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Dossier L'inchiesta

Quel filo rosso degli appalti che va da Fiera Milano all'ultrà rossonero

Dal commissariamento della controllata Nolostand per mafia avvenuto nel 2016 in avanti le indagini sull’ente fieristico si sono susseguite, e i gradi di separazione tra gli uffici e ambienti criminali sono sempre meno

Dagli appalti alle società in odor di mafia al capo ultrà: c’è un filo rosso che lega alcune indagini degli ultimi anni su Fiera Milano. Inchieste che se lette e incrociate ricompongono un mosaico preoccupante dell'economia criminale cittadina. Cercando di mettere in fila i fatti si stringe un cerchio più definito attorno a un coacervo di interessi che parte dal sottobosco del narcotraffico milanese, passa per uno dei protagonisti della stagione delle curve del tifo milanista e arriva prima agli appalti interni di Fiera Milano e poi negli uffici di Massimo Hallecker, addetto all’ufficio acquisti dell’ente fieristico. Hallecker è dal primo agosto scorso ai domiciliari: per gli inquirenti avrebbe “ottenuto utilità per altri soggetti" nell'ambito dell'assegnazione di tre appalti del valore complessivo di 16,5 milioni.

Mondi lontani, in apparenza, ma molto più vicini di quello che si possa pensare se ci si mette a seguire la traccia lasciata dai soldi. Che a Milano restano l’unica cosa da seguire quando si uniscono i puntini sulla mappa dell’economia criminale da qualunque prospettiva la si guardi. Così capita che tirando questo filo che parte dai piani alti di Fiera Milano si incontrino sulla strada diversi attori, ognuno intento a giocare la propria partita.

I cartelli tra appalti e subappalti

Prima il gruppo Fabbro, che con i fratelli Massimo e William, oltre al fido collaboratore Carmelo Sparacino, in questi anni ha messo le mani su alcuni tra gli appalti più ricchi della regione. Non ultimo quelle delle mense scolastiche e di RSA che è costato loro una inchiesta della procura in maggio, per arrivare poi alla logistica dell’ente fieristico milanese (tra cui quello da 8 milioni per la gestione del magazzino Nolostand di Lainate, che secondo la procura è stato “venduto” dallo stesso Hallecker al gruppo). Gli amministratori di fatto della Idea Servizi srl (la società che dell’appalto da 8 milioni ne ha ricevuto circa la metà in subappalto) Domenico Seidita e Silvestro Riceputi, uniti ad Hallecker da rapporti economici e dalla comune militanza dentro Fratelli d’Italia a Cologno Monzese. E infine, tra le righe dell’indagine che si è concretizzata ieri, emerge anche una società che in passato le indagini hanno ricondotto al capo ultrà della curva sud milanista Luca Lucci, condannato lo scorso maggio a 7 anni per traffico di droga.

Quest’ultimo è il filone che probabilmente condurrà le indagini degli inquirenti milanesi nel groviglio delle società che popolano gli elenchi dei fornitori di Fiera Milano, da anni sotto la lente di ingrandimento in particolare dopo il commissariamento per mafia che colpì la stessa Nolostand (controllata di Fiera Milano) nel 2016, poi restituita alla legalità nell'anno successivo. Alcune di queste società sgusciano per anni tra le maglie dei controlli interni grazie a prestanome e cambi di assetti societari. Anche in questo caso infatti la Idea Servizi è amministrata sulla carta da due donne, madre e figlia, ma che di fatto prendono ordini e direttive da Domenico Seidita.

Dalla Fiera alla curva di San Siro

A creare quel link preoccupante tra i piani alti di Fiera e l’ultrà del Milan è l’intermediaria di una delle presunte tangenti che sarebbero transitate nel giro degli appalti pilotati da Hallecker, ma non tracciate dall’indagine. La donna, risulta dalle anagrafi fiscali estratte dagli uomini della Guardia di Finanza, è stata destinataria nel 2019 di reddito da lavoro dipendente dalla società Lu.Ma srl.

Lo stesso Luca Palermo, amministratore delegato di Fiera Milano la cita nel suo racconto che darà poi il via alle indagini, che proseguono grazie anche a una segnalazione ricevuta da un dipendente. Lu.Ma è una società che frequenta spesso gli ambienti di Fiera Milano lavorando nell’allestimento dei padiglioni, in questo caso si fa notare come parte di uno dei consorzi fornitori di Fiera.

Per riannodare il filo, dunque, si può fare riferimento all’inchiesta per traffico internazionale di droga che portò all’arresto di Lucci nel dicembre del 2021. “Lucci - scrivevano gli inquirenti - è ufficialmente dipendente della Lu.Ma srl la cui attuale attività prevalente sono i servizi di disinfestazione e sanificazione e di cui la moglie Valeria Bonomelli - era socia fino al 5 giugno 2020”. La società è sempre la stessa. A Lucci e Bonomelli il tribunale di Milano aveva per altro già sequestrato beni nel 2019 per un totale di un milione di euro. Lu.Ma però rimase fuori dal provvedimento di sequestro, in cui si descriveva lo stesso Lucci come implicato nel traffico di droga e “segnalato quale affidabile intermediario” per le partite di stupefacente da vendere al dettaglio.

Intrecci che sono sui tavoli dei diretti interessati a far data da qualche anno, e che lentamente stanno emergendo. Anche e soprattutto perché unendo i punti, in apparenza slegati tra di loro, non è più possibile non vederli. I gradi di separazione tra gli uffici di Fiera Milano e gli affari illeciti sono sempre di meno, e questo è un problema per una società quotata in Borsa e 600 dipendenti. Questa volta però la denuncia dell’amministratore delegato e di un dipendente ha evitato ulteriori degenerazioni e ha portato al licenziamento del dipendente “infedele”.

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