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Cultura

Milano, ecco la mappa letteraria con i libri che raccontano la città

L'ha realizzata l'Associazione Quarto Paesaggio in vista di BookCity

Milano è la capitale italiana dell'editoria, da sempre. BookCity - la manifestazione dedicata ai libri che attraverserà la città dal 16 al 19 novembre - è un grande evento che celebra questo carattere meneghino. Ed è naturale che Milano sia stata narrata parecchie volte: così è possibile partire dalle pagine dei libri per scoprire le sue vie, le sue piazze, i suoi monumenti, le sue peculiarità, la sua storia, i suoi costumi.

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Già, ma come fare? Ci si può far guidare da una mappa, per esempio. E' quello che ha pensato l'associazione Quarto Paesaggio, che l'ha realizzata online tramite Google Maps. E, nell'era social, si tratta di una mappa continuamente aggiornata e integrabile a partire da suggerimenti (e suggestioni) di tutti.

Io arrivo all’angolo di piazza Mercanti trafelato. Mi pare di aver veduto la morte, di aver udito dei rantoli, di essere passato attraverso un fiat spaventoso. Uomini e donne si voltano indietro biancastri, con gli occhi spiritati dalla corsa e con la bocca che dice e ripete: Che paura, oh che paura, madonna santa! Passato lo stordimento mi risovvengo d’aver veduto, proprio nell’ultimo momento, Bava Beccaris a cavallo, dietro i bersaglieri, che dava ordini all’ufficiale che lo seguiva con un trombettiere a cavallo. Era proprio Bava Beccaris? A me parve lui. La gente puntava col dito e lo additava col nome. A ogni modo era il generale, che stava per iniziare il massacro.
(Paolo Valera, "I cannoni di Bava Beccaris")

Ecco un esempio: un modo particolare di "visitare" piazza Mercanti, ricordando la strage del 1898 causata dall'esercito condotto dal generale Fiorenzo Bava Beccaris che decise di fare un bagno di sangue contro il popolo che protestava per un rialzo insostenibile del costo del grano e, quindi, del pane. Una delle pagine più tragiche della storia di Milano ed un cronista eccezionale, testimone delle quattro giornate, perfetto fotografo (con le parole) di ciò che ha veduto. Tra le storie rintracciabili nella mappa, anche i Martiri di Gorla e più in generale i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Ma c'è tanto altro.

Andammo tutt’e quattro a San Siro in una carrozza scoperta, era una giornata deliziosa e traversato il Parco seguimmo le rotaie del tram, poi nel sobborgo il cavallo continuò a trottare sulla strada polverosa. C’erano ville, dietro le cancellate, grandi giardini pieni di vegetazione, fossati dove l’acqua correva con noi e orti ricoperti di polvere, e più in là nella pianura potevamo scorgere ricchi cascinali circondati di verde, tra i canali dell’irrigazione; e a nord si ergevano le montagne. Molte carrozze entravano nell’ippodromo e al cancello ci lasciarono passare senza biglietto, perché eravamo in uniforme. Appena discesi dalla carrozza, comperammo il programma e ci si incamminò verso il peso attraversando il prato, calpestando la pista soffice e grassa. 
(Ernest Hemingway, "Addio alle armi")

Un mito letterario universale ha dedicato queste parole all'ippica milanese, che per decenni è stata un simbolo della città e una vera passione per molti dei suoi abitanti. Lo sport è parte integrante della storia e dell'attualità di Milano, e nella mappa si rintracciano - poco distanti dall'Ippodromo - gli scritti di Gianni Brera, il più grande giornalista sportivo d'Italia, sui derby della Madonnina. Quelli degli anni '60, quando Milan e Inter collezionavano trofei e facevano del futuro Meazza (allora solo San Siro) la Scala del calcio. Ma si trovano anche pagine sul Vigorelli e sull'Arena (quand'era lo stadio dell'Ambrosiana Inter).

Una città-metropoli non è fatta solo di successi. Ma anche di contraddizioni. Di solito queste si fotografano meglio in periferia, per un insieme di ragioni sociali ed economiche più o meno comprensibili a tutti, ma lunghe da raccontare qui. Più immediato è leggerle, ad esempio nelle parole di uno dei più lucidi narratori della Milano moderna.

I giardini di via Odazio, la via dove quando era arrivato a Milano i ragazzi morivano come mosche per l'eroina, e loro non capivano nulla, finché il dottor Nobili non convinse un criminale, a cui avevano ammazzato il fratello, a raccontare come stavano davvero le cose. Una retata storica, la prima che venne organizzata in città da Malcom Mozzo, il capo della Digos - anzi era stata la prima grande retata antidroga in Italia.
(Piero Colaprico, "Trilogia della città di M. - Trappola per camaleonti")

C'è il grande buco nero dell'eroina, che travagliò generazioni di adolescenti; e c'è la periferia del disagio, dell'emarginazione. Che si trasforma, ma in fondo si assomiglia nel tempo. Tant'è che del Lorenteggio come periferia problematica si parla ancora, e parecchio.

