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Dossier Affaire Visibilia

I fondi esteri misteriosi per salvare gli affari della Santanchè

I revisori bocciano il bilancio di Visibilia e i piccoli azionisti, che hanno visto il capitale erodersi, chiedono alla Consob di verificare la provenienza dei nuovi fondi

21 lettere tra esposti, segnalazioni e diffide rimaste senza risposta. Tutte inviate allo stesso indirizzo, quello della Consob, la Commissione che vigila in Italia sulle attività di borsa e quindi sul risparmio degli italiani. Tra l'ottobre del 2020 e il maggio del 2022 un gruppo di azionisti di Visibilia Editore, società controllata dalla senatrice di Fratelli d'Italia Daniela Santanchè, ha provato a pungolare l'autorità presieduta dall'economista Paolo Savona per ottenere qualche risposta su ciò che stesse succedendo intorno a quella azienda nella quale avevano iniziato a investire dal 2019.

Ed è da queste corrispondenze che prende il via una strana storia che Dossier può portare alla luce grazie a un duro memoriale che ha potuto consultare in esclusiva dopo l’invio alla Consob. Una ricostruzione finanziaria e logica di fatti e circostanze, redatta dal legale che sta seguendo la tutela dei piccoli azionisti, che potrebbero causare molte grane alla “Pitonessa”, come viene soprannominata la Santanchè per l'indole energica con la quale combatte le sue battaglie.

Le lettere alla Consob

Scrivono questi azionisti piuttosto indispettiti alla Consob: “Abbiamo acquistato titoli di Visibilia Editore a partire dal 2019 con notevole fiducia perché la società era controllata dalla senatrice Daniela Garnero Santanchè, la quale era anche il presidente del consiglio di amministrazione. Oltre la fiducia che ispirava una tale figura istituzionale, è ben noto che le società che vantano la presenza di Pep (persone politicamente esposte) sono sottoposte a controlli ancor più stringenti, il che costituiva un’ulteriore garanzia di trasparenza ed affidabilità”.

Una fiducia forse tradita, se si guarda a ciò che è successo in seguito alla società che ha sede a Milano ed è proprietaria di alcune testate giornalistiche molto famose come i settimanali di gossip Novella 2000 e Visto, lo storico mensile di cinema Ciak, Pc Professionale e altre, tutte acquisite nel tempo da Mondadori o da Rcs che hanno preferito abbandonare quelle pubblicazioni.

Giornali che hanno permesso alla senatrice di entrare nell'editoria affiancandola alla sua storica attività nella raccolta pubblicitaria, svolta per anni anche per il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi. “Nel tempo” lamentano i soci che hanno investito nella società fidandosi della Santanchè, “il titolo Visibilia Editore ha avuto una costante perdita di valore, basti pensare che nell’ultimo anno la perdita è stata dell’89,6 per cento, mentre negli ultimi tre anni la perdita è stata addirittura del 99,5 per cento”.

Le quotazioni di Visibilia dal 2015 al 2022

Le quotazioni in Borsa di Visibilia

Capitale eroso

Praticamente gli investitori hanno perso tutto, ma a sentire loro non si sarebbe trattato di un evento avverso di quelli che possono succedere in Borsa, dove l'incertezza sul ritorno degli investimenti è una variabile ineliminabile. I piccoli azionisti avrebbero infatti riscontrato “una serie di gravi irregolarità” che gettano una pesante ombra sulla gestione della società anche da parte di Daniela Santanché, uno dei volti più noti della politica italiana grazie alle mille apparizioni in televisione nelle quali dispensa le sue idee su immigrazione, lavoro, e soprattutto imprenditoria, e dell'attuale compagno Dimitri Kunz D'Asburgo Lorena, che a dispetto del nome non sarebbe di sangue blu.

Sono due i problemi sollevati dagli azionisti di minoranza: innanzitutto le “continue perdite dovute alla mala gestio degli amministratori”, sfociate in una maxi svalutazione in bilancio dell'avviamento delle testate, che nel rendiconto al 30 settembre del 2021 ha fatto emergere una perdita netta di oltre 3,3 milioni di euro che ha eroso quasi tutto il capitale. Una correzione dei valori che è arrivata come un fulmine a ciel sereno e che ha portato, a metà giugno di quest'anno, la società di certificazione del bilancio di Visibilia – la Bdo Italia - a non potersi esprimere sui conti del 2021. Un fatto piuttosto grave per una società quotata e giunto dopo che per anni i revisori non avevano mai sollevato nessun problema sui conti della società.

