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Cronaca

La società milanese, le tangenti da 30 milioni di euro e le case popolari in Venezuela

Maxi giro di tangenti tra l'Italia e il Venezuela. Nei guai un'azienda milanese

Da Milano al Venezuela, passando per l'Olanda e l'Irlanda, con dei "rimbalzi" in Messico. Un gioco dell'oca, milionario, con imprenditori e funzionari statali di alto rango seduti allo stesso tavolo. Un tavolo messo in piedi per spartire una commessa pubblica di un'azienda che gli stessi investigatori descrivono come di "estrema importanza per il governo venezuelano". L'altra azienda, la prima casella del gioco finito poi a Caracas, porta invece sotto la Madonnina e precisamente in via degli Olivetani. Dove c'è la sede della Lattonedil Spa, una ex fabbrica di famiglia poi diventata società per azioni - con un capitale sociale 10 milioni di euro - che oggi conta duecento dipendenti e stabilimenti in diversi paesi dell'Unione Europea. 

Proprio alla Lattonedil, mercoledì mattina, gli agenti della squadra mobile di Milano, guidati da Marco Calì, hanno sequestrato beni per 42 milioni di euro su decreto del Gip Giuseppina Barbara, che ha accolto la richiesta dei pm Francesco Ciardi e Paolo Storari. Nel registro degli indagati - con l'accusa di corruzione internazionale - sono finiti i due responsabili legali e il direttore finanziario pro tempore della società, oltre che un paio di funzionari della società venezuelana e due intermediari messicani e spagnoli. 

Nel mirino degli investigatori della nona sezione della Mobile, diretta da Gianni Di Palma, è finito un accordo tra la ditta meneghina e la "Petroleos de Venezuela Industrial Spa", azienda venezuelana partecipata al 100% dallo Stato per un mega intervento di edilizia popolare. Nel 2013, la commessa - dal valore totale di 70 milioni di euro - era stata affidata direttamente, senza gara pubblica, alla Lattonedil, che ha fornito alla società venezuelana dei pannelli stratificati in acciaio, utilizzati proprio per costruire le case. 

I guai per la Lattonedil - la cui sede storica è a Carimate, nel Comasco - e per i "soci" sono iniziati nel 2018, quando l'Agenzia delle Entrate ha notato nei bilanci della ditta lombarda fatture passive per 30 milioni di euro, un volume d'affari dicesamente sproporzionato rispetto a quello degli anni precedenti. Così sono partite le indagini, coordinate dal servizio centrale operativo, per verificare che quegli esborsi di denaro - come poi accertato - non fossero in realtà delle tangenti mascherate. Con un lungo lavoro gli investigatori sono infatti riusciti a mettre insieme le tessere del puzzle, dimostrando che dietro quella operazione milionaria - il cui prezzo era stato gonfiato proprio per "rientrare" delle tangenti - c'era un accordo tra tutti gli attori in causa. L'idea, stando a quanto accertato dall'inchiesta, sarebbe nata grazie all'intermediazione di un messicano e uno spagnolo, che avrebbero messo in contatto la Lattonedil con la società venezuelana. 

Le tangenti - per un esborso totale vicino ai 30 milioni di euro - sarebbero passate da due aziende aperte in Irlanda e Olanda proprio dagli intermediari, finendo poi in società "cartiere" messicane e quindi nelle tasche dei funzionari venezuelani - definiti di "alto rango" -, alcuni dei quali non sono ancora stati identificati. A incastrare gli imprenditori italiani, che avrebbero guadagnato un utile di 12 milioni dall'affare, sono state soprattutto due leggerezze informatiche, che hanno fornito agli investigatori degli assist eccezionali. 

In un hard disk sequestrato alla Lattonedil i poliziotti hanno infatti trovato un file Excel con tutte le spesse collegate alla commessa venezuelana: in quattro celle, protette con una chiave crittografata, c'erano proprio le cifre delle tangenti, anche se non espressamente indicate. Gli agenti sono però riusciti a decifrarle incrociando quei numeri con alcune email - altra "leggerezza" - nelle quali c'erano palesemente gli accordi tra la ditta italiana e gli intermediari. Dopo i primi messaggi, gli indagati avrebbero cercato di essere un po' meno espliciti iniziando a parlare di "Gruppo V", V come Venezuela. Ma ormai era troppo tardi. 

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