Di periferie, nella mappa, si trova traccia soprattutto a partire da letterature più recenti, e si può ricostruire la trasformazione dall'era delle fabbriche a quella della post-contemporaneità. Ma si possono anche rintracciare tempi più antichi, come la Cascina Linterno del Petrarca (in Alberto Savinio) o la battaglia della Bicocca e quella di Marignano (in Pietro Verri), o ancora una pagina in latino di Sire Raul che ricorda di quando i pavesi salivano a incendiare i borghi di Nosedo e Vigentino. Negli scritti meno recenti, naturalmente, anche pagine sul centro storico, a partire da Bonvesin de la Riva e lo stesso Verri.

Chiamo la Scala il primo teatro del mondo, perché è quello che dà il massimo godimento musicale. Nella sala non c'è lampadario: il teatro è illuminato soltanto dalla luce proveniente dalle quinte. Impossibile immaginare niente di più fastoso, ricco, imponente, originale, in tutto ciò ch'è architettura. Questa sera, ci sono stati undici cambiamenti di scena. Eccomi dannato a un eterno disgusto per i nostri teatri. Se il viaggio in Italia ha un inconveniente, è proprio questo.
(Stendhal, "Roma, Napoli e Firenze")

L'epopea della Scala non poteva essere descritta in modo migliore. Lo stesso Stendhal ci ha regalato ricordi vividi delle "Prime" a cui ha assistito, indimenticabile quella de "La Gazza ladra" riportata nella sua biografia di Gioacchino Rossini. Pagine da leggere non solo per chi è melomane, ma anche per chi vuol tuffarsi nel mondo di allora: scoprirà, con sorpresa, che alla Scala il furore (termine usato apposta in italiano dall'autore) era del tutto simile a quello degli odierni concerti rock. Molti dei quali, guardacaso, nell'altra "Scala", quella del calcio di cui si diceva prima.

Nella mappa si trovano molti passi noir, perché una metropoli senza il crimine non è metropoli. Si sa, è un genere piuttosto recente. Ma i bassifondi sono sempre esistiti.

San Pietro all'Orto fu un bordello che lambiva il corso massimo della capitale lombarda e finiva in via Pietro Verri. Era un'arteria solcata di memorie, piena di donne che mercanteggiavano se stesse nascoste, cacciate in fondo, a fianco di scale tortuose, anguste, buie; attraverso piani circoscritti da muraglie tetre, intorno a terrazze che mettevano una luce matta nelle abitazioni che sentivano della vecchia città dei tempi bramanteschi e anche del Porta, che fu, credo, padrone di una di queste case tanto caratteristiche. In qualunque edificio si odorava la vita degli antenati. Una vita oscena, chiusa, consumata in stanze malsagomate, ad angoli, a bugigattoli, a stanze deviate in alcove, a sottoscala, a ripostigli, dove potevate trovare ruffiane vecchie, esose, taccagne più della veggiona del Porta. 
(Paolo Valera, "Milano sconosciuta rinnovata")

Oggi la via in questione si presenta del tutto diversa. Invece appare un punto fermo, una certezza, il caos di certe zone di Milano.

Uscì dal bar. Camminava zoppicando pesantemente, e pensava che stava dirigendosi verso via Ferrante Aporti numero 86. E ci arrivò, sotto un cielo che si stava guastando, senza nebbia ma grigio, sedette due minuti a riposarsi su una panchina del giardinetto, dalle aiuole senza erba, soffocato dal fianco destro della stazione centrale che gli incombeva addosso e dalle quattro vie che gli correvano intorno, ruggenti di un caotico traffico di camion postali, di taxi neurotici, di mastodontici autocarri che arrivavano da lontane città. Sapeva che non doveva andare in via Ferrante Aporti 86, ma appena ebbe ripreso fiato e il dolore al ginocchio si fu un po' calmato, si alzò e imboccò via Ferrante Aporti. 
(Giorgio Scerbanenco, "I milanesi ammazzano al sabato")

Altrettanto inossidabile certezza è il Duomo, capace di stupire da secoli chi lo osserva per la prima volta e anche chi lo vede ogni giorno.

Al crepuscolo, siamo giunti nei pressi di Milano e abbiamo intravisto la città e le vette azzurre alle sue spalle. Morivamo dalla voglia di vedere la rinomata cattedrale! Alla fine, una giungla di aggraziate guglie, luccicanti nella luce ambrata del sole, si è lentamente elevata sui tetti bassi delle case allo stesso modo in cui talvolta ci capita di osservare, sull'orizzonte lontano, una massa dorata e torreggiante di nubi sollevarsi sulla distesa di onde, nel mare: la cattedrale!
Lo abbiamo capito immediatamente. Per metà di quella nottata e per l'intera giornata successiva, questo autocrate architettonico è stato l'oggetto esclusivo del nostro interesse. Che meraviglia! Così imponente, così solenne, così grande! Eppure così delicata, così eterea, così elegante! Un mondo solido che, tuttavia, al chiaro di luna, pare un'illusione fatata di arabeschi di ghiaccio pronta a svanire in un soffio! Con quale nitidezza le sue guglie ornate di angeli e la turbolenza dei suoi pinnacoli si stagliavano contro il cielo e con quale ricchezza le loro ombre si proiettavano sul suo tetto candido! Una visione! Un miracolo! Un inno intonato nella pietra, una poesia incisa nel marmo!
(Mark Twain, "Gli innocenti all'estero")

Non si finirebbe più. A questo punto, che c'è di meglio se non esplorare la mappa nella sua totalità?

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