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Martedì, 16 Aprile 2024
Economia

Frodano 100 milioni di Iva per comprarsi Ferrari, Lamborghini e vacanze di lusso in yacht

Sgominata una banda di criminali attigui alla camorra e alla malavita romana: 13 arresti, perquisizioni in tutt'Italia

Fiumi di denaro frodati al fisco per comprarsi auto di lusso, orologi da mille e una notte e perfino vacanze in yatch.

La Guardia di Finanza di Pavia, dalle prime luci dell’alba, al termine di una complessa indagine, coordinata dal Procuratore aggiunto Mario Venditti e dal Sostituto Procuratore Alberto Palermo, sta dando infatti esecuzione a 13 misure cautelari personali e a decine di perquisizioni su tutto il territorio nazionale.

L’operazione che vede impegnati più di 100 uomini sta sradicando una organizzazione criminale che attraverso un sistema di "frodi carosello" avrebbe sottratto, secondo quanto riportato in una nota del finanzieri, circa 100 milioni di iva in poco più di due anni e avrebbe riciclato in Italia e all’estero i proventi illecitamente accumulati.

A capo dell’organizzazione soggetti contigui alla camorra e alla criminalità romana. Tutto nasce quando, nel gennaio 2019, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Pavia, sulla base di attività di intelligence e insospettiti da un notevole aumento del transito di autocisterne con targa slovena o croata dirette ad un deposito situato nel comune di Vigevano (Pavia), hanno avviato un’autonoma attività d’indagine, che in poco più di un anno, anche grazie al prezioso ausilio della Sezione della Polizia Stradale di Pavia e dell’Ufficio delle Dogane di Pavia, ha portato a disvelare un’imponente “frode carosello” perpetrata nel settore industriale fra i più a rischio, quello dei prodotti petroliferi, a danno non solo dell’erario nazionale, ma anche di tutte "le imprese che operano nel pieno rispetto della legge e in applicazione delle regole di libera e leale concorrenza di mercato", spiegano i finanzieri.

Come agivano

Secondo quanto ricostruito, gli artefici della frode, infatti, acquistavano il prodotto, tramite delle società “cartiere” a loro riconducibili, da operatori aventi sede in Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Romania e Slovenia poi, grazie ad un giro di fatture false complessivamente quantificato in oltre 400 milioni di euro, riuscivano a rivenderlo a diversi clienti sparsi sul territorio nazionale o a metterlo in consumo attraverso distributori stradali da loro gestiti in Piemonte, Veneto e Lombardia a prezzi molto più convenienti rispetto a quelli di mercato.

Facile intuire i danni provocati da questo sodalizio criminale agli operatori del settore i cui distributori insistevano in zone limitrofe a quelle dove veniva venduto il prodotto di questa organizzazione. I rilevanti introiti, poi, attraverso la falsificazione dei bilanci delle società (agli arresti domiciliari è finito anche un commercialista pavese T.G. di 54 anni) e il mancato versamento delle imposte da parte delle società appositamente costituite per organizzare la frode, venivano riciclati attraverso il reimpiego degli stessi per attività illecite quali il pagamento in nero di stipendi o provvigioni oppure venivano utilizzati per l’acquisto di beni di lusso quali orologi del valore di anche 100mila euro, automobili quali Porsche, Ferrari e Lamborghini e vacanze a bordo di yacht da 15mila euro al giorno.

50mila euro per comprare un orologio

Di particolare impatto le intercettazioni captate dalle fiamme gialle pavesi; in una telefonata una delle persone arrestate, nel rispondere alla madre che commentava il costo elevato dello yacht noleggiato, affermava “... tanto c’è zia Iva...” a voler significare che frodando l’Iva potevano permettersi ogni lusso anche quelli più costosi; oppure in un’altra conversazione fra due indagati che discutono dei bonifici da fare per dividersi il denaro accumulato illecitamente, uno dei due afferma “... poi è arrivato il Patek (Patek Philippe, nota marca di orologi ndr) così ho fatto un bonifico di 50.400”.

I vertici dell’organizzazione non erano semplici “colletti bianchi”; infatti, a capo del sodalizio vi erano pluripregiudicati i cui nomi sono ben noti alle cronache nazionali: L. V. romano di 45 anni, chiamato dagli altri soggetti il “semidio” o “Gesù” era la mente pensante del gruppo, colui che si occupava a 360 gradi della gestione operativa della società; D.G. N. detto “Romeo” romano di 41 anni domiciliato in una lussuosa villa nel quartiere della periferia di Roma est storica roccaforte dei Casamonica; infine, D.B. S., detto “Stefano”, napoletano di 47 anni, fratello di un soggetto organico al clan camorristico Polverino attivo nei comuni a nord di Napoli.

Questi ultimi erano i veri promotori dell’associazione; i due erano, al pari del primo, amministratori di fatto e soci occulti della società al centro delle indagini nonché di molte altre società coinvolte e avevano il ruolo di dare “copertura criminale” e di ripulire il denaro sporco riciclando i proventi illeciti tramite delle società non direttamente a loro riconducibili per poi dividerlo in parti uguali.

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