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Economia

Il futuro di 115 immobili dismessi del Comune di Milano

Via libera dell'Aula per il bonus al 10%, da presentare in due anni

Approvata dal Consiglio comunale entro i termini previsti del 31 dicembre, con 24 voti favorevoli, 8 contrari e 6 astenuti, la delibera che disciplina il recupero e la restituzione alla città degli immobili abbandonati e dismessi, in applicazione dell’articolo 40 bis della Legge Regionale 12/2005 che inquadra e regola la materia. 

Il Comune di Milano ha quindi fissato al 10% il tetto massimo di incremento dei diritti edificatori (il minimo consentito dalla legge regionale) e individuato una serie di ambiti territoriali in cui questa possibilità non verrà concessa, per ragioni di particolare tutela paesaggistica, ambientale e architettonica. Gli edifici dismessi in questi ambiti, quindi, dovranno essere recuperati con le volumetrie esistenti. In mancanza dell’approvazione entro la fine dell’anno, sarebbe valsa di default l’applicazione del 20% di bonus volumetrico, come da legge regionale. 

115 immobili dismessi già verificati

La delibera elenca 115 immobili dismessi già verificati: 81 insistono in aree che prevedono il bonus, 32 in ambiti esclusi e due potranno avere gli incentivi solo in parte. Già approvata dalla Giunta, nel passaggio in aula consiliare ha recepito tra gli altri un emendamento secondo il quale gli interventi di recupero per edifici superiori ai 2mila mq di superficie lorda (31 sui 115 in elenco) devono essere accompagnati da uno schema di convenzione con il Comune, in modo da suddividere il valore prodotto dalla valorizzazione economica tra l’Amministrazione e la parte privata come contributo straordinario, vincolato alla realizzazione di opere pubbliche e servizi nel contesto in cui l’intervento stesso ricade. 

Dal meccanismo premiale sono dunque esclusi i nuclei di antica formazione, il corso del fiume Lambro, il parco Nord, il parco agricolo Sud e tutti gli ambiti contraddistinti da un disegno urbano riconoscibile, quali quelli destinati a verde da salvaguardare; i tessuti compatti, con edificazioni allineate alla rete viaria, alle piazze e agli spazi pubblici a verde (ad eccezione, come da emendamento consiliare, dei casi in cui l’incremento non generi una cortina che supera il tetto dell’edificio più alto adiacente); i tessuti della città giardino, caratterizzati da tipologie residenziali a bassa densità e inserite nel verde; gli ex insediamenti rurali ormai inglobati in città; i quartieri che rappresentano diversi modelli di sviluppo urbano, come i primi quartieri popolari o quelli di interesse architettonico, anche risalenti agli anni ‘50 e ‘60 nati per sperimentare nuove tipologie edilizie. 

Gli interventi che potranno beneficiare del bonus dovranno essere necessariamente accompagnati da un’adeguata dotazione di aree per servizi e attrezzature pubbliche e, nel caso di immobili con una superficie lorda superiore ai 10mila mq, da quote di edilizia residenziale sociale (convenzionata sia in vendita sia in affitto). L’Amministrazione applicherà inoltre degli oneri aggiuntivi, in base alla quantificazione del valore economico dei progetti di trasformazione. Questi ultimi punti, già previsti dalla delibera di Giunta, sono stati potenziati dall’emendamento approvato dall’Aula che prevede la sottoscrizione di specifiche convenzioni. 

Per gli edifici in elenco, le relative proprietà avranno due anni di tempo (il minimo consentito dalla legge regionale) per presentare i piani di recupero, al termine dei quali scatterà un iter che li chiamerà alla demolizione e alla perdita, se previsti, dei premi volumetrici. L’elenco degli edifici dismessi verrà aggiornato ogni sei mesi. 

"Riteniamo che quella del 10 sia una percentuale adeguata"

“Quella Regionale, anche in quest’ultima formulazione, è una Legge che potrebbe presentare profili di incostituzionalità perché ancora limita l’azione pianificatoria dei Comuni, ma che siamo comunque chiamati ad applicare - spiega l’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi -. Non farlo significherebbe estendere il bonus in modo indiscriminato e al suo massimo consentito, il 20%. Riteniamo che quella del 10 sia una percentuale adeguata per un contesto altamente appetibile dal punto di vista redditizio com’è quello di Milano. Giusto anche rimodulare in aumento i contributi aggiuntivi, perché funzionino come ricaduta perequativa rispetto agli abitanti non solo dello specifico quartiere interessato all’intervento, ma di tutta la città. Ringrazio quindi tutti i consiglieri che hanno dato vita a un dibattito pacato nei toni, interessante nei contenuti, e che hanno permesso l’approvazione definitiva entro i termini previsti dalla Legge”. 

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