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Dossier L'inchiesta

Così su Airbnb è drogato il mercato degli affitti a Milano

Nata come idea per la condivisione di appartamenti, case e stanze, Airbnb ha tradito la sua spinta iniziale e si è trasformata in un’attività redditizia per le società a cui sono riconducibili la maggior parte degli annunci più rilevanti

Sono passati 10 anni da quando la piattaforma Airbnb, multinazionale californiana nata nel 2008, è approdata a Milano. Secondo gli ultimi dati pubblicati a metà settembre sul portale Inside Airbnb, gli annunci per affitti brevi in città sono più di 19mila. Dati che, a causa della quotazione in borsa della piattaforma, l’azienda non fornisce direttamente ma che l’ufficio stampa italiano conferma. Questione alla quale la commissione Europea sta cercando di mettere una toppa, annunciando per la prossima settimana una proposta di regolamento che impone a Airbnb e altre società simili di fornire alle autorità nazionali quantomeno i dati relativi al numero di utenti della piattaforma, e dei pernottamenti prenotati. 

Il 78% degli annunci meneghini pubblicizzano una casa o un appartamento: non esattamente ciò per cui la piattaforma era stata lanciata sul mercato, ovvero l’esperienza di condivisione di una stanza con un host. Il gruppo Facebook “Airbnb Host Milano” conta al momento più di 1.100 proprietari. Ma nella classifica dei Top host milanesi ai primi sei posti non ci sono persone fisiche, ma vere e proprie società che fanno degli affitti brevi il proprio business principale.

L’impatto di Airbnb su Milano

Intanto, a Milano il costo degli affitti è alle stelle. Non è una novità per chi, alla ricerca di una casa o di una stanza, si trova a scorrere gli annunci che privati proprietari pubblicano sui vari gruppi di quartiere: stanze singole da 600 euro in su, che arrivano a toccare punte di 1.000 euro mensili senza troppo differire da quartiere a quartiere. Per studenti e giovani lavoratori trovare un affitto nella metropoli è quanto mai arduo, anche quando si parla di alternative al libero mercato immobiliare: negli appartamenti di via Colorni 4, nel quartiere Merezzate (Rogoredo), c’è chi ha deciso di guadagnare sulla propria casa in edilizia residenziale sociale - in affitto a prezzi più bassi del mercato -  mettendola su Airbnb. Dopo alcuni controlli il comune ha risolto il contratto, e dichiarato che in futuro vigilerà di più sui proprietari del quartiere.

Su Airbnb il 15% delle abitazioni in affitto a Milano

Già in altre città italiane si discute del ruolo che Airbnb gioca nello snaturamento dei centri urbani e nel favorire un turismo di massa poco attento ai residenti che in quelle città ci vivono stabilmente. I proprietari di casa guadagnano di più e non sono vincolati da contratti di durata minima quadriennale, non sono tenuti a garantire un servizio come gli albergatori e possono decidere di alzare o abbassare i prezzi come meglio credono. Più di 19mila annunci di affitto breve sulla piattaforma sottraggono appartamenti al tradizionale mercato degli affitti, questione che l’amministrazione comunale milanese non ammette direttamente - salvo alcune dichiarazioni dell’Assessore alla casa Pierfrancesco Maran del 2020 - ma che dimostrano i vari accordi stipulati appunto con Airbnb.

A marzo 2021 il comune sigla due collaborazioni con Airbnb e Immobiliare.it, che si impegnano a veicolare ai loro utenti informazioni sui contratti di affitto convenzionati. Sul sito web della piattaforma l’host può scaricare infatti due form già pronti all’uso, uno per affitti della durata di 18 mesi e l’altro fino a 36. Un’alternativa in risposta alle crescenti problematiche presenti sul mercato immobiliare milanese quella del canone concordato, che prevede l’affitto ad un prezzo calmierato e incentivi fiscali per i proprietari di casa. Un anno e mezzo dopo però né il comune di Milano né la piattaforma Airbnb danno modo di sapere il numero di affitti a canone concordato stipulati dagli host in città.

Il picco dei prezzi durante la settimana della moda Guardando numeri e collocazione geografica il fenomeno Airbnb in città sembra essere legato ad alcuni eventi annuali di particolare rilevanza, a testimonianza del fatto che l’affitto sulla piattaforma non è per forza legato ad una carenza di offerta alternativa. La settimana della moda è uno di questi e interessa soprattutto il quadrilatero della moda, le zone di Porta Venezia, Brera e Sarpi. Un bilocale in zona Sarpi, ristrutturato di recente, è stato affittato lo scorso anno per 161 euro a notte, con una media di 126 notti prenotate: una rendita, stando ai dati di Inside Airbnb, di 1.691 euro al mese che in un anno sono diventati 20.286.

