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La Scala, la tournée in Egitto e Giulio Regeni: "Non era programmata, solo una proposta"

Meyer chiarisce i dettagli della vicenda. Si sarebbe trattato di una proposta arrivata al teatro e non ancora discussa. In futuro saranno scelti comunque criteri di rispetto dei diritti umani e dei principi democratici

Si ridimensiona nettamente il caso della tournée in Egitto del Teatro alla Scala. Le prime notizie dicevano che un sindacato interno era riuscito a far annullare la tournée di settembre 2022 (che prevedeva in tutto sedici spettacoli tra Egitto, Dubai e Kuwait) per protesta contro il caso dello studente italiano Giulio Regeni, rapito e assassinato al Cairo nel 2016 con il coinvolgimento dei servizi segreti e del governo egiziani. L'annuncio dell'annullamento e della motivazione era stato dato da un sindacalista interno e ripreso con entusiasmo da diverse personalità, tra cui l'avvocata che segue la famiglia Regeni e il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni.

Poi è arrivato il chiarimento di Dominique Meyer, sovrintendente della Scala. Secondo la sua versione, nessun sindacato ha 'bloccato' qualcosa di già organizzato. Semplicemente, la tournée in Egitto sarebbe stata una delle tante proposte che la Scala riceve, molte delle quali deve ovviamente declinarle. E in particolare quella in Egitto non era ancora stata discussa. Meyer è stato avvicinato da alcuni sindacalisti che gli hanno spiegato la situazione e lui li ha rassicurati: "Se c'è questo problema, non la facciamo".

La tournée non era stata programmata

Meyer ha spiegato che non sapeva granché del caso Regeni, nonostante lo striscione a Palazzo Marino, proprio di fronte al teatro: "Quando vieni dall'Austria e dalla Francia, a volte non sai certe cose. E' successo tanti anni fa e io non ero ancora qui". E ha concluso rivelando che, per settembre 2022, avrebbe avuto in realtà altro in mente, come una grande edizione de "La Scala in città", per portare l'orchestra nelle periferie. La tournée, insomma, non era stata ancora programmata, ma era una delle proposte ancora da discutere da parte del consiglio d'amministrazione, e non è detto che sarebbe stata approvata. Meyer ha voluto dare la massima solidarietà alla famiglia, invitando comunque a non 'montare' un caso che ancora non era sorto. 

Sensibilità sui diritti umani

Di reale c'è, sicuramente, una sensibilità della maggior parte degli orchestrali e dei lavoratori a riflettere sull'opportunità di esibirsi in Paesi in cui la democrazia e i diritti umani sono traguardi ancora da conquistare appieno. Una sensibilità che, però, se applicata nel cento per cento dei casi, rischia di far saltare parecchie esibizioni all'estero. L'occasione sarà probabilmente propizia per una riflessione generale interna sui criteri da adottare per dire di sì o di no alle proposte che arrivano, mettendo sulla bilancia anche i diritti umani.

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