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L'inchiesta

L'inchiesta sulle aziende di delivery è finita con multe per 15mila euro

Glovo, Uber Eats, Deliveroo e Just Eat sono state multate per aver violato la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Multe per ciascuna azienda pari per 15.700 euro. È quanto dovranno pagare le multinazionali del food delivery Glovo, Uber Eats, Deliveroo e Just Eat per aver violato la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Sanzioni che, tuttavia, saranno applicate "senza moltiplicazione della sanzione per numero di lavoratori coinvolti".

È il risultato dell'attività di procura e carabinieri del nucleo per la tutela del lavoro sul mondo delle consegne a domicilio. Le società di delivery, comunque, sono state obbligate a mettersi in regola con il Dvr (documento di valutazione dei rischi), ma anche sugli obblighi in materia di informazione e formazione in materia di sicurezza e, inoltre, dovranno fornire ai lavoratori i dispositivi di protezione individuale come casco, guanti, giacca e pantaloni anti-pioggia e abbigliamento ad alta visibilità. Non solo, le compagnie della gig economy saranno obbligate anche a sottoporre i propri rider a visita medica.

Per ottemperare alle normative, secondo quanto stimato, le società di delivery spenderanno circa tra i 400 e i 500 euro a "dipendente". Somma che, se moltiplicata per i circa 20mila rider attivi, raggiunge la cifra di 10 milioni di euro.

Nessun obbligo, invece, sul fronte dei veicoli: le aziende non dovranno acquistare e consegnare ai propri rider i mezzi da utilizzare durante l'attività lavorativa. Carabinieri e procura, in un comunicato stampa congiunto, hanno spiegato che la decisione è maturata tenendo conto di diversi fattori come "la libertà per il lavoratore di interrompere in ogni momento il rapporto contrattuale, l’assenza di ogni forma di esclusiva, che implica la possibilità di lavorare contemporaneamente per più piattaforme, l’opportunità di lasciare all’interessato (e non al datore di lavoro) libera scelta del mezzo da utilizzare (non solo biciclette, ma anche ciclomotori/motocicli o autoveicoli)".

Nella nota stampa congiunta procura e carabinieri hanno rimarcato come "la sicurezza dei lavoratori non può essere semplicemente calata dall’alto". In altre parole, il datore di lavoro deve essere tenuto a creare le condizioni di sicurezza per i lavoratori, mettendo a disposizione di questi ultimi gli strumenti necessari per lavorare in sicurezza, ma sono poi i lavoratori che devono utilizzare gli strumenti messi a loro disposizione. Quindi, se da un lato il datore di lavoro deve consegnare ai rider i dispositivi di protezione, dall’altro lato i rider sono poi obbligati ad usarli. Parallelamente, se da un lato il datore di lavoro è tenuto a fare formazione anche sulle regole del codice della strada, spetta poi al singolo rider, una volta che è stato correttamente formato, a rispettarle, evitando di passare con il rosso, fare lo slalom tra i pedoni sul marciapiede e usare tutti quei veicoli che il codice vieta (come le biciclette elettriche con acceleratore).

Secondo la procura la sorveglianza che le aziende possono esercitare sui rider è minima: "il controllo non può e non deve essere solo del datore di lavoro e diventa fondamentale anche il ruolo delle forze di polizia operanti sul territorio, soprattutto al fine di garantire il rispetto delle norme del Codice della Strada, quelle in cui, oltre ad essere coinvolta la sicurezza del lavoratore, è coinvolta anche quella di tutti gli altri utenti". Proprio per questo esortano le forze di polizia locale a "verificare sul campo" il rispetto "degli aspetti relativi alla sicurezza posta a loro carico".

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