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Il Teatro Lirico si riapre alla città di Milano, che lo 'accoglie' un po' in sordina

Il 22 dicembre la riapertura dopo ventidue anni dopo l'open day nel weekend e, a giugno, il primo 'assaggio' con Piano City. Ma l'evento avrebbe meritato una celebrazione in grandissimo stile

Il Teatro Lirico di via Larga e la città di Milano si 'reincontrano' ufficialmente, con l'open day di sabato 18 e domenica 19 dicembre (concerti a ingresso libero) e poi la riapertura ufficiale del 22 dicembre 2021, affidata alla coppia comica di Ale e Franz, anche se il primo vero battesimo artistico del Lirico restaurato è avvenuto a fine giugno, nell'ambito di Piano City, con la pianista Halyna Malenko, in una sala ancora senza poltrone ma pressoché pronta. 

Dopo ventidue anni di chiusura e un lungo restauro costato circa sedici milioni di euro, Milano ha quindi l'occasione di riscoprire il fratello minore del Teatro alla Scala. Nel 1776 un incendio distrusse il teatro principale della città, il Regio Ducale, posto in un'ala di Palazzo Reale e realizzato cinquantanove anni prima, in coincidenza con l'avvento degli austriaci. La nobiltà milanese, che aveva finanziato il Regio, volle un sostituto e fu disposta a finanziare anche quello, in cambio della proprietà dei palchi. L'imperatrice Maria Teresa ne autorizzò due e incaricò dei progetti il Piermarini. Così sorsero la Scala (inaugurata nel 1778 con L'Europa Riconosciuta di Salieri) e appunto la Cannobiana, poi Lirico (inaugurato nel 1779 con La Fiera di Venezia, sempre di Salieri).

Dall'opera alla politica alla prosa

Fin da subito il Lirico fu meno prestigioso (e più piccolo) della Scala, ma si contano alcune 'prime' celebri come L'Elisir d'Amore di Donizetti (1832), Zazà di Leoncavallo (1900) e Adriana Lecouvreur di Cilea (1902). Nel frattempo, sul finire dell'800, era sorto il Dal Verme, e il Lirico divenne sempre più palcoscenico di manifestazioni politiche: sono noti i discorsi di Mussolini del 1920 e del 1944, l'ultimo della sua vita, ma se ne tennero molti altri. Nel 1960 il Comune lo concesse al Piccolo Teatro come sala grande: Giorgio Gaber, a cui ora il Lirico è stato intitolato, calcò più volte le sue scene.

Si può dire che, mentre la Scala, fedele all'opera e in generale alla musica classica, nel corso del Novecento è diventata un luogo elitario, il Lirico ha seguito la sua vocazione più popolare abbracciando funzioni diverse quando l'opera non è più stata fenomeno di massa, com'era invece nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, quando i 'divi' del popolo erano i compositori operistici e i teatri venivano frequentati dalla gente comune oltre che dalla nobiltà, in una tradizione tutta italiana avviata a Venezia col Teatro San Cassiano del 1637.

Appuntamento fondamentale

La riapertura è quindi un appuntamento fondamentale e doveroso per la città. Fondamentale, perché si tratta di un luogo che, come ogni teatro, non appartiene alla sola memoria: la musica e la prosa sono infatti senza tempo. E doveroso, perché non è un luogo qualunque, ma uno dei punti fermi della storia recente di Milano, sopravvissuto alla rivoluzione urbanistica degli anni '30 del Novecento che eliminò il quartiere del Bottonuto, tutt'intorno.

Soltanto la quarantena (è un contatto stretto di positivi al covid) non ha permesso al sindaco Beppe Sala di essere presente all'open day, sabato 18, lasciando il taglio del nastro all'assessore alla cultura Tommaso Sacchi e al direttore del teatro Matteo Forte di Stage Entertainment. Ma, al di là della presenza istituzionale (è pur sempre un teatro di proprietà pubblica), l'impressione è che il nuovo incontro tra la città e il Lirico si realizzi un po' in sordina; che l'amministrazione comunale non abbia pensato ad una vera celebrazione pubblica, al di là del meritorio open day organizzato da Stage Entertainment.

Un 'bentornato' al teatro sarebbe stato doveroso in grandissimo stile. 

Video: il taglio del nastro con Tommaso Sacchi e Matteo Forte

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