Risarcimenti e trasferimenti arbitrari: la denuncia degli ex dipendenti

Non sono solo gli azionisti di minoranza di Visibilia Editore ad avere il dente avvelenato nei confronti della società e degli amministratori. Anche i giornalisti ex dipendenti delle testate acquisite negli anni da Mondadori ed Rcs hanno qualcosa da ridire sul trattamento ricevuto negli ultimi anni. Il caso del mensile Ciak è piuttosto emblematico, ma la musica non cambia molto se si guarda a Pc Professionale e a Novella 2000. Chi ha lavorato per Ciak, storica testata italiana di cinema fondata nel 1985, ci ha raccontato una storia di graduale ma completo svuotamento della redazione da quando il mensile è stato ceduto ad aprile 2014 da Mondadori alla società di Daniela Santanchè. Inizialmente, l’organico era composto da quattro giornalisti assunti più la direttrice Piera Detassis, storico volto della critica cinematografica tricolore e attuale presidente dell’Accademia del Cinema Italiano - Premi David di Donatello. A fine 2019 i dipendenti della testata sono diventati... zero.

Nel mezzo una continua riorganizzazione delle attività, indotta anche dalla crisi economica italiana di quegli anni, che avrebbe portato a condizioni di lavoro sempre più difficoltose anche a causa di un ricorso massiccio a contratti di solidarietà ritenuti abnormi rispetto alle esigenze di produzione e contestati da un paio di dipendenti anche in sede civile. Il colpo fatale alla redazione è arrivato a fine novembre 2019 con l'intenzione manifestata dalla proprietà di spostare, sin dai primissimi giorni di gennaio 2020, la sede di lavoro da Milano a Roma, avvicinandola a Cinecittà si disse allora. Una riorganizzazione geografica dell'ufficio poco giustificabile, perché storicamente Ciak aveva sempre pubblicato da Milano e soprattutto perché in quel momento in redazione erano rimaste due sole persone, blindate alla “cucina” del giornale.

Stare a Roma o a Milano sarebbe stato indifferente per il tipo di lavoro svolto, ma lo spostamento nella capitale avrebbe comportato loro enormi disagi personali, familiari ed economici, anche perché l’editore intendeva continuare ad avvalersi degli ammortizzatori sociali. Questa decisione è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha portato gli ultimi due giornalisti alle dimissioni “per fatto dell'editore”, dato che lo spostamento di sede avrebbe superato il limite “irrifiutabile” di 40 chilometri previsti dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico.

La proprietà avrebbe anche proposto ai due malcapitati di accettare una riduzione strutturale dello stipendio del 40 per cento in cambio della permanenza a Milano. Ma a quel punto la misura era colma. Oltre alle competenze di fine rapporto e alle mensilità di mancato preavviso previste dal contratto, poche le consolazioni per i due: tra queste il riconoscimento in sede civile del versamento delle somme previdenziali integrative che la società per anni non aveva regolarmente versato.

La seconda grossa questione è altrettanto importante: i soci di minoranza hanno sollevato anche il tema dell'arrivo, a partire dal 2017, di due fondi d'investimento esteri che hanno finanziato la società compiendo un giro del mondo che, secondo quanto ha potuto ricostruire Dossier, parte dalle Isole Vergini Britanniche, passa per Dubai e finisce a Milano. Normalmente è una buona notizia l'arrivo di un nuovo investitore, ma l'accordo stipulato dai vertici di Visibilia con i fondi conterrebbe una serie “anomalie” secondo i soci ribelli.

I fondi emiratini

Il primo fondo a palesarsi è stato Bracknor Investment, basato a Dubai, il quale ha stretto un accordo in base al quale avrebbe acquisito delle obbligazioni convertibili emesse da Visibilia per 3 milioni di euro. Ovvero dei titoli che rappresentano un credito verso la società ma che possono essere “convertiti” in azioni ad un certo prezzo e con un determinato meccanismo e che permettono al creditore di diventare automaticamente socio al pari di quelli esistenti.

Bracknor, arrivata nel 2017, si è defilata nel 2019 cedendo questo accordo a Negma Group, fondo capitanato dal finanziere Elaf Gassam, incidentalmente lo stesso uomo dietro a Bracknor. Negma ha convertito poi a ritmo incessante queste obbligazioni e ha aggiunto altri 2 milioni ai 3 iniziali, per un totale di 5 milioni. Il fondo come ha potuto verificare Dossier, ha una sede fisica a Dubai, ma di fatto è domiciliata alle Isole Vergini Britanniche. Abbiamo provato a contattare telefonicamente gli uffici italiani, senza successo, e a recarci di persona nella sede indicata in via San Raffaele al civico 1. Ma anche lì, alla reception del coworking gestito da Regus, ci è stato detto che Negma non ha una sede lì da almeno un anno. Senza successo anche le richieste che abbiamo girato via mail agli uffici di Dubai.