Ai primi posti tra gli annunci più società che persone fisiche

Come già faceva notare la Federazione nazionale degli albergatori in un report sul turismo e la shadow economy (la cosiddetta economia legale sommersa, rappresentata anche da piattaforme di affitti brevi) pubblicato nel 2018, non è poi così vero che il profitto tratto dagli affitti su Airbnb è solo una forma integrativa del reddito di chi possiede una casa e la vuole condividere. A Milano più del 46% degli annunci riguardano proprietari (o presunti tali) che hanno più inserzioni, a significare che l’host molto probabilmente non vive nelle case che affitta ma soprattutto che la piattaforma è uno dei mezzi per gestire un business più grande.

Ai primi tre posti della classifica dei top host stilata da Inside Airbnb non ci sono infatti nomi di proprietari di case come si potrebbe immaginare, bensì tre grandi aggregatori: Italianway, The Best Rent e Cleanbnb. Sono portali che forniscono ai proprietari un servizio di gestione degli affitti, creando per loro gli annunci e pubblicandoli poi su alcuni grandi siti utilizzati dal pubblico come Expedia, Booking.com e ovviamente Airbnb. Portali dentro il portale più grande, che contribuiscono a ingigantire sempre di più l’albergo diffuso inventato dalla sharing economy. Nel 2016 i due architetti Davide Scarantino e Gianluca Bulgheroni, fondatori di Italianway, parlavano della possibilità per i turisti di fare check-in nelle edicole, e di accordi con i tassisti per il loro spostamento in città.

La “concorrente milanese” di Airbnb, Italianway, ha pubblicato sulla piattaforma di più di 410 annunci, seguita dai 139 di The Best Rent e dai 125 di CleanBnb. Prima di trovare nomi di persone è necessario scorrere la lista di altre tre posizioni, salvo poi scoprire che Chiara & Andrea sono i proprietari di Novecento Case, anche questa una società nel campo degli affitti a medio-lungo termine a Milano. 

Italianway e Cleanbnb sono tra le cinque società che hanno creato, due anni fa, l’associazione italiana gestori affitti brevi AIGAB. Sul sito web dell’associazione si legge che tutte insieme “vantano un giro d'affari di 60 milioni di euro, 5 mila case, 300 dipendenti diretti e 1.500 nell’indotto, e nascono per aggregare tutti gli operatori professionali del settore”.

Hanno presentato le istanze della categoria nel maggio 2021 all’ex ministro del turismo Massimo Garavaglia, parlando di nuovi modelli di ricettività e nuovi bisogni dei viaggiatori. Italianway condivide la sede legale con buytorent.house una piattaforma simile a Immobiliare.it, ma che punta sulla rendita data dalla messa in affitto di una proprietà dopo l’acquisto: “grazie alla nostra conoscenza del mercato, ai nostri rapporti diretti con le più grandi società di gestione in Italia e al nostro utilizzo dei dati e di tecnologia, trasformiamo l’acquisto della casa in un prodotto a reddito con gestione garantita” si legge sul loro sito.

Dove si trova la maggioranza delle proprietà in affitto su Airbnb a Milano

La presenza di Airbnb è condensata nei quartieri di Porta Genova e Ticinese, dove il prezzo a notte varia tra i 70 e i 300 euro per monolocali o bilocali, ma molti annunci a prezzi simili riguardano anche i quartieri di Brera/Sarpi/Sempione, la zona di Stazione Centrale e Porta Venezia. Il numero medio di notti prenotate varia da una a tre in quasi la totalità degli annunci, anche se secondo il sondaggio effettuato agli host da Airbnb nel febbraio 2021 la permanenza in città degli utenti sta aumentando sempre di più, arrivando a toccare i due mesi. La Head of Public policy di Airbnb Italia ha affermato che “l’80% degli host accetta già soggiorni superiori ai 28 giorni.”

Nel quadrante nord ovest, tra Gallaratese, Quarto Oggiaro, Villapizzone e Bovisa, le case affittate sulla piattaforma sono molte meno. Nella cintura periferica milanese trovano invece spazio gli alloggi destinati all’edilizia popolare (SAP), ai quali si aggiungono quelli di proprietà comunale cosiddetti “Aute” (a Quarto Oggiaro e Morivione) e gli alloggi ex “Leggi Speciali” (che prevedono una durata di contratto prestabilita e non derogabile) che, stando ai dati forniti dal comune di Milano sono in totale 27.965. Tra appartamenti disponibili per l’edilizia popolare e appartamenti sulla piattaforma di Airbnb, la differenza è di poco più di 9.000 unità in favore dei primi.

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