al Pac nella sera del 27 luglio 1993, dove intorno alle 23.14 esplose, provocando l'uccisione di cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l'agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e Moussafir Driss, marocchino che dormiva su una panchina. L'attentato è inquadrato nelle indagini sugli altri attentati del 1992-'93 che provocarono la morte di 21 persone (tra cui i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) e gravi danni al patrimonio artistico a Roma e Firenze. Secondo quanto emerse a suo tempo dalle indagini milanesi, due testimoni oculari dell'attentato di via Palestro, poco prima dell'esplosione della Fiat Uno imbottita di T4, pentrite e nitroglicerina, riferirono di aver notato una donna di circa trent'anni guidare l'auto, poi risultata rubata, fino a via Palestro. All'epoca si parlò di una misteriosa "biondina", che sarebbe usciva dalla vettura dopo aver armeggiato nell'abitacolo; in auto c'era anche un uomo, però i due testimoni non videro bene. La giovane fu notata perché, raccontarono i testimoni, era slanciata e bella, vestita in modo appariscente con tacchi alti e cintura vistosa.

L'identikit elaborato dagli investigatori milanesi sulla base dei racconti degli avvistamenti da parte dei testimoni di via Palestro trovò conferma in una fotografia molto simile trovata all'interno di un libro nel settembre del 1993 durante una perquisizione effettuata in un villino nel comune di Alcamo (Trapani) nell'ambito delle indagini sulle stragi mafiose che portò al sequestro di numerose armi. A distanza di 29 anni le nuove tecnologie per la comparazione dei volti a disposizione degli investigatori del Ros avrebbero permesso di identificare la foto ritrovata ad Alcamo con una foto segnaletica della donna ora perquisita risalente al 1992.

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