Abbiamo provato a contattare telefonicamente gli uffici italiani di Negma, senza successo, e a recarci di persona nella sede indicata in via San Raffaele al civico 1. Ma anche lì, alla reception del coworking gestito da Regus, ci è stato detto che il fondo non ha una sede lì da almeno un anno

Senza entrare nei tecnicismi di questa operazione, che qui non rilevano, ecco come la commentano i soci: “Tale operazione, la cui motivazione era oscura ma disastrosa per la Visibilia Editore e per tutti i piccoli azionisti, era di fatto risultata estremamente vantaggiosa” per questi fondi, perché la “formula, prevista per le conversioni delle obbligazioni in azioni, garantiva all’obbligazionista di avvalersi di un prezzo significativamente più basso rispetto a quello effettivo di mercato alla data della presentazione della richiesta” e “sebbene a seguito di tali conversioni l’obbligazionista fosse entrato in possesso di una quantità esorbitante di azioni, non risultavano mai adempiuti gli obblighi di comunicazione al cda ed alla Consob relativi alle partecipazioni rilevanti”.

Insomma, a sentire i piccoli azionisti un'operazione disastrosa della quale non si comprendeva il senso. Anche perché il fondo Negma, il più attivo in questa operazione, è praticamente un oggetto sconosciuto. Un ufo della finanza, di cui nessuno aveva mai sentito parlare fino a qualche tempo fa, ma che da qualche anno ha iniziato uno shopping in Italia abbastanza corposo, procedendo soprattutto col sostegno ad aziende in difficoltà.

Del resto, sempre come ha potuto verificare Dossier, la costituzione della società alle Isole Vergini britanniche risale solamente alla metà del 2018, nemmeno un anno prima dell’operazione tra Visibilia e Bracknor. Non è altrettanto chiaro, per altro, chi sia il beneficiario effettivo di Negma: le Isole Vergini britanniche, del resto, sono riconosciute ufficialmente come paradiso fiscale.

I soci avevano cercato risposte chiedendo direttamente al cda di Visibilia, al collegio sindacale e anche alla società di revisione Bdo Italia, senza fortuna. E poi avevano anche chiesto alla Consob di verificare se la Negma Group fosse in possesso dei requisiti previsti dalla Banca d'Italia per lo svolgimento dell’attività di intermediazione finanziaria in Italia. Ma il collegio sindacale, così come riscontrato anche da Dossier, aveva collocato la società nell'arcipelago offshore delle Isole Vergini Britanniche. E quindi qual è la sua vera sede? Per questo motivo i soci hanno anche sollecitato la commissione di borsa a fare le verifiche relative alle “operazioni di trasferimento dei fondi” che sono provenienti da banche estere di paesi non armonizzati e che sono su conti correnti presso banche Italiane. In parole povere si vuol capire da dove arrivano i soldi e di chi sono.

La Consob s’è desta

Ma anche queste domande, contenute nelle famose 21 lettere inviate alla Consob sono rimaste “prive di riscontro”. Almeno fino allo scorso 31 maggio quanto la Consob uscendo da questo lungo e amletico silenzio sulla questione, aveva comunicato che avrebbe iniziato alcune verifiche sul tema, ma senza comunicare nulla, né ai soci in cerca di risposte, né pubblicamente.

Ma per i soci anche la stessa Consob non avrebbe fatto il proprio dovere, tanto che si chiedono se il riscontro fornito dalla commissione, dopo circa due anni di “ripetute istanze” da parte di piccoli azionisti, e la condotta tenuta dalla medesima sino ad oggi sono da ritenersi “idonei a salvaguardare la fiducia e la competitività del sistema finanziario”.

I soci, stanchi di dover attendere risposte che non arrivano, hanno anche citato la società al Tribunale di Milano chiedendo al giudice di poter avere accesso alla documentazione finora negata e, nel caso siano riscontrate effettivamente gravi irregolarità, anche provvedere alla sostituzione degli amministratori. L'8 luglio è fissata l'udienza nella quale il cda di Visibilia dovrà portare le proprie ragioni e giustificare il suo operato.

Vai alla puntata successiva - Barche, crac e soldi pubblici: i business in difficoltà della galassia Santanchè

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