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Economia

Evasione fiscale, Dolce e Gabbana assolti. Quando si scontrarono con la giunta

La cassazione annulla le condanne per i due stilisti. Fu un "caso" nel 2013, quando Gabbana si ribellò a D'Alfonso

Gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana non sono evasori fiscali. La corte di cassazione li ha assolti, dopo la condanna in appello a un anno e sei mesi di reclusione.

Secondo l'accusa, Dolce e Gabbana avrebbero creato una società fittizia con sede in Lussemburgo per ottenere vantaggi: ma per la cassazione "il fatto non sussiste". I due stilisti sono stati assolti senza rinvio: con loro anche due manager dell'azienda.

LA POLEMICA COL COMUNE - Nel 2013, dopo la condanna in primo grado, si scatenò una furiosa polemica tra Stefano Gabbana e l'assessore al marketing territoriale e al commercio Franco D'Alfonso. Questi infatti, basandosi sulla sentenza del primo grado di giudizio, aveva affermato che "il comune non avrebbe concesso spazi a degli evasori fiscali". Di qui la durissima reazione dello stilista, su Twitter: "Comune di Milano fate schifo!".

L'assessore D'Alfonso aveva dovuto immediatamente precisare che non si trattava di un'intervista ma di una conversazione privata, e che rispetta il principio d'innocenza fino al terzo grado di giudizio. Nonostante la marcia indietro dell'assessore, gli stilisti avevano deciso di fare una "serrata" dei loro negozi cittadini con tanto di cartello "Chiuso per indignazione". Era stata Carmela Rozza, collega di giunta di D'Alfonso ma sicuramente più esperta di lui dal punto di vista politico, a inquadrare bene dopo la questione: "L'errore è stato mettere di mezzo l'azienda. Una cosa sono i cittadini Dolce e Gabbana, verso cui un richiamo alla correttezza fiscale è giusto, altro è la maison, gli stilisti, la moda italiana nel mondo".

Il sindaco Giuliano Pisapia, che è anche uno dei più noti avvocati italiani e ha sempre fatto del garantismo la sua bandiera, aveva atteso qualche giorno prima di dire la sua: bacchettandoli ("Hanno esagerato", riferendosi alla serrata, "non li ho visti chiudere i negozi per la guerra"), ma invitandoli anche ad un incontro.

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