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Teatro degli Arcimboldi, "paletti" rigidissimi per candidarsi a gestirlo

I requisiti dell'avviso pubblico per candidarsi al posto di Show Bees (che ha già firmato la cessione di ramo d'azienda)

Tempi ristretti, anche più di quanto dichiarato, e requisiti rigidissimi, in particolare sul numero di posti delle sale da spettacolo gestite negli ultimi anni, col risultato di escludere la gran parte dei possibili competitori. E' questa la sintesi dell'avviso pubblico diffuso dalla Fondazione I Pomeriggi Musicali per individuare soggetti alternativi a Show Bees per la futura gestione del Teatro degli Arcimboldi, di proprietà del Comune di Milano. Un avviso pubblico che ha fatto discutere: ne ha parlato, per esempio, in consiglio comunale Basilio Rizzo del gruppo di sinistra Milano in Comune.

Riassunto delle puntate precedenti: Pomeriggi aveva vinto, con un bando, la gestione del teatro dal 2015 al 2021, rinnovabile per altri sei anni. Il nuovo cda, insediatosi nel 2019, ha ritenuto che la Fondazione non ha più convenienza a gestire l'Arcimboldi, molto oneroso, e vuole concentrarsi sull'orchestra e sul Teatro Dal Verme; in continuità col bando ha deciso di cedere il ramo d'azienda della controllata Servizi Teatrali Srl «a un impresario molto noto a Milano, che abbiamo avuto la fortuna d'incontrare», come ha dichiarato il presidente della Fondazione, Giovanni Battista Benvenuto il 21 febbraio 2020 alla commissione cultura del Comune di Milano. L'impresario in questione è la Show Bees di cui è amministratore delegato Marzia Ginocchio e direttore generale Gianmario Longoni, già "patron" dello Smeraldo, del Nazionale, del Ciak e del Sistina di Roma. 

20 giorni per le offerte e divieto di "cordate"

La procedura prevede però un avviso pubblico per individuare eventuali migliori offerte. In commissione si è dichiarato che questa fase durerà 30 giorni, a cui ne seguiranno 60 a disposizione di Palazzo Marino per valutare la rispondenza del soggetto "vincente" ai requisiti richiesti dalla concessione iniziale. Peccato, però, che sull'avviso pubblico (diffuso il 21 febbraio) si legga che il termine per presentare altre offerte è il 13 marzo. Ovvero, dal 21 febbraio, 20-21 giorni compresi i festivi. In tempi così ravvicinati è complicato pensare che un soggetto organizzi una due diligence completa per arrivare a presentare, eventualmente, una offerta: sopralluoghi, lettura dei bilanci e dei contratti coi fornitori, dialogo con i lavoratori e così via. 

Oltretutto nell'avviso pubblico si richiama una norma del codice degli appalti che, in casi come questo, vieterebbe i raggruppamenti temporanei d'impresa, escludendo quindi una eventuale "cordata" tra imprenditori dello spettacolo. In ogni caso la possibilità di una "cordata" farebbe diventare ancora più irrisorio il tempo a disposizione. Inoltre, ma questo è abbastanza normale, Show Bees ha una sorta di "diritto di prelazione", nel senso che (entro 10 giorni) ha il diritto di parificare un'eventuale offerta più alta: «Il cessionario (..) potrà acconsentire di adeguare il contratto già stipulato alle migliori condizioni offerte, accettando l'eventuale modifica in aumento del prezzo di cessione e/o i diversi termini di pagamento del prezzo», si legge all'articolo 7 dell'avviso.

Costi alti di gestione

Non sembra insuperabile il corrispettivo fissato per la cessione di Servizi Teatrali Srl da Pomeriggi a Show Bees, siglata il 17 febbraio: 580 mila euro di cui 180 mila subito e 400 mila in cinque anni senza interessi. Un'eventuale offerta alternativa dovrebbe migliorare la cifra totale e/o le condizioni di pagamento. Il problema dell'Arcimboldi è semmai nei costi di gestione: ai 250 mila euro di canone di concessione annuo da versare al Comune, vanno aggiunti 800 mila euro di utenze e le altre voci, per un ammontare di almeno un milione e mezzo di euro, se non di più.

Esclusi i gestori di sale importanti in Italia

Ma il requisito che colpisce maggiormente è quello di avere gestito, dal 2017 in poi, «teatri o sale da spettacolo o auditorium» da almeno 1.800 posti. E' questa la condizione che, automaticamente, esclude tantissimi (e validi) gestori di teatri, che hanno lo stesso genere di programmazione dell'Arcimboldi e quindi sarebbero "interessati naturali" alla loro gestione. Sono infatti davvero poche le sale con più di 1.800 posti, almeno nel nostro Paese. 

Sono esclusi, per esempio, ed alcuni davvero per un "soffio", i gestori dei seguenti importanti teatri: Teatro della Luna ad Assago (1.750 posti), Sistina di Roma (1.500 posti), Brancaccio di Roma (1.680 posti), Olimpico di Roma (1.400 posti), Nazionale di Milano (1.500 posti). Uno solo dei gestori di questi teatri potrebbe proporsi: il gruppo Cabassi (Teatro della Luna), perché gestisce anche il Forum di Assago, che ha una capienza ben superiore a 1.800 posti, anche se è da capire se può essere assimilato a "sala da spettacolo". In teoria sì, poiché vi si tengono concerti e spettacoli come il Cirque du Soleil, ma non è un'interpretazione scontata.

Sale superiori a 1.800 posti, in Italia, si contano sulle dita di una mano: la Scala di Milano (2 mila posti), l'Auditorium Parco della Musica di Roma (con la Sala Santa Cecilia da 2.700 posti), il Gran Teatro Geox di Padova (2.500 posti), il Teatro Team di Bari (2 mila posti). E forse nessun altro, a meno appunto di non considerare anche i palazzetti dello sport come il Forum o il Palalottomatica. Il criterio del numero di posti "salva" invece Show Bees che fino a settembre 2019 gestiva la tensostruttura del Ciak di viale Puglie, a Milano, da circa 3 mila posti, prima del sequestro della procura di Milano per mancata demolizione di opere abusive.

Dalla lettura attenta dei requisiti indicati nell'avviso pubblico, quindi, si trae l'impressione che le reali possibilità di presentazione di offerte alternative siano davvero poche, se non pressoché nulle. E questo anche se un altro requisito (il volume d'affari annuo nel triennio 2017-2019) appare contraddittorio con le altre richieste. Si chiede infatti un volume d'affari di almeno 2 milioni e mezzo di euro. Ed è appena il caso di notare che teatri italiani inferiori a 1.800 posti possono generare, e generano, un fatturato anche triplo. 

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