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Economia

Milano dopo la Brexit: "doccia fredda" dal New York Times

La città di Milano aspira ad attrarre almeno in parte imprese e top manager da Londra dopo il voto referendario britannico. Ma finisce penultima in Europa in una classifica del Nyt

Doccia fredda per Milano dopo la Brexit, almeno secondo il New York Times, che ha analizzato la situazione delle città che si preparano, all'interno dell'Unione europea, a fare concorrenza a Londra per attirare imprese. Dall'indagine messa in campo dal quotidiano statunitense si possono anche trarre insegnamenti sulle caratteristiche che ancora mancano al capoluogo lombardo per aspirare a diventare un nuovo "nodo globale": ma, per intanto, le notizie non sono certo ottime: Milano è al penultimo posto tra le città prese in esame, mentre vince Amsterdam.

La classifica è stata elaborata "a punti", prendendo in esame alcuni criteri che si presume interessino a chi trasferisce uffici di una certa importanza e dipendenti e manager con alti stipendi: disponibilità di uffici e abitazioni di alto livello, buona offerta di tempo libero (cultura, teatri, ristoranti), uso della lingua inglese, leggi sul lavoro flessibili o comunque favorevoli, qualità delle infrastrutture nei trasporti e nelle comunicazioni, qualità delle scuole e, infine, una qualità complessiva e "intangibile" in grado di attrarre una certa tipologia di persone "avvezze" alla City o a Wall Street. 

Il punteggio massimo è 60, assegnando cinque punti ai primi due criteri perché - spiega il New York Times - si tratta di elementi facilmente riscontrabili in città che si candidano a sostituire, almeno in parte, Londra, e dieci punti a ciascuno degli altri criteri. Chi ha redatto materialmente la classifica si è servito di rankings pubblici in ciascuna delle materie esaminate, ad esempio il numero di ristornati stellati Michelin. Gli indicatori sono ovviamente opinabili, dunque, come in ogni elaborazione di questo tipo. Ma vediamo come si comporta Milano in tutto questo.

Sono soltanto 24 i punti conquistati dal capoluogo lombardo. Uno in più di Barcellona (ultima in classifica) e alla pari con Varsavia. Tra i vantaggi di Milano, ristoranti eccellenti e probabilmente il miglior shopping del mondo. Inoltre è già la capitale finanziaria italiana. Ma nelle altre categorie "paga pegno": in particolare, solo il 34% degli italiani è fluente in inglese secondo una ricerca del 2012 e l'Italia si classifica 45esima al mondo per "luogo da business", secondo la Banca Mondiale. Infine, i due aeroporti meneghini sono definiti «dannatamente bisognosi di una ristrutturazione».

Come Milano, Varsavia. Tutte le altre città distanziano abbastanza nettamente le ultime tre: la quartultima, Lussemburgo, conquista 40 punti. Risalendo troviamo Parigi (43), Dublino (50), Vienna (51), Francoforte (54) e Amsterdam (55), anche se Londra, con 58 punti, in questo momento vincerebbe comunque la classifica. D'altra parte, se è il più importante centro economico e finanziario europeo, un motivo ci dev'essere.

Fin qui la classifica del New York Times. Chiaramente la scelta degli indicatori è il fondamento di una elaborazione del genere. Passi per i ristoranti stellati (che fanno fare a Milano un'ottima figura), ma non di sole stelle vivono le notti europee. Il "clima da business" e alcuni criteri scelti dal Nyt, come la legislazione sul lavoro, riguardano più che altro normative nazionali: non è un caso che l'eventuale trasferimento a Milano di headquarters londinesi abbia bisogno anche di interventi governativi. Discutibile il criterio sull'uso della lingua inglese: se da una parte è risaputo che gli italiani lo studiano e lo imparano molto male, dall'altra è possibile che Milano - rispetto al resto d'Italia - sia più internazionale anche in questo. 

Di sicuro, comunque, non è così semplice attrarre business da Londra. La "doccia fredda" del Nyt non scopre, in fondo, granché di nuovo. Per non accontentarsi delle "briciole" della Brexit, la strada è ancora lunga